Lettera 16 (Prima Serie)

Agli Amici

Cari amici,

arriviamo a voi con un po’ di ritardo, a causa degli impegni di lavoro di questo periodo. Siamo comunque in tempo per farvi gli auguri più vivi affinché il nuovo anno trovi tutti più attenti ai segni che Dio pone sul nostro cammino e più disponibili a costruire un mondo nuovo, facendo affidamento sul divino Bambino di Betlemme, piuttosto che sulle nostre forze. Questo augurio lo rivolgiamo anche a noi stessi , affinchè possiamo impegnarci di più nel 1971, senza mai dimenticare di essere modesti strumenti nelle mani di Dio. Questa consapevolezza ci è ancor più necessaria , in quanto siamo sovente sollecitati a dar vita ad iniziative che possano cambiare il volto della chiesa locale di Roma , uscendo dalla dimensione di servizio per la riflessione dei fratelli che ci siamo voluti dare con la lettera mensile. Ora, a parte il nostro essere una ben piccola realtà, noi siamo decisi a resistere fermamente a questo tipo di sollecitazione, perché in essa ravvisiamo la tentazione del potere, ancor più pericolosa in quanto mascherata da motivazioni di per sé valide.

A noi preme che il processo di crescita nella chiesa si fondi sull’impegno di tutti coloro che intendono rispondere alla loro vocazione di cristiani, senza perciò dar vita a nuove supplenze, altrettanto deleterie delle antiche, se non di più. Ancor oggi, è vero, vi sono cristiani soggetti a ricorrenti crisi di pigrizia o che restano sconcertati di fronte alle difficoltà insite in qualsiasi processo di rinnovamento, i quali, di conseguenza, non riescono a correre il rischio di un’avventura personale, magari scomoda ed ardua, e preferiscono rimettersi più comodamente a qualcuno che faccia camminare le cose più in fretta. Ma, sia ben chiaro, non li si aiuta raccogliendo le loro deleghe e finendo per ergersi come potere “buono”, contro quelle forme di potere ecclesiale createsi, a loro volta, col pretesto del servire. I cristiani titubanti o impigriti si possono aiutare solo richiamandoli alle loro irrinunciabili responsabilità e fornendo lor, come noi facciamo, qualche strumento per la formazione di una coscienza cristiana. Né, con questo, intendiamo sottrarci al compito di operare concretamente per la maturazione della comunità ecclesiale, coinvolgendovi la nostra vita: solo preferiamo farlo senza clamore, incarnandoci ciascuno in ben individuate realtà e contribuendo, così, ad uno sviluppo più solido e meno artificioso della chiesa di Roma. Sappiamo d’altronde che i nostri amici, per la maggior parte, consentono con questo tipo di scelta e questo ci dà maggiore serenità.

Con la fine dell’anno riteniamo doveroso presentarvi il bilancio finanziario del ciclostilato.

Nel corso del 1970 le spese sono state le seguenti:

differenza passiva 1969…………………………………6500

per acquisto carta e stampa testata………………… .40000

per spese postali……………………………………….133500

per pratiche autorizzazione tribunale…………………7950

spese cancelleria…………………………………………4250

varie……………………………………………………….4890

_________

totale spese £ 197.090

Nello stesso periodo gli amici ci hanno inviato offerte per un ammontare complessivo di £ 243.000. La differenza attiva è pertanto di £ 45.910.

Sino ad oggi siamo andati avanti serenamente, fidando nella Provvidenza. Non abbiamo mai sollecitato favori ed elargizioni da alcuno: tutto è venuto dalle offerte spontanee degli amici. Il ciclostile stesso ci è stato messo fraternamente a disposizione da una delle comunità cristiane di Roma. Pensiamo di continuare così, senza preoccupazioni per il domani, con la speranza di poter servire i fratelli meglio di quanto non abbiamo fatto sinora.

Per colore che potranno e vorranno aiutarci economicamente, ricordiamo che ci si può servire del conto corrente postale n° 1/44109 intestato a Gianfranco Solinas – via G.B. Falcone n°6 Roma.

Stiamo completando le pratiche per l’autorizzazione della pubblicazione da parte del Tribunale, la qual cosa ci permetterà di risparmiare sulle spese postali: potete perciò mandarci indirizzi di amici che sapete interessati ad un lavoro come il nostro.

Nel ringraziare tutti coloro che ci hanno dato la loro collaborazione con le loro idee, con l’aiuto economico e con la loro attenzione, rinnoviamo i migliori auguri per il nuovo anno e salutiamo tutti fraternamente.

