Lettera 72 (Seconda Serie)

 

Sabato 23 settembre 2023

siamo tutti invitati all’incontro sul tema:

QUALE PRIORITÀ NELLA NOSTRA CHIESA?

 QUALE PRIORITÀ NELLA SOCIETÀ CIVILE?

 “Ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere trattato, discusso e deliberato”

 

a Torre Angela – via Trinitapoli, 88 (Arcacci)

Ore 9 – 17

(Pranzo offerto da La Tenda)

 

Alcuni laici faranno delle brevi relazioni sul tema, seguirà il dibattito in assemblea.

Sarà presente anche don Riccardo Lamba (vescovo di settore).

 

 

PREPARIAMOCI AL CONVEGNO

Il convegno del 23 settembre si avvicina.

Sarà un incontro fruttuoso quanto più coloro che vi prenderanno parte contribuiranno a mettere a fuoco le priorità di cammino che la nostra Chiesa e la stessa società civile hanno davanti a sé, in un tempo che pone all’attenzione di tutti sfide complesse e interagenti tra loro, senza che si posseggano risposte prefabbricate.

La pausa estiva ci può aiutare a riflettere ed a confrontarci, ricercando tempi e modi per farlo in un clima più contemplativo, meglio “contemplattivo”, come ci ha insegnato don Tonino Bello.

L’invito è, innanzitutto, a rileggere con calma la pagina di presentazione della lettera n. 71 dello scorso giugno.

Una seconda preziosa opportunità è quella di mettere per iscritto il frutto delle nostre riflessioni, sapendo in partenza che questo esercizio risulta spesso faticoso ed ostico. Il dibattito, in sede di convegno, ne trarrà un sicuro beneficio!

È necessario, poi, che cresca, in chi continua a frequentare l’eucaristia, una pratica di fraterno ascolto e dialogo con coloro che conducono la loro ricerca di fede al di fuori del recinto ecclesiale. In proposito, Papa Francesco è tornato a ricordarci, in un recente incontro, che la Chiesa non sarà sinodale se non troveranno ascolto “coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate (…), coloro che sono delusi, chi nella vita è stato ferito ed è arrabbiato con la chiesa” (discorso ai referenti diocesani del cammino sinodale italiano del 25 maggio ’23).

La tentazione più insidiosa che possiamo correre oggi sta nell’indulgere alla nostalgia di una rassicurante cristianità perduta e nella conseguente elaborazione di strategie e piani pastorali di riconquista.

Il senso profondo della nostra ricerca ci spinge, invece, a ricercare uno spazio liturgico in cui la Parola di Dio e la vita quotidiana dei credenti abbiano una possibilità di vero dialogo comunionale. La Conferenza episcopale italiana afferma da decenni che la parrocchia è chiamata ad essere una comunità di comunità. Di fatto non è affatto centrale nella pastorale ordinaria l’invito ai fedeli laici a dar vita stabilmente a gruppi del Vangelo, ospitati nelle case.  Tali incontri, come l’esperienza di qualche parrocchia insegna, permetterebbero momenti di risonanza, nella liturgia domenicale della parrocchia, delle questioni cruciali legate al vissuto di ciascuno ed alle vicende drammatiche delle guerre in atto, delle migrazioni, dell’impoverimento crescente e diffuso, dello sfruttamento del lavoro umano, dello sconvolgimento dell’ecosistema.

Lo Spirito di Dio ci sta sollecitando, col percorso sinodale avviato, a dare ali alla nostra fede, liberandola dai lacci di una pratica privatizzata. La liturgia eucaristica è al centro di questo itinerario, perché la Parola fattasi carne richiede che sia “ruminata” assieme da un popolo di Dio chiamato all’adultità.  Come laici ci sentiamo convocati, assieme ai pastori, a fare la nostra parte, con più coraggio e iniziativa dei tempi passati, senza temere di dire ciò che sentiamo importante.

Il cammino da portare avanti richiede speranza e fiducia nello Spirito Santo. Il convegno si propone di essere una tappa significativa di tale cammino.

 

 

RICORDO DI MARIA DOMINICA

Maria Dominica ci ha lasciato, come siamo soliti dire quando una persona cara muore. In realtà la sua presenza la sentiamo ancora più luminosa oggi, dopo la sua morte improvvisa.

Mica, come l’abbiamo sempre chiamata tra amici, ha ispirato la sua vita al Discorso della Montagna.

Poiché stava per partire per una vacanza in montagna ed aveva pronti zaino e scarponi, ci è sembrato che questo fosse l’abbigliamento più coerente con la sua scelta di vita.

