Lettera 4 (Seconda Serie)

In questa lettera finiamo di trattare dell’evangelizzazione presentando altri due interventi. Nelle brevi conclusioni Francesco cerca di tirare le fila del discorso, ricapitolando i temi principali che abbiamo affrontato e come è sempre nelle nostre intenzioni, aprendo nuove prospettive di ricerca e riflessione. Naturalmente sollecitiamo da parte dei nostri lettori una risposta o un intervento che apra quel dialogo che cerchiamo di costruire.

Dalle prossime lettere cominceremo a trattare il tema della Povertà, esaminata nei suoi vari aspetti, personale, sociale, ecclesiale.

Queste riflessioni partiranno con un incontro pubblico che stiamo organizzando per il:

13 Ottobre 2007 dalle ore 9,00 alle ore 18,00

presso la Parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela, Via di Torrenova 162 (periferia est di Roma)

Il tema dell’incontro sarà:

I poveri e la Chiesa :

– Approfondimento di un documento conciliare

sulla Chiesa dei Poveri

– Esperienze di condivisione in basso da:

. Associazione La. Va. (Lavoro Vagabondo): da vent’anni

camminando con i poveri nel quartiere Aurelio a Roma

. Paolo Romano, Salerno: da 16 anni vive, con la moglie Donata e

con i figli, un’esperienza di famiglia aperta (Casa- famiglia

Tamburo di latta – Associazione L’Ipotenusa)

. Suor Rita Giaretta, Caserta responsabile Centro di accoglienza

“Casa Ruth” per donne migranti, sole o con figli, in situazioni di

difficoltà

. Giorgio Marcello, Cosenza condivide da molti anni la vita dei

ragazzi di Cosenza Vecchia, nell’Associazione San Pancrazio.

 

Sommario della 4° lettera:

  1. Evangelizzazione: intervento di Gianfranco Solinas
  2. Evangelizzazione: intervento di Maria Dominica Giuliani
  3. Ricapitolando di Francesco Cagnetti

Evangelizzazione: intervento di Gianfranco Solinas

1. Le riflessioni fin qui svolte hanno aiutato tutti gli altri, me compreso, ad inquadrare la problematica dell’evangelizzazione. Occorre tuttavia fare un passo avanti decisivo, sul terreno della comunicazione.

2. Gli interrogativi che ci poniamo su “fede e religione”, sull’autenticità dei percorsi di chiesa che le nostre parrocchie propongono, sono affascinanti ma rischiano di essere anche paralizzanti. Mi sono interrogato infinite volte su queste questioni, ma non sono approdato a nulla di conclusivo. L’ascolto della Parola mi ha posto in una prospettiva radicalmente diversa, rispetto ai miei ragionamenti. Gesù ha continuato a frequentare la sinagoga senza lasciarsi ingabbiare nella logica della legge, del sabato, dell’osservanza farisaica. La sua parola di verità e di vita ha frantumato tutti gli schemi legalistici, tutti i calcoli ed i giochi delle persone e dei gruppi di potere che ha incontrato. La logica della sinagoga, del potere, del legalismo assedia e attanaglia anche la nostra chiesa – istituzione, le chiese cristiane tutte. Non dimentichiamo mai che la chiesa è “santa e meretrice”. Per quanto mi riguarda, sento di appartenervi e, allo stesso tempo, ci sto dentro rimanendo fedele al Signore e in ascolto della sua parola, rivelatami nella Scrittura e nella vita di ogni giorno. So di starci in posizione di marginalità. Seguendo l’esempio di Nicola, ho rifiutato, insieme a Maria, mia moglie, incarichi e ruoli ecclesiali tutte le volte che abbiamo ritenuto non esistessero le condizioni essenziali per poter accettare. Continuo a starci obiettando a scelte e comportamenti ecclesiali che appannano gravemente l’annuncio della buona novella.