Gli amici de “ la tenda “

Per esigenze tecniche abbiamo dovuto rinviare il resoconto dell’incontro del 15 novembre u.s. al prossimo numero.

C’ Erano Una Volta I Seminari

Parlare dei seminari è un po’ come parlare delle radici della chiesa di Roma. Essa, almeno com’è oggi concepita, trova là il rifornimento dei suoi quadri e pensa ancora di avere là il suo centro di gravità.

La situazione dei nostri seminari sembra molto cambiata in questi ultimi anni. Si è passati da un ambiente di perfetta clausura e regola disciplinare di tipo monastico ad uno spirito di dialogo e di apertura al mondo. E tuttavia tale aggiornamento, che può sembrare da una parte una grande conquista, ci appare dall’altra con tutti i suoi grossi limiti.

Cominciamo il discorso dal seminario minore, anzi dal reclutamento vocazionale, così come è condotto a Roma.

La “ giornata delle vocazioni “ si riduce ad un’opera di propaganda e persuasione compiuta durante le messe, per sensibilizzare al problema della carenza di vocazioni a Roma, senza minimamente tener conto della radice del male, che è la carenza di autentiche comunità cristiane. E, perciò, si cerca di reclutare con colonie, gite e iniziative varie , un certo numero di ragazzini, per lo più provenienti dal “piccolo clero” parrocchiale o da esperienze analoghe. Sicchè, dopo una selezione naturale o “soprannaturale”, si affidano questi undicenni bisognosi di affetto, di famiglia, di un ambiente naturale, alle “buone iniziative” di un prefetto di camerata del seminario minore.

Pur con tutta la comprensione ed attenzione, cui il seminario minore si è aperto da qualche anno, questi ragazzini restano inseriti in un ambiente artificiale, in cui sembrano messi insieme come polli di allevamento.

I superiori del seminario, che avvertono l’ambiguità della situazione ( e cercano pertanto di farli vivere il più spesso possibile in famiglia), sanno anche che è semplicemente una stortura, condizionata dall’alto, quella di tenerli in seminario mandandoli spesso a casa affinché non si sformino più di quanto si formano. Si sa: dovrebbero vivere nel normale ambiente di famiglia, di scuola, di quartiere, e qualche prete dovrebbe curare sistematicamente l’incontro con i ragazzi e le famiglie per far maturare la loro fede.Ma come far percepire la bontà e la necessità di tale scelta ad alcuni vescovi e parroci di Roma? Questo è il problema.

Pere quanto riguarda i seminaristi liceali, il discorso non è dissimile. Vivono in seminario e vanno una o due volte la settimana nelle parrocchie per servizi liturgici, catechistici o anche per inserirsi nei gruppi giovanili. La situazione è rimasta ambigua.

Psicologi, pedagogisti e sociologi si affannano da tempo a ricordarci i bisogni contestuali di un giovane di quell’età: vivere e maturare le proprie responsabilità nella vita della sua famiglia, del suo lavoro, del suo ambiente; vivere la proprie fede in un gruppo di giovani o in una comunità cristiana dove la sua scelta potrà maturare con piena libertà. Invece, in seminario rischia di deresponsabilizzarsi e di clericalizzarsi.

Sente l’esigenza di aprirsi al mondo, di dialogarci, perché in realtà se ne sente fuori e lo è. Non sta maturando,come uomo, nel mondo. Sente l’esigenza di andare in parrocchia, perché non sta maturando la sua fede nella sua chiesa. E’, invece, segregatus, messo in un ambiente artificiale, quasi per un “lavaggio del cervello”, perché poi deve ritornare,

caricato, nel mondo e nella chiesa cui era diventato estraneo, per dare quello che ha ricevuto in seminario. Il discorso a riguardo si farebbe lungo. Ricordiamo soltanto l’orientamento culturale a senso unico che il seminario dà, offrendo la sola possibilità degli studi classici, per non parlare della chiusura totale all’operaio, al tecnico, all’artigiano, all’impiegato, al commerciante, i quali non avrebbero la cultura necessaria.