Avendo praticato le Beatitudini, ha testimoniato a tutti noi, nel quotidiano, di essere una donna accogliente, misericordiosa, tollerante, amante della giustizia e della pace.

Nell’Associazione LA.VA. (Lavoro Vagabondo), presso la Chiesa di San Leone, ha tessuto, assieme ad altre volontarie e volontari, un legame di fraternità operosa con tante persone che non hanno una dimora fissa, promuovendone la dignità e offrendo loro cure amorevoli ed efficaci.

Entrata a far parte del Gruppo “La Tenda” fin dalle origini, ha costantemente lottato per una Chiesa incarnata nella storia, nello spirito del Concilio. Ci hanno sempre colpito la sua capacità di narrare con grande vivezza le vicende ecclesiali in cui era parte attiva ed il suo sguardo profondo sulle tragedie dolorose delle persone con le quali entrava in relazione. Ci mancherà anche il suo costante servizio di documentazione, per una lettura profonda dei cambiamenti in atto.

Nella sua giovinezza, assieme ai fratelli Eugenio e Giovanni, cui era assai legata, ha portato avanti, nel quartiere, battaglie non violente per garantire la fruizione popolare di spazi verdi, come nel caso di Villa Carpegna.

Anche il lavoro professionale rigoroso, le vacanze vissute nei Paesi del Sud del mondo, i suoi rapporti di amicizia, il legame con i suoi splendidi genitori, tutto ci aiuta a ringraziare il Signore per il dono di Maria Dominica.

 

 

PICCOLA FOTO DA UN REPARTO ONCOLOGICO

Maria Dominica aveva vissuto in questi ultimi mesi l’esperienza delle terapie oncologiche per una persona cara, dalla sala d’attesa ci inviò questa poetica immagine. Vogliamo ricordare anche così la sua attenzione e il suo profondo amore per i fratelli chi in tutta la sua vita ha dimostrato:

 

Avete mai visto gli occhi di una madre?

Avete mai visto la postura di un padre?

Quando il figlio ha bisogno di cure speciali, impegnative, uniche?

Nella sala d’attesa del Centro di Adroterapia Oncologica – una eccellenza europea, ce ne sono quanti le dita di una mano a livello mondiale – ci sono madri e padri che aspettano con i loro figli.

Gli occhi luminosi delle madri trasmettono serenità ai piccoli.

Acrobazie inventate dai padri fanno esplodere risate gioiose.

Ma…

Appena i figli sono lontani, gli occhi si spengono, le spalle si abbassano.

La speranza e il coraggio sono esclusivamente per i figli, che si vedono sereni accanto a loro con un libro, un gioco, una matita per colorare il disegno.

E senti la voce tranquilla di un bambino chiedere come faranno i piccoli (perché lui è grande!) a tenere la maschera di protezione dalle radiazioni senza muoversi e senza paura.

Fanno tenerezza i bambini.

Ma le mamme e i papà, si vorrebbe essere in grado di coccolarli, rassicurarli, rasserenarli.

Di trasmettere loro con gli occhi e in silenzio la forza della vita, di riuscire a spalancare davanti a loro la prospettiva del futuro.

 

 

IN COSA CONSISTE IL NOSTRO COMPITO DI ANNUNCIARE IL REGNO? (dal bollettino dei Piccoli Fratelli di Gesù n. 49)

 

Taher vive in Algeria da tanti anni e in particolare a Tamanrasset dove vicini e amici conoscono perfettamente il perché della presenza dei fratelli, come cristiani, nel Paese. Nonostante tutto, circolano ancora alcuni “pregiudizi”: occasione per Taher di riflettere di nuovo sul tema dell’annuncio del Regno che è il compito di ogni battezzato.

 

All’inizio di luglio, sul canale televisivo Echourouk hanno trasmesso una mia breve intervista; era stata fatta un anno prima a Tazrouk. Il giornalista concludeva il programma dicendo: «Taher era venuto per convertire la gente; non ci è riuscito, ma è rimasto qui lo stesso». Quasi ogni giorno incontro persone che ancora adesso guardano quel programma su Facebook. Chi ci conosce sa che quel commento è falso, ma per chi non ci conosce è ovvio che è quello il motivo per cui siamo venuti in Algeria. Questo modo di vedere le cose può trovare una spiegazione in molti scritti di Charles de Foucauld, che dimostrano come la sua carità fosse orientata in quella direzione; o nella presenza di algerini cristiani che, negli anni ‘90, sono stati una “divina sorpresa “che nessuno si aspettava e che ha rallegrato la Chiesa. Molti vedono in loro il futuro della Chiesa in Algeria, anche se la grande maggioranza di loro non è cattolica. Tutto questo preoccupa le autorità che vorrebbero fermare le conversioni.

