Lettera 6 (Prima Serie)

Introduzione

Cari amici,

questa volta è la scuola religiosa che ci offre lo spunto per una analisi critica, sul filo delle testimonianze vissute da vicino da due lettori che hanno voluto comunicarcele per iscritto. Le pubblichiamo volentieri augurandoci che la presenza delle tante scuole tenute da religiosi nella nostra città cominci a divenire un problema per i cristiani e li chiami in causa nelle loro diverse responsabilità di genitori, di educatori, di pubblici amministratori, di pastori di anime, per un serio esame di coscienza della situazione. Crediamo opportuno fornire anche alcuni dati in proposito, desunti da pubblicazioni ufficiali, che possono aiutarvi a valutare l’entità del fenomeno.

Avviano anche un discorso sulla celebrazione del Sacramento del matrimonio nella nostra Chiesa, cominciando da alcuni accenni retrospettivi, cui faremo seguire, nel prossimo numero, un ampio esame della situazione attuale.

Come avevamo accennato la volta scorsa, sabato 20 dicembre si terra a Roma, presso il Convento dei P.P.. Camaldolesi a S. Gregorio al Celio, alle ore 10 antimeridiane, l’incontro promosso da Raniero La Valle e dagli amici di “Lettere ‘69” sui problemi della Chiesa del nostro tempo, con particolare attenzione alla comunità locale.

Vogliamo richiamare ancora tutti voi ad una collaborazione sempre più ricca e vivace, che si traduca anche nel mettere per iscritto riflessioni e ricerche, onde poterle partecipare ai fratelli tutti. Per quanto riguarda l’impegno finanziario, abbiamo cercato di contenerlo entro limiti ristretti, utilizzando fra l’altro il ciclostile di persone amiche.

Sinora abbiamo sostenuto le seguenti spese:

per acquisto carta e stampa testate L. 44.500
per spese postali L. 41.100
per materiale da ciclostile L. 6.350
per varie L. 6.050
Totale L. 98.000

A tali spose abbiamo fatto fronte con il contributo del gruppo e di alcuni amici. Se altri vorranno aiutarci ad affrontare gli oneri connessi alla prosecuzione della pubblicazione della lettera mensile, potranno servirsi del conto corrente postale 1/44109 intestato a Gianfranco Solinas – via Roccantica 18 -00199 Roma. Contiamo inoltre di poter svolgere nel corrente mese le pratiche per l’autorizzazione del Tribunale, che ci permetteranno di usufruire di condizioni più vantaggiose per la spedizione postale e di aumentare perciò senza notevole aggravio delle spese, il numero dei destinatari. Potete perciò inviarci gli indirizzi degli amici che sapete interessati ai problemi di cui ci occupiamo.

Nell’approssimarsi del S. Natale augurino a tutti di poter rinascere ogni giorno alle esigenze ed alle attese della comunità, porgendo l’orecchio al richiamo che ci viene dalla stalla di Betlemme

Fraterni saluti

il gruppo “La Tenda”

La Formazione Religiosa In Una “Scuola Cristiana” A Roma

Lasciando da parte, per ora, il problema della validità in linea teorica e di fatto delle “scuole cristiane” e quello dell’insegnamento della religione in tutte le scuole, statali o no. credo sia interessante presentare il caso concreto di un Istituto religioso romano, composto di circa 30 suore, che reggono vari tipi di scuola dell’insegnamento primario e secondario, per 800 allieve, di cui una cinquantina “interne.”

Ecco i dati più salienti e rilevanti ai fini dei risultati educativi:

1) le suore: prese come gruppo d’insieme sono chiuse all’esterno; inoltre non formano una comunità, ma una convivenza di personalità che si sopportano per “Carità cristiana”, senza comunicare; esistono classi sociali e culturali all’interno delle stesse (le portinaie, le suore del corridoio, della cucina che vivono in uno stato di sottosviluppo culturale e religioso); la formazione religiosa generalmente è quella preconciliare (per le suore colte fatta su abbondanti tomi di teologia e pietistici commenti alle Scritture); gli atti di culto i vari “atti di pietà” sono fatti insieme senza divenire comunitari; è infine rilevante una profonda soggezione, quasi reverenziale, al clero che ruota intorno all’Istituto: esistono un vescovo “protettore”, il vescovo del settore, ed una serie di monsignori e teologi a cui si ricorre per consulenze paravento.

2) Le alunne: l’unicità del sesso è il più grave inconveniente, perché ostacola fortemente la l’armonicità dell’educazione, la molteplicità di interessi, la spinta verso i problemi sociali; le famiglie da cui esse provengono sono della media borghesia; la motivazione per cui si E scelta la scuola di suore e per lo più quella di assicurare la propria figlia (il 60% o più sono figlie uniche) dai pericoli di “ambienti promiscui” di “cattive compagnie ” e di qualunque discorso politico o sociale di qualsiasi natura; l’ambiente familiare è insomma fortemente antisociale, disimpegnato e superficiale, anche in materia di fede; non sembra

infatti che le famiglie siano preoccupate della crescita delle figlie anche nella fede; comunque, ciò che daranno loro le suore giudicano sia più che sufficiente. Per tutto questo servizio che le suore rendono, le famiglie, sostengono una spesa notevole, oltre tutto ciò che è dovuto per la divisa, varie iniziative, feste gite ecc.,(rette mensili di 11-13-15.000 secondo tipo di scuola).