Il discorso sul seminario maggiore è più impegnativo del precedente. Si deve riconoscere che da circa un anno ha cambiato volto, anche se tra molti contrasti e critiche, ma con coraggio. Però, ci sembra che abbia sbagliato del tutto obiettivo e discorso.Ritrovata la pace interna attraverso la libertà, la corresponsabilità, la fiducia tra nuovi superiori e seminaristi, il discorso che si va intessendo è quello di creare una comunità vera in seminario, di aprirsi al mondo e di inserirsi nelle parrocchie per servizi liturgici, catechetici, esperienze pastorali nei gruppi giovanili, tirocinio parrocchiale.Confrontando tale discorso con quello, elaborato in via sperimentale per quest’anno, del seminario per le vocazioni adulte, quest’ultimo ci sembra molto più ecclesiale. Si dice infatti: il S. Eugenio è un gruppo di riferimento nel quale ci si incontra per mettere assieme ciò che attiene alla specificità del sacerdozio, con un largo margine ad un pluralismo di impostazione, di mentalità e di spiritualità. Esso tende a realizzare un inizio di comunione presbiteriale che sarà proseguito nel presbiterio della chiesa romana. Ognuno rimane libero di crescere nella sua comunità (di origine o di elezione) apportando al gruppo di riferimento, che è inserito nella comunità della parrocchia di S. Eugenio, il bagaglio della propria esperienza.

Qui siamo al nocciolo della questione: il discorso è che non si può diventare preti in seminario, perché non si ha la possibilità di mettere a confronto, di far maturare , di valutare e vagliare il proprio carisma con gli altri; poiché il seminario non può mai essere una chiesa, non troviamo in esso il popolo di Dio,ma una sua porzione ben delimitata come carisma, come servizio e come funzione, un gruppo funzionale, settorizzato, un gruppo di comunione.

Il prete può diventare tale solo in una chiesa: non solo, ma può nascere e maturare veramente soltanto da una chiesa. Altrimenti è in crisi la sua identificazione, perché si trova ad essere prete senza una sua chiesa, senza l’esperienza di un ritmo di fede vissuto nella sua comunità, che lo giudica ad un certo punto maturo, prete, capace di presiedere, di pascere. In caso contrario, uscendo dal seminario, pur con una mentalità più aperta al mondo e con alcune esperienze pastorali, il prete sarà costretto a comunicare o la propria esperienza di fede o quella del gruppo di chierici con i quali l’ha vissuta o quella appresa sui libri di teologia o quella che ha imparato o disimparato nelle parrocchie; in tutti i casi non potrà comunicare l’esperienza di fede vissuta nella sua chiesa, esperienza che è poi l’unica veramente cristiana.

Vivere in una chiesa, maturare lì il proprio carisma: ciò è ben diverso dall’andare due giorni in parrocchia “ a fare quel che si può”.

Tuttavia bisogna riconoscere che la prospettiva aperta dal S. Eugenio è più ottativa che reale. Però è già buon segno che si comincino a fare tali discorsi e che qualcuno tenti di realizzarli seppure limitatamente. Sta di fatto che la maggior parte dei seminaristi del S. Eugenio non ritiene neppure tale prospettiva come definitiva; difatti riconoscono di essere al S. Eugenio solo perché attualmente non vi sono altre possibilità per diventare preti.

Ritorna qui più accentuato il discorso del disinserimento e della deresponsabilizzazione. Questi seminaristi sono costretti a lasciare il lavoro che avevano per prepararsi al presbiterio, e ciò non è certo giovevole, soprattutto se si spensa che una piena maturazione dovrebbe comportare il processo contrario, in cui il prete, per superare il suo borghesismo e clericalismo, abbia un mestiere o una professione o un impiego o la sua comunità matura al punto di sostenerlo economicamente perché egli sia più disponibile a servire.

Ma fare oltre sei anni di grossi e inutili studi, lasciando il proprio lavoro, le proprie responsabilità, significa rischiare di diventare “ lo studente- collegiale che ha la vocazione” e perciò va due volte per settimana in parrocchia a dare una mano e, forse, a integrarsi psicologicamente.

Si obietterà che sono pochissime a Roma le comunità cristiane vive, disposte a recepire od a fare questo discorso, nelle quali cioè possano crescere e maturare dei preti.

Ma perché non cominciamo da quelle che vi sono? Alcune di esse anzi avvertono già da tempo l’urgenza di tale discorso e l’esigenza di far crescere prima e scegliere poi i preti ( e non solo questi), in un maturato riconoscimento dei carismi e dei servizi, tra coloro che da tempo vivono insieme lo stesso ritmo di fede. Si tratta quindi di un discorso più profondo, più radicale. Purtroppo è un discorso difficile a digerirsi da parte di molti che hanno paura di vedere la morte dei seminari ed il moltiplicarsi di tali comunità cristiane. Non fanno tanto paura l’aggiornamento, le riforme, cioè i mutamenti di forme e di metodi, e forse non fa tanto paura nemmeno la rivoluzione, il cambiamento di mentalità, radicale e di noi.