Per molti algerini, le attività caritative sono viste come orientate in questa direzione; non sarebbero disinteressate. Dopo la recente messa al bando della Caritas, decretata dallo Stato, i vescovi algerini hanno parlato ai ministeri interessati dell’«attività caritativa che ha sempre contraddistinto la Chiesa cattolica in questo Paese e senza la quale non può essere sé stessa».

Tutto questo mi pone molte domande. L’attività caritativa fa parte effettivamente dell’essere stesso della Chiesa universale? non ci sarebbe nella Chiesa una componente nazarena che potrebbe farne a meno? Senza dimenticare la frase della piccola Teresa: «Dentro la Chiesa mia madre voglio essere l’amore». Qual era la “missione” di Gesù durante i suoi trent’anni a Nazaret? Non ci sarebbe un modo “cattolico” di vivere e di essere accettati in questo Paese?

Vorrei provare a rispondere a queste domande. Innanzitutto mi colpisce il fatto che, ciò che Gesù ha annunciato alle folle (cioè a tutti, uomini e donne, indipendentemente dalla loro religione o non religione), sia essenzialmente il Regno. Ora, la Carta del Regno è costituita dalle beatitudini. Colpisce il fatto che quasi tutti coloro ai quali Gesù dice – in un modo o nell’altro – “La tua fede ti ha salvato”, siano persone ai margini della religione: un romano, una donna cananea, un samaritano, un pubblicano, un peccatore, un ladro sulla croce, e così via… Mi sembra che il mistero di Gesù sia troppo “incredibile” perché egli abbia desiderato che tutti lo conoscano. Ciò che egli ha voluto è che tutti entrino nel Regno.

Ad alcuni (noi compresi) Gesù ha annunciato la sua passione e resurrezione, e qualcosa del suo mistero. Tocca a costoro, adesso, annunciare il Regno. Tuttavia, ciò che salva, non è il condividere il pane e la parola di Gesù, bensì l’essere ammessi al Regno. «Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze», ed egli vi dirà: «Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia» (Lc 13,26-27). Ma allora in cosa consiste il nostro compito di annunciare il Regno?

Innanzitutto nel pregare il Signore di aprire i nostri occhi perché vedano questo Regno presente in tutti coloro che vivono le beatitudini.

In secondo luogo che il nostro sguardo su di loro e il condividere la loro vita, faccia loro scoprire che essi sono “beati”, di una beatitudine che non è di questo mondo e che noi vorremmo condividere con loro.

Infine, Gesù ha voluto vivere in solidarietà con i poveri, con chi ha fame, con chi piange, con chi è perseguitato per la giustizia, e persino – nel suo battesimo al Giordano – con i peccatori in cammino verso la conversione, e infine essere «messo nel rango dei malfattori». D’ora in poi egli ha bisogno di noi per «completare nella nostra carne ciò che manca alle sue sofferenze per il suo corpo che è la Chiesa». Ciò che manca alle sue sofferenze è che esse siano vissute dai peccatori quali siamo noi, oggi e in questo Paese. Lo dicono bene i vescovi dell’Algeria: «Non ci può essere Chiesa cattolica se non è coinvolta nella vita della società, solidale con gli abitanti di questo Paese». Forse le “sofferenze” che dobbiamo offrire non sono tanto le nostre quanto quelle di tutti coloro con i quali siamo solidali. È ciò che ci suggerisce l’evangelista Giovanni (Gv 6,9), che ci racconta del ragazzo che offrì cinque pani d’orzo e due pesci con cui Gesù sfamò una moltitudine. Questo è il nostro compito di “sacerdoti”, in quanto battezzati: presentare nell’Eucaristia tutto ciò che viene vissuto dai nostri compagni di viaggio, tutto ciò che viene vissuto in questo paese e per questo paese, per questa “moltitudine”. In questo modo, la nostra missione è essenzialmente sacerdotale e al tempo stesso ci introduce nel cuore del mistero di Nazareth, al di là delle dimensioni della nostra semplice vita quotidiana locale.