3) Le insegnanti sono circa 30; laiche per i due terzi e il resto suore. La tendenza è quella di avere il minor numero possibile di insegnanti laiche, per motivi ovvii. Ne consegue forse una maggiore chiusura della scuola e un affollamento, a volte insopportabile, nelle classi. Le insegnanti laiche sono formate da un piccolo gruppo di anziane ormai veterane, e da una maggioranza di giovani che sono lì di passaggio, in attesa di migliore sistemazione. In linea generale esse sono molto integrate al “sistema”, o completamente assenti. Nei due casi manca, da parte loro, l’occhio critico nei confronti dell’Istituto, l’apporto di contenuti nuovi e la sensibilizzazione ai problemi del mondo che le circonda. I rapporti fra di esse sono improntati di simpatia reciproca, ma i contenuti dei loro discorsi tendono ad esulare da tutto ciò che può compromettere di più la propria persona. Lo stipendio percepito è di circa 50/75% del corrispondente stipendio statale.

Veniamo ora alla formazione che le ragazze ricevono in questa scuola. Sembra evidente che la scuola cattolica debba rispondere a due scopi: quello primario della formazione generale degli alunni (obiettivo. comune alle altre scuole) e quello specifico della formazione religiosa (altrimenti quale giustificazione avrebbero della loro esistenza?); cercheremo di esaminare come nel nostro Istituto si risponde ai due obiettivi.

A) Formazione generale: Non si può negare una certa serietà e profondità con cui vengono portati avanti i programmi, del resto costantemente dimostrate dagli ottimi risultati agli esami statali di fine corso. Ma se si guarda più in fondo, il risultato globale è quello della formazione di personalità alquanto amorfe, ovattate, lontane dalla realtà del mondo in cui viviamo (sarebbe, a questo proposito, interessante conoscere i risultati nelle scuole statali).

E’ vero che le buone suore, almeno alcune più avvertite, hanno afferrato che c’è un aggiornamento da fare, anzi, ci sono segni che indicano come sia in corso una certa evoluzione e in mezzo alle suore e fra le insegnanti: ad esempio, una certa attenzione alla crisi della scuola italiana, alle motivazioni di fondo delle riforme attuate e da attuarsi; istituzione dell’assemblea scolastica provocata dalla spinta delle educatrici, senza tentativi di dirigerla; qualche suora impegnata all’esterno (baracche, conferenze UNESCO ecc.); vari tentativi di iniziare un dialogo fra le insegnanti. Ma ci vorrebbe qualcosa di molto meno sporadico e di più organico per le ragazze a cui gli stimoli non vengono se non come eco lontana delle manifestazioni più vistose della “contestazione”, senza che ne riescano a capire le ragioni profonde e a parteciparvi autonomamente. E, ovviamente, non si va molto avanti con l’introdurre abbondantemente una nuova terminologia (come partecipazione, personalizzazione, autoformazione, dialogo ecc.), se ne mancano i contenuti. I risultati concreti di questo inizio di aggiornamento nell’Istituto sono per adesso un pauroso sbandamento nelle ragazze; infatti i vuoti creati dall’allontanamento progressivo delle imposizioni ed iniziative globali autoritarie (o che potessero apparire tali), non vengono riempiti dalla creazione di centri di forti interessi intorno ai quali polarizzare l’attenzione delle ragazze. Esse diventano così sempre più insofferenti all’osservanza di ogni norma, pur necessaria come metodo di lavoro in una scuola così numerosa, equivocandosi terribilmente nel concetto di libertà. Contemporaneamente nascono reazioni violente in certe educatrici che reclamano a gran voce “l’ordine e la legalità”, come obiettivi in sé e per se.

B) Formazione religiosa: Quanto all’obiettivo specifico della “scuola cristiana”, è lecito chiedersi se è almeno giustificata l’esistenza di una scuola che si qualifica come cattolica per la qualità del messaggio evangelico e la vita cristiana che in essa si trasmette, per l’avvio insomma della gioventù che la frequenta ad un cristianesimo maturo e dinamico. La risposta anche in questo punto, appare abbastanza deludente.

B’) Insegnamento religioso: dobbiamo a questo punto premettere che le suore sono libere di cercare e scegliere i sacerdoti o gli insegnanti che credono e ricorrono in Vicariato solo se non hanno trovato altrove. I sacerdoti attualmente incaricati dello insegnamento della religione sono molto differenti quanto a formazione e niente affatto comunicanti; così è impossibile il crearsi di un’anima religiosa comune che non sia quella respirata dalla formazione e dal ritmo creato dalle suore.