L’aggiornamento infatti compromette più le strutture che le persone. La conversione al contrario compromette anzitutto noi, e non appare quindi molto comoda come soluzione. Soprattutto a Roma, dove cento occhi sono puntati sui seminari, per esercitare pressioni con mezzi più o meno corretti. Ci sembra comunque giunto il momento in cui le comunità cristiane, anche se poche, ma viventi e deste, facciano sentire la propria voce responsabile e il proprio impegno ecclesiale riguardo ad uno dei carismi più importanti per la vita della nostra chiesa locale, affinché non si continui indisturbatamente e con coscienza tranquilla ad estrarre persone dalle parrocchie, tra il disinteressamento generale e la irresponsabilità delle comunità cristiane.

Invitiamo pertanto noi stessi e le comunità cristiane a porci seriamente il problema ed a maturare un discorso e delle scelte conseguenti e responsabili. Non possiamo più dare per scontato che tocchi al seminario, come “ fabbrica dei preti “ da dare alle parrocchie, la responsabilità del discorso. Se percepiamo il peso dei fatti, delle loro cause e conseguenze, ci rendiamo conto che è anche e soprattutto un impegno nostro: perciò ci tocca scomodarci e chiedere la corresponsabilità nella preparazione dei preti.

Lo dovremo chiedere ai parroci ed ai superiori dei nostri seminari, i quali, se aiutati da noi, prospetteranno ai vescovi scelte che da soli indugiano o non sanno avanzare, non tanto per debolezza ma perché, non sorrette da comunità, potrebbero sembrare visioni personali.

A questo articolo che è frutto di esperienza viva, riteniamo utile far seguire uno specchio numerico riassuntivo, che ci ripromettiamo di commentare in futuro.

Presenza dei candidati all’ordinazione sacerdotale nei tre luoghi di preparazione, nell’anno scolastico 1970/71:

Seminario Parrocchia Collegio TOT.

Maggiore (1) S. Eugenio(2) Capranica (3)

Corso di teologia IV 4 3 2 9

“ “ III 7 3 1 11

“ “ II 9 5 – 14

“ “ I 6 1 – 7

“ di filosofia II 2 2 – 4

“ “ “ I 3 – – 3

Totali 31 14 3 (4) 48

Seminario Parrocchia Collegio totali

Maggiore S. Eugenio Capranica

Sacerdoti ordinati 1970 8 4 – 12

Sacerdoti romani addetti 4 2 – (5) 6

  1. P.zza San Giovanni in Laterano, 4 – Responsabile Mons. Eutizio Fanano – I dati sono ripresi da “Sursum Corda” , pubblicazione ufficiale.
  2. Via Villa Giulia, 23 – alle Belle Arti – Responsabile d. Marcello Pieraccini, parroco. Dati ricevuti sul posto.
  3. P.zza Caprinica, 98 – al Pantheon. Responsabile Mons. Franco Gualdrini. Dati ricevuti sul posto.
  4. Media dei candidati all’ordinazione: 8 per ciascuno dei sei anni di corso.
  5. Affidato a sacerdoti di altre diocesi.

Nell’articolo si fa inoltre menzione del seminario minore ( v.le Vaticano n° 70, responsabile Mons. Carlo Graziani), dove studiano ragazzi e giovani dalla prima media al terzo liceo, cioè negli anni precedenti l’ingresso nei luoghi di preparazione veri e propri.

Introduzione Al Problema Del Lavoro Dei Minori A Roma.

Iniziamo, con questo numero, ad affrontare il problema del lavoro dei minori, che a Roma assume dimensioni assai rilevanti, essendo una città di servizi, con conseguenze assai gravi sulla vita di tanti ragazzi sfruttati, abbandonati a sé stessi e tagliati fuori irrimediabilmente da ogni possibilità di crescita culturale.

Pensiamo che le nostre comunità cristiane non possano continuare a chiudere gli occhi su un fatto sociale così ampio e grave. E’ necessario perciò prenderne coscienza fino in fondo, così da poter portare, ciascuno per le sue competenze professionali e tutti insieme come comunità, una ferma parola di giustizia e collaborare alla sparizione di forme di sfruttamento indegne di una società civile.

Iniziamo col riportare tre testimonianze vive, frutto di colloqui avuti da un nostro amico con ragazzi che lavorano a Roma presso negozi.

In via……………..13 negozi. Tre hanno il “ragazzino”.