3. Per dare un contributo alla riflessione vi presento alcune pagine del bel libro di Alberto Maggi e Antonio Thellung “La conversione dei buoni”, Cittadella Ed., si dice:

Non sono leggi, prescrizioni, norme,decreti, a illuminare il cammino, ma esseri viventi con le loro azioni, perché <voi siete la luce del mondo > (Mt 5,14), e <la luce splende nelle tenebre> (Gv 1,5). Non c’è bisogno di combattimenti o crociate, perché alla luce basta mostrare se stessa, per far risplendere la vita. Così è per tutti coloro che desiderano somigliare a Gesù coltivando amore, con lo stupefacente risultato di sentir continuamente aumentare la propria capacità di amare. Ecco in qual modo si manifesta il Padre sulla terra: non con segni clamorosi e miracolistici, ma attraverso i suoi figli che pongono la vita al servizio degli altri” (pag. 63).

E ancora:

“Taluni, oggi, ipotizzano un cristianesimo senza Chiesa, trascurando il fatto che l’insegnamento di Gesù è per sua natura assembleare (ecclesiale): <perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro> (Mt 18,20). Ma la Chiesa non va confusa con l’Istituzione, che ha comunque un ruolo secondario (pag. 72).

“E’ soprattutto la chiesa autoritaria a trovarsi ormai fuori gioco. I due tipici strumenti d’ordine e di governo, disciplina e riprovazione, sono in crisi totale: che non siano conformi a Cristo è abbondantemente riconosciuto, ma oggi non sono neppure più adatti a governare. Qualche forma di pressione disciplinare può essere ancora parzialmente efficace verso gli appartenenti alla struttura gerarchica, ma la riprovazione verso posizioni autonome di coscienza non ottiene più significativi risultati. Nel futuro, poi, saranno ancor più inutili: la disciplina, perché gli inquadramenti gerarchici sono in contrazione irreversibile, e la riprovazione, perché non ha efficacia se non è legata al potere effettivo di comminare sanzioni. Un tempo i governanti esercitavano un controllo accurato delle coscienze, quando la massa dei cristiani credeva indispensabile il perdono sacramentale attraverso la confessione. Oggi, invece, indipendentemente da qualsiasi valutazione di merito, la maggior parte della gente non si sottopone più a confessioni di tipo inquisitoriale, e quindi ha tolto dalla mani dell’autorità i tipici strumenti di potere. Molti, tra coloro che coltivano il dissenso, sembra non se ne siano ancora accorti, tanto è vero che insorgono sovente con lamentele, anche talvolta astiose,rivendicando una qualche forma di autorizzazione alla libertà di pensiero. Ma tale libertà è già fin troppo consolidata: si tratta solo di farne buon uso Chi desidera somigliare a Gesù sa che nessuno può impedirglielo, perciò percorre la propria strada senza scoraggiarsi. E se viene riprovato o invitato a tacere è capace d’interrogare se stesso, confrontandosi con fratelli o sorelle in qualche forma di collaborazione spirituale. Poi, rispettoso ma critico, senza sottomettersi né contrapporsi, continua secondo la via indicata dalla sua coscienza. Non mancano esempi di persone (come Kung, Boff, De Mello, Balasurija, Dupuis, Bergamaschi, Da Spinetoli, per citarne soltanto alcune tra le più note) che pur sottoposte a pressioni di tutti i tipi, anziché tacere hanno continuato a esprimere la propria fede, incidendo significativamente sui cuori di molte persone sensibili (pagg. 76-77).

4. Le parole più belle del libro di Maggi – Thellung sono quelle che riguardano i giovani:

I giovani, che rappresentano il futuro del cristianesimo, non sono più disposti a impegnarsi su interpretazioni predigerite, deleghe di coscienza, decisioni altrui. La loro fede è soprattutto nella ricerca, fondamentale per la coscienza che voglia riconoscersi tale. Più che risposte, hanno bisogno di porsi sempre nuovi interrogativi capaci di ampliare l’orizzonte, per proiettare oltre i limiti che si ripropongono puntuali dopo ogni scoperta. La loro attenzione, che sia speranza o utopia, è verso un ambiente creativo, uno spazio di libertà dove fioriscano idee, confronti, domande, discussioni, critiche, desiderio di costruire. Dove sia coltivata una collaborazione che stimoli la voglia di camminare insieme, tenendosi per mano anche nei disaccordi, con fiducia e rispetto reciproco. Un ambiente dove i talenti di ciascuno siano patrimonio comune a disposizione di tutti. Ecco l’unico tipo d’impegno ecclesiale che può avere un futuro. Chi sente fiorire dentro di sé qualche somiglianza con Gesù, sa che la Chiesa più bella cresce fuori dalle mura, sa che non coincide con quella istituzionale, indipendentemente da come la vorrebbe il magistero. E svolge la sua opera cercando di coinvolgere gli altri, senza scoraggiarsi quando non ci riesce. Si augura di trovare armonia con l’autorità, ma in ogni caso non rinuncerà a sentirsi in profonda comunione con la Chiesa intera: visibile, implicita, silenziosa, santa o contraddittoria che sia (pag. 79).