Per concludere, vorrei citare un testo, scritto intorno al 1930 da Marie-Noël, una poetessa francese combattuta tra il suo amore per Dio e il suo amore per il mondo, e che considero una vera mistica:

«Nel cattolico c’è un essere compiaciuto, superiore – colui che possiede la verità – pieno di sicurezza e di certezza. Se si inchina verso il pensiero dell’altro è per salvarlo, cioè per aggirarlo, per sedurlo, per conquistarlo a Dio. Per lui è un oggetto di compassione e di conquista. Lo ama per misericordia. Lo disprezza per fede.

Non è possibile nessun scambio. Un cattolico dà. Lui non riceve.

Ecco perché sono una cattiva cattolica. Ogni anima è mia pari. Ho dato a tutti, come meglio potevo, la poca luce che avevo, ma ho anche ricevuto molto e da ogni tipo di persona.

Avevo la fede?».

Taher

 

ARMI NUCLEARI E PACE

(Riceviamo da don Vincenzo Zambello di Pax Christi -Verona e volentieri pubblichiamo)

 

06 – 09 /08/2023: anniversario della esplosione della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki nel 1945               

Nell’anniversario dell’Enciclica Pacem in Terris di S. Giovanni XXIII, scritta l’11 aprile del 1963, quando era a rischio il mondo intero per la crisi tra Unione Sovietica e gli Stati Uniti d’America per il dispiegamento dei missili balistici sovietici di  Cuba, crisi che fu risolta anche per la mediazione di papa Giovanni, urge porre una domanda che rende l’enciclica attuale: considerando che oggi l’Italia dispone di base nucleari nel suo territorio ad Aviano (Pordenone) e a Ghedi (Brescia) fornite dalla NATO; considerando che Papa Francesco il 6 agosto 2020 a Hiroshima ha dichiarato che “l’uso delle armi nucleari come pure il loro possesso, è immorale. Cercare di assicurare la stabilità e la pace attraverso un falso senso di sicurezza e un “equilibro di terrore” conduce inevitabilmente a rapporti avvelenati tra popoli e ostacola il dialogo”; davanti a questa dichiarazione, non sarebbe giusto, necessario, profetico smantellare le basi nucleari della Nato nel territorio italiano?

Il profondo desiderio dell’umanità è la Pace. Sollecitati dai movimenti pacifisti, nonviolenti, i vescovi Italiani insieme con il popolo di Dio del nostro paese, potrebbero concretizzare questa dichiarazione di papa Francesco. L’Enciclica Pacem in terris, i pronunciamenti di Pace dell’ONU, soprattutto le grida, il pianto delle vittime delle guerre nel mondo avrebbero finalmente una risposta di Pace. Il 19 maggio 2023 Papa Francesco così scriveva al vescovo di Hiroshima in occasione del Vertice G7: “Hiroshima, come “simbolo della memoria”, proclama con forza l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale. Basta considerare l’impatto umanitario e ambientale catastrofico che risulterebbe dall’uso di armi nucleari, come anche lo spreco e la cattiva destinazione di risorse umane ed economiche che la loro produzione comporta. Né dobbiamo sottovalutare gli effetti del persistente clima di paura e sospetto generato dal mero possesso delle stesse, che compromette la crescita di un clima di fiducia reciproca e di dialogo. In tale contesto, le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa rappresentano un moltiplicatore di rischio che dà solo un’illusione di pace”.  È urgente disarmare cuori e menti di tutti, proporre una pedagogia della pace, della nonviolenza. Molti movimenti laici da tempo sono impegnati per la pace e il disarmo generale. Per i credenti, Cristo che ha sofferto la terribile violenza della croce, risorto dalla morte ci dona la speranza, la certezza della Pace: oggi! Solo con la Pace possiamo vivere umanamente la vita.  Siamo in sintonia con il documento “Per una Repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari. Necessario un forte gesto di pace: “L’Italia ratifichi il trattato ONU per la messa al bando delle armi nucleari”.

2 giugno 2023; documento dei:” Movimenti associazioni cattoliche; Movimenti ecumenici e nonviolenti; campagna: Italia ripensaci”.

 

Seguono le firme

 

 

 

 

 

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Nota bene: invece del bollettino di conto corrente postale, da gennaio 2020 la Posta prevede contributi solo attraverso il bonifico sul c/c postale intestato a Francesco Battista 

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È di nuovo on-line il sito della Tenda lo trovate all’indirizzo www.gruppolatenda.org

 

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Paola Carbone                                                                                                                             Nomentano         Roma

Anna Maria Polverari                                                                                                                 Pietralata            Roma

Massimo Panvini Rosati                                                                                                            Borgo                    Roma