1) meccanico auto. R., anni 14 – da tre anni al lavoro ° (segnate col ° le violazioni alle leggi vigenti). Orario: 8-13, 14-20 ° , da lunedì a sabato, spesso anche la domenica °

  • £ 5000 settimanali – licenza elementare ° – figlio di genitore inabile al lavoro, con domanda di pensione in corso da 6 mesi – frequenta spontaneamente una scuola serale, dalle 20.00 alle 22.00, per licenza media.

2) Market alimentare. B. , anni 13 ° – interrotta la prima media ° – orario: 8-13 16-20 °

domenica 8-14 °.

3) Bar. F., anni 10 ° – seconda elementare ° – orario: 8-13 14-20 ° , compresa la domenica° – epilettico, licenziato ° da altro bar perché, cadendo durante un attacco, si è ferito con i vetri dei bicchieri – £ 3500 settimanali più le mance. Queste note erano già scritte quando il bambino si è licenziato perché si è accorto che la “signora” gli toglieva le mance dal piattino.Abita in una baracca.

In tutti e tre i casi nessuna iscrizione all’ufficio del lavoro, nessuna assicurazione per infortuni.

Il Sottosviluppo Urbano A Roma – Distribuzione Territoriale Degli Alloggi Precari.

Nei numeri 9, 11 e 15 de “la tenda” abbiamo cominciato ad esaminare il problema del sottosviluppo urbano a Roma.

Prima di occuparci del fenomeno delle borgate abusive, sviluppatosi a Roma negli ultimi 20 anni, con un insediamento di circa settecentomila persone, vogliamo darvi, in un quadro riassuntivo, la distribuzione territoriale degli agglomerati più numerosi di baracche.

Non sono stati inclusi nell’elenco tutti i nuclei di baraccati al di sotto delle 15 unità, che pur rappresentano una parte notevole del numero totale. I dati riportati sono tratti dal libro: D’Apice – Mazzetti- Roma : la città contro l’uomo – Schirru, Roma 1970 –

Pag. 148-150.

Pensiamo che questi dati possano aiutare gli amici a conoscere meglio il volto della loro città ed a maturare una coscienza nuova delle esigenze e delle attese di tanti fratelli che sono ancora lasciati ai margini della società.

Zona Prenestina n° di famiglie

Via del Torrione 120

Borghetto Malabarba 250

Borghetto Prenestino 800

Parco Villa dei Gordiani 22

Borghetto Gordiani 120

Borghetto Via Molfetta 350

Borghetto Alessandrino 140

_____________

totale 1802

Zona Casilina

Via del Mandrione 360

Via dell’Acquedotto Alessandrino 180

Via Norma 85

Via Terracina 25

_______________

totale 650

Zona Tuscolana

Via Anzio 220

Via Arco di Travertino 170

Via Nemi 25

Via Rocca di Papa 15

Via Lanuvio 40

Vicolo dell’Acquedotto Felice 724

_____________

totale 1194

Zona Appia

Borghetto Latino 280

Borghetto di via Latina 80

Via dei Cessati Spiriti 90

La Torraccia 60

Via Rapolla 220

Borghetto Statuario 110

________

totale 840

Zona Ostiense

Via Pico della Mirandola 185

Via Vedana 13

Via Cristoforo Colombo 18

Ostia Lido 600

_________

totale 816

Zona Portuense

Ponte Galeria 47

San Pantaleo Campano 33

Fiumicino 1500

Fregene 350

__________

totale 1930

Zona Trionfale

Via Lago del Torrione 47

Parco Mellini 130

___________

totale 177

Zona Nomentana

Via Etiopia 70

Circonvallazione Salaria 230

Fosso di S. Agnese 90

Vigna Mangani 130

Borghetto degli Angeli 35

Prato Rotondo 240

Via di Monte Rocchetto 55

_______

totale 850

Zona Tiburtina

Via Aristeo 17

Via Grotte di Gregna 45

Via Collatina Vecchia 120

Via di Galla Placidia 15

Via di Casale Rocchi 45

_______

totale 242

Il quadro generale è quindi il seguente:

Zona Prenestina 1802

Casilina 650

Tuscolana 1194

Appia 840

Ostiense 816

Portuense 1930

Trionfale 177

Nomentana 850

Tiburtina 242

___________

  1. totale famiglie

Per quanto riguarda le casette “ rapidissime” rimangono ancora in piedi i seguenti nuclei:

1. Pietralata 50 famiglie

2. Primavalle 60 “

3. Cecchina 100 “

4. Tiburtino III 600 “

per un totale di 810 famiglie.