5. A proposito del dilemma fede – religione, le pagine conclusive del libro citato sono illuminanti: “il futuro richiede una radicale desacralizzazione per poter identificare il Cristo quotidiano, quello presente in ogni persona che voglia somigliargli. La religiosità tradizionale è in crisi irreversibile, ma potrebbe avere ancora un ruolo importante e una funzione preziosa se venisse posta interamente al servizio della fede. Come un atleta va regolarmente in palestra per mantenersi in forma e rendere al meglio, così liturgie, celebrazioni, incontri di preghiera offrono luoghi e ambienti dove lo spirito rifiorisce e l’energia spirituale si ricarica. In particolare l’eucaristia, comunque intesa, è una condivisione vivente, un modello embiematico di fraternità, che si celebra anche a nome di tutti coloro che sono distratti, lontani, impegnati con l’effimero. E la preghiera, purché non diventi pretesa di dare consigli a Dio, è presa di coscienza di quel che veramente si desidera, è stimolarsi a fare attivamente quel che si chiede. Tutti richiami alla presa di coscienza, efficaci se resterà chiaro che il fondamentale cammino di fede si svolge altrove, negli incontri quotidiani con sorelle e fratelli che camminano e inciampano per le vie del mondo. La parola “cristiano”, in futuro, sarà positiva ed efficace se tornerà a indicare, come nei primi tempi, la sequela di Cristo, e non l’appartenenza alla cosiddetta cristianità, che sovente si muove su strade ben diverse. Chi vorrebbe ancora riproporre il cristianesimo come baluardo difensivo finirà per rendersi conto che in epoca di globalizzazione non avrebbe più alcun senso. Teologi importanti (come ad esempio Karl Rahner) hanno diffusamente parlato di cristianesimo anonimo, come a dire che è la Chiesa implicita a dover crescere. D’altronde, se dai frutti si vede la bontà dell’albero (cfr Mt 7,17), se la fede concreta in Gesù Cristo si riconosce dai gesti d’amore applicato, tali gesti possono essere disattesi nell’ambiente religioso cristiano/cattolico e presenti in altri. <Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri> (Gv 13,35). (pag. 89).

“…il cristianesimo sarà finalmente maturo quando i cristiani sapranno mostrare concretamente, nei gesti, il volto di Cristo, senza avere neppure il bisogno di nominarlo. Paradossalmente, a quel punto sarà anche utile

parlarne, ma solo per essere <pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi> (1 Pt 3,1.5). (pag. 94)

6. Torno a dire che sento il bisogno che si faccia tra noi un passo avanti, comunicandoci le esperienze di annuncio della lieta notizia che ciascuno di noi va facendo “qui ed ora”.

Tento di comunicarvi qualcosa del cammino personale, prima di raccontarvi dell’esperienza che facciamo con i fidanzati.

Vi dico subito che non mi viene spontaneo, solitamente, parlare esplicitamente del Signore o della mia fede, in incontri/ riflessioni/relazioni che riguardano ciò che mi vede più impegnato (l’accoglienza di famiglie e ragazzi che vivono sulla loro pelle il degrado sociale, le nuove relazioni di comunità, le questioni attinenti alla giustizia, alla pace, all’ambiente nel mondo globalizzato, ecc.). Anche quando sono invitato in una parrocchia, generalmente evito di introdurre questioni religiose. In certi momenti faccio riferimento alla Chiesa – istituzione, specialmente quando ho qualche rospo sullo stomaco (vedi certi interventi della CEI in merito all’opportunità della presenza del contingente militare italiano in Irak, certi collateralismi politici giocati in chiave lobbistica, certe precettazioni, come l’astensione al referendum sulla procreazione assistita).

Insomma, mi sono educato nel tempo ad un parlare desacralizzato. Non lo faccio per posizione presa. A volte mi meraviglio con me stesso della mia sobrietà di linguaggio, specie in contesti in cui si parla di Dio con sovrabbondanza ed a sproposito. Altra cosa è il riferimento alla Scrittura. Esso mi viene spontaneo e lo trovo ricco di senso.

Non sono stato sempre così. In passato ho vissuto fasi in cui ho avvertito il bisogno di un annuncio più esplicito e intenzionale, nei miei rapporti quotidiani. Questo bisogno è andato via via contenendosi.

Avverto l’esigenza di render conto della speranza che è in me, tutte le volte che in qualche modo mi viene chiesto, come è detto nella prima lettera di Pietro. Mi è capitato più volte, nei rapporti di lavoro, nella vita sociale, con gli amici.

Tra gli amici, ce ne sono alcuni che sembrano vivere senza alcun orizzonte di fede. Non sento di doverli “sfruculiare” con ragionamenti e discorsi religiosi. Sono in qualche modo coinvolto nella loro ricerca e li porto nel cuore, ricordandoli nella preghiera.

7. L’accompagnamento dei fidanzati al matrimonio. Proverò a raccontare un’esperienza che andiamo facendo in coppia.

Il campo è quello dell’accompagnamento dei fidanzati al matrimonio: è un terreno che vede all’opera me e Maria da molti anni.

Normalmente, partecipano ai cd “corsi di preparazione al matrimonio” giovani che, per lo più, hanno un’appartenenza di tipo tradizionale, fatta di partecipazione a celebrazioni (messe, processioni, riti sacramentali) legate a tappe fondamentali dell’esistenza ed a grandi feste cristiane. La loro vita quotidiana ha poco a che fare con l’incarnazione, passione, morte e resurrezione di Gesù. Gli ultimi ricordi di cammino cristiano sono legati al sacramento della cresima, da ragazzi. Alcuni dì loro non sono neanche cresimati. Fanno il cammino perché il parroco glielo chiede e accettano generalmente senza fare troppe storie.

Nelle parrocchie in cui abbiamo avuto qualche compito pastorale, abbiamo fatto di tutto per rendere questo cammino più personalizzato, ricco di dialogo, legato alla Parola, non attivistico, un cammino di fede, insomma. Non sempre ci siamo riusciti, ma qualcosa di significativo è avvenuto, col contributo nostro e di altri coniugi.

Attualmente, nella Parrocchia di S. Giorgio M., a Locorotondo, stiamo vivendo, nei percorsi verso il matrimonio, un’esperienza che possiamo chiamare di evangelizzazione. Normalmente con questa parola vengono chiamate azioni svolte al di fuori della comunità cristiana. Di fatto ci troviamo di fronte giovani la cui religiosità è più un ostacolo che una risorsa per un incontro col Signore. La proposta che rivolgiamo loro è di liberazione, anziché di indottrinamento.

Abbiamo impostato un percorso che dura alcuni mesi, all’incirca dal mese di novembre (poco prima dell’inizio dell’Avvento) fino al periodo pasquale. Formiamo gruppi di non più di sei coppie di fidanzati, accompagnati stabilmente da una coppia coniugata. Ci si incontra quindicinalmente, di sera, presso l’abitazione della coppia ‘animatrice’.

Aiutiamo inoltre i fidanzati a vivere assieme alla comunità parrocchiale i momenti forti dell’anno liturgico, così da iniziarli ai grandi misteri della fede e far maturare meglio nella comunità il significato della vocazione cristiana al matrimonio..

La nostra esperienza è la seguente:

– L’incontro fatto in casa ha un sapore speciale, assai diverso da quelli che si tenevano nei locali parrocchiali, I fidanzati sono visibilmente contenti di incontrarsi in una casa, di dialogare in un clima di familiarità e di amicizia, di entrare in qualche modo nella vita quotidiana di chi li accoglie.

– anche i fidanzati di cui siamo in questo momento compagni di strada hanno pensato all’inizio che li avremmo “catechizzati”. Già dal primo incontro, compreso che ciò non sarebbe accaduto, li abbiamo visti più distesi e rasserenati. Superate le prime resistenze ad aprirsi, hanno cominciato a dialogare con naturalezza tra loro e con noi. Abbiamo fatto in modo che anche i più chiusi sì sentissero a loro agio. Non mancano mai agli appuntamenti, tranne per cause di forza maggiore.

– per quanto riguarda noi due, cerchiamo di metterci in gioco quanto più sappiamo e possiamo. Ci presentiamo ai fidanzati come una coppia che vive il suo matrimonio come un’avventura di poveri cristiani che riprovano ogni giorno a star dietro al Signore, avendo fiducia in lui e nel suo amore, anche se ogni tanto perdono il contatto con lui e rischiano di perdersi. Cerchiamo di metter loro la Scrittura tra le mani e di portarli all’ascolto della Parola. E un esercizio, sconosciuto ai più, che li riempie di sorpresa e apre loro l’orizzonte di una fede adulta. Pian piano li aiutiamo anche a riscoprire il significato dell’Eucaristia domenicale e il senso della festa (spesso trascorrono la domenica facendo lavori che hanno dovuto rimandare durante la settimana e divertendosi nel solito modo consumistico). Preghiamo anche insieme, recitando il “Padre nostro”. Durante i quattordici giorni successivi, li sollecitiamo ad interrogarsi in coppia su questioni importanti del loro cammino di fede incarnato nel quotidiano e, la volta successiva, ne parliamo insieme.

– Ogni volta affidiamo loro una scheda come traccia per la riflessione in coppia. Ci siamo resi conto, infatti, che il testo che viene distribuito non serve granché e spesso non viene neppure letto. Nel percorso che si è concluso nell’aprile scorso, i fidanzati del nostro gruppetto ci hanno detto che ciò che li ha colpiti è stato il fatto di averci conosciuti da vicino, nella nostra vita quotidiana, nelle nostre scelte di famiglia aperta, anche nelle nostre fragilità che abbiamo cercato di non mascherare.

Hanno, inoltre, testimoniato di aver percepito il cammino di coppia cristiana in modo nuovo, più liberante e gioioso, allo stesso tempo esigente.

Noi, negli incontri con i fidanzati, ci rendiamo conto di quanto siamo inadeguati e limitati e, allo stesso tempo, lodiamo il Signore per quello che compie attraverso di noi.

Nella nostra diocesi (Brindisi – Ostuni) la preparazione al matrimonio si fa ancora con modalità tradizionali. In un convegno diocesano abbiamo fatto cogliere il significato dell’esperienza di evangelizzazione che andiamo facendo, allorché ne siamo stati richiesti. Sappiamo, comunque, che certe scelte richiedono

convinzioni profonde e maturazioni non improvvisate. Non ci facciamo, perciò, troppe illusioni e confidiamo nel Signore.

Evangelizzazione: intervento di Maria Dominica Giuliani

In ufficio, a volte, mi capita di scontrarmi con alcune persone: si rivolgono a me come se fossi il mondo cattolico e la gerarchia, che vedono con pregiudizio, senza tener conto delle diversità delle persone.

Nello stesso modo, noi dall’interno della chiesa non ci rendiamo conto di come è diverso il mondo degli altri, siamo impregnati di una mentalità codificata anche del mondo del sacro. Dovremmo essere annunciatori, ma fuori cosa c’è? Non basta l’ascolto, dovremmo uscire dalle nostre categorie mentali, dalle paure, dai privilegi.

Ad esempio, la rassegna stampa vaticana da spazio quotidianamente ad articoli in cui la religione è connessa con gli equilibri di potere, non quelli nei quali venga messo in luce il ruolo positivo di iniziative pastorali nelle diverse realtà del mondo: è il ruolo e la paura di “perdere terreno” che hanno il sopravvento all’interno della gerarchia.

Nella comunità di San Leone, a via Boccea, a Roma, il giovedì abbiamo l’incontro comunitario sulla Parola e, in alcuni momenti dell’anno, incontri di preghiera; vi è l’impegno con i poveri ed iniziative di solidarietà a livello internazionale e locale, ad esempio iniziative per la pace. C’è, poi, più specifico, l’aiuto ai senza fissa dimora.

Cuore delle attività è la celebrazione eucaristica del mercoledì sera, ma soprattutto quella della domenica. L’eucarestia è il punto di partenza e di arrivo, la messa domenicale delle 10.30 è molto frequentata, specialmente da persone adulte, non solo da anziani. Passano anche i figli degli amici per un saluto.

Le attività sono serbatoi di contatto sia per chi chiede che per chi ha bisogno di dare. Vengono persone che vogliono dare un senso alla vita, magari solo offrire solidarietà. Tanti si avvicinano attraverso le attività, ma è l’eucaristia che aiuta a dare significato, che provoca. Questa sta diventando una dinamica organica, se non è evangelizzazione, contribuisce ad un radicamento sul territorio: c’è un passaparola, la scoperta delle attività, poi si entra in contatto.

Si forma un gruppo che cammina insieme, anche con disequilibri fra i “vecchi” e i nuovi arrivati. Ad esempio, in alcune riunioni dei volontari del gruppo poveri sono stati utilizzati, per stimolare la riflessione, la Carta del volontariato ed un testo circolato anche in un incontro del gruppo di Pio Parisi. Durante il confronto c’è stato chi ha chiesto cosa c’entrasse la politica con l’attività per i poveri. Stiamo facendo il rinnovo dei contratti di lavoro dei collaboratori della “LA. VA.”, l’associazione di volontariato che abbiamo costituito per facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro dei senza fissa dimora, e la legge Biagi mostra tutte le sue lacune. Allora, c’entra o no la politica con l’attività per i poveri? Ecco che il confronto di esperienze a diversi livelli aiuta tutti a responsabilizzarsi.

Un altro aspetto. Due amici della comunità, che con le loro capacità artistiche sono sempre disponibili per il servizio e l’animazione, si sono sposati civilmente ed hanno invitato alcuni di noi, ci hanno voluti vicini come familiari. Una settimana dopo il matrimonio civile hanno chiesto di poter vivere un momento di preghiera con la comunità, con testi già predisposti. Vi sono state letture bibliche, Lei ha letto la preghiera della donna risposata e si è concluso con la recita comune del Padre nostro.

E’ stata per me una vera esperienza di evangelizzazione. Ho percepito la presenza del Regno di Dio nell’atteggiamento di loro due, in particolare di lei che si è messa con autenticità davanti a Dio ed ha chiesto aiuto a Lui ed alla comunità per essere in grado di vivere semplicemente le situazioni che le accadevano, fatti più grandi di quelli che avrebbe mai pensato di vivere. L’ho ringraziata per quello che mi ha permesso di condividere con lei, perché noi, per primi, abbiamo bisogno di essere evangelizzati!

Ricapitolando: di Francesco Cagnetti

Ritengo che nel corso dei nostri incontri sul tema dell’evangelizzazione siamo riusciti a mettere a fuoco alcuni punti importanti:

  1. prima di tutto, l’accento posto sulla testimonianza, senza la quale non c’è credibile annuncio della lieta novella;
  2. e, per una migliore puntualizzazione del nostro pensiero, il rifiuto del proselitismo, inteso come mezzo di rafforzamento della Chiesa intesa come un centro di potere;
  3. la disponibilità al servizio catechetico nei confronti dei battezzati che accedono ai sacramenti;
  4. d’altra parte, il riconoscimento dei valori professati e vissuti dai fedeli delle altre religioni, e dai non credenti;
  1. la distinzione tra i principi etici da noi creduti e professati e i criteri da adottare nel formulare le leggi dello Stato, che concernono tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza (o non) religiosa.

Tutto questo è positivo, e tuttavia ho la sensazione che la nostra riflessione sia ancora incompleta. E non nel senso, generico, che ogni risultato raggiunto sia solo una tappa nel cammino illimitato verso la piena verità. Quando rileggo nel Vangelo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo “ (Mt 28,19) parole che, pur non essendo ipsissima dicta di Gesù, esprimono la fede dei cristiani delle origini; quando rileggo: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15) mi chiedo se non abbiamo un po’ ristretto il nostro orizzonte di fede; e se ciò non dipenda dal fatto che non abbiamo adeguata coscienza del grande dono che rappresenta per ogni uomo la chiamata ad essere “figlio di Dio”. Non sono ancora riuscito a dare una formulazione organica a ciò che sento, che vagamente intuisco. Proverò a buttar giù qualche idea, o meglio, qualche interrogativo.

Che cosa significa nella vita di un uomo credere nella risurrezione di Gesù, e nella promessa della nostra resurrezione ? Non apre forse questa fede un modo nuovo, mai vissuto per l’innanzi, di considerare la nostra vita in questo mondo ? Non è forse un dono immenso, liberatore ?

L’insegnamento di Gesù non consiste solamente nel comandarci di amare il prossimo come noi stessi, cosa che non è stato né il solo né il primo ad insegnare. È la sua resurrezione , la sua vittoria sul peccato e sulla morte, il frutto e il dono della sua incarnazione. Inoltre: Gesù ci ha comandato di amare i nostri nemici. Ma perché è così raro sentire nelle omelie, nella catechesi un invito a riflettere seriamente su questo

comando, che pure non è di ovvia applicazione, e che tuttavia mi sembra costituire un tratto specifico, originale del messaggio evangelico.

Come potrà essere percepibile il senso e il valore della figliolanza divina se non traspare attraverso una vita impegnata alla continua applicazione di quel precetto ?

In sostanza voglio dire che se non vogliamo che la nostra fede si riduca ad una “religione” che garantisca rispetto alle altre un sovrappiù di grazia salvifica, occorre che viviamo in profondità lo specifico del messaggio evangelico.

Penso che sia stato giusto riconoscere che la salvezza non passa esclusivamente per la Chiesa. Tutta l’umanità è stata creata per mezzo del Figlio e in vista di lui, e non c’è uomo che sia escluso dalla misericordia di Dio.

Ma d’altra parte noi crediamo che nella vita, morte e resurrezione di Gesù il Padre si è pienamente manifestato e ci ha liberati dal peccato e dalla morte. Questo è ciò che dobbiamo annunciare. Ma prima ancora, questo è ciò che dobbiamo meditare, per esplicitarne e proporre tutta la ricchezza implicita.

Ci siamo lasciati felicemente alle spalle l’epoca in cui la Chiesa insegnava che fuori di essa non c’era salvezza. Oggi riconosciamo che ogni uomo di “buona volontà” collabora all’avvento del Regno. Ma forse dobbiamo comprendere meglio come la resurrezione di Gesù abbia radicalmente trasformato il rapporto dell’uomo con Dio.

Nel Cristo il Padre “ci ha scelti prima della creazione del mondo….predestinandoci a essere suoi figli adottivi…”. Egli “ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà…il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef.1, 4-10).

Ricapitolare, non nel senso corrente di riassumere, ma in quello di riunire, raccogliere insieme, accentrare. Ciò non significa forse che in virtù del Cristo la natura e la storia non sono più realtà effimere, destinate a nascere e a perire, ma sono da lui sanate dalle tare dell’egoismo, della violenza, dell’odio, e rese partecipi della vita di Dio ? E non è forse questo l’annuncio lieto che dobbiamo trasmettere ?

Il Gruppo “La Tenda” è formato da:

Gruppo La Tenda

c/o Lorenzo D’Amico

Via Monte Sant’Angelo, 34

00133 Roma

gruppolatenda@gmail.com

www.latenda.info

Franco Battista, Torre Angela Roma

Francesco Cagnetti, Monteverde Roma

Tina Castrogiovanni, Ostia Nuova Roma

Lorenzo D’Amico, Torre Angela Roma

Maurizio Firmani, Monteverde Roma

Chiara Flamini, Torre Angela Roma

Alessia Galici, Ostia Nuova Roma

Maria Dominica Giuliani, Aurelio-Boccea Roma

Luigi Mochi Sismondi, Torre Angela Roma

Liliana Ninchi, Ostia Nuova Roma

Marco Noli, Ostia Nuova Roma

Solange Perruccio, Monteverde Roma

Umberto Sansovini, Ostia Nuova Roma

Gianfranco Solinas, Martina Franca Taranto

Antonella Sorressi, Ostia Nuova Roma

Micaela Sorressi, Ostia Nuova Roma

Daniele Trecca Ostia Nuova Roma