C’è un monsignore di 85 anni, per di più completamente sordo, che da anni immemorabili è nell’Istituto e da cui le suore non hanno il coraggio di liberarsi. Il danno che egli provoca è gravissimo specialmente presso le 50 ragazze “interne” che da lui sentono la Messa quotidiana. Poi c’è un sacerdote di media età, di vecchia formazione e anche lui con scarsa possibilità di rispondere alle richieste di ragazze dell’età di 15‑18 anni. Il sacerdote più giovane e moderno si occupa solo delle ragazze dello ultimo anno con poche possibilità perciò di instaurare una nuova corrente in tutto l’Istituto.

B”) Esercizi spirituali: Si svolgono durante i giorni di scuola. Vi partecipa una esigua parte di ragazze; la distanza del luogo e il tipo di casa scelto, infatti, rende gli esercizi abbastanza costosi; e così, purtroppo, anche gli esercizi, oltre le altre iniziative, diventano mezzo di discriminazione. I sacerdoti scelti sono da qualche anno giovani ed aggiornati; essi producono costantemente profonde conversioni (talvolta crisi pseudoreligiose)che non saranno poi sostenute dall’ambiente religioso della scuola, per l’assoluta estraneità del discorsi da essi fatti al modello di vita religiosa familiare e scolastica. Per le ragazze che rimangono a Roma si oscilla tra il farle venire a scuola per un orario ridotto di lezioni e senza interrogazioni o un corso di meditazioni, con il risultato che, nei due casi le ragazze rimangono per lo più a casa.

B’’’) Altre attività religiose: Esse sono tutte slegate povere di motivazione interiore e tradizionali:

+) Messa quotidiana, prima dell’inizio delle lezioni, che, per non essere obbligatoria è praticamente deserta.

+) 1° venerdì del mese: Messa obbligatoria per tutti in quanto celebrata durante le ore di scuola.

+)1° giovedì: Confessioni durante tutta la mattina di scuola, con conseguente baraonda.

+)supplica alla Madonna di Pompei, ancora celebrata come fosse un automatismo.

+) varie feste di Istituto: all’inizio e alla fine dell’anno, per il Santo fondatore, per la Madonna cui l’Istituto s’intitola, ecc. Tali feste vengono celebrate con S. Messa abbinata a spettacolo nel cinema teatro della scuola o a festicciola di altro genere, o a ore di libertà dalla scuola.

+) delle vere ricorrenze liturgiche c’è silenzio intorno agli eventi essenziali del Natole e della Pasqua (ciò è legato al fatto che c’è vacanza in tali’ periodi), mentre si commemorano la maggior parte delle feste alla Vergine, con novene e tridui, ma non obbligatori.

Alla fine di tutto ciò ci si può chiedere: 1) se e come continuare il discorso su questo problema della formazione religiosa della nostra gioventù e soprattutto come coinvolgere nel dialogo e nelle soluzioni concrete i vari Istituti religiosi. 2) quali concretamente potrebbero essere gli atteggiamenti ed eventualmente le iniziative di un insegnante che si trovi in una di queste scuole e che senta le sue responsabilità di uomo e di cristiano!

Una Scuola Che Ripensa Il Suo Ruolo

L’Istituto di cui vi diamo ora notizia fu fondato negli anni 1949‑50, in un quartiere della periferia, come Casa di riposo per Suore anziane e Casa di Noviziato. Su istanza della popolazione costituita in prevalenza da profughi, abitanti in case minime e abusivo, due baracche della zona vennero ‘adibite’ a Scuola Materna ad Elementare, accogliendo un numero sempre crescente di bambini. Con l’aiuto della altre Case della Congregazione, l’Istituto provvide a soddisfare le aumentate esigenze delle famiglie con la costruzione di veri e propri edifici scolastici e con l’apertura di una scuola media parificata.

Essendosi la zona gradualmente modificata, in seguito alla costruzione di numerosi villini, l’Istituto accolse in questi ultimi anni una popolazione scolastica composta in prevalenza da alunni provenienti dalle famiglie benestanti stanziatesi nella zona stessa. La situazione creatasi non soddisfaceva le suore; iniziò un “ripensamento” e da quest’anno si è imboccata una nuova via. Si è ritenuto opportuno qualificare la scuola riducendo il numero degli iscritti da 700 a 550, in vista di un migliore rapporto umano, ma soprattutto limitando le accettazioni alle famiglie componenti il nucleo centrale della zona che di fatto corrisponde alla parte più povera del territorio; ciò è stato fatto con la coscienza di un ritorno allo spirito iniziale della fondazione.

Esaurite le iscrizioni degli alunni abitanti il nucleo centrale, composto in gran parte da poveri, in un secondo tempo si sono accettate le iscrizioni delle famiglie abbienti abitanti l’altra parte del territorio. Questo ultime data la mancanza totale di edifici scolastici del quartiere, si trovano nella necessità di ricorrere all’”unica” scuola a disposizione.

La scuola al mattino è gratuita; lo Stato contribuisce in larga parte essendo la scuola parificata, a ciò che manca si supplisce con l’organizzazione di un doposcuola a pagamento.

Il doposcuola fornisce dei servizi molto qualificati: sport, corsi di musica, applicazioni tecniche, e dispone di istruttori specializzati. L’utile finanziario proveniente da tali attività serve in parte per coprire le spese della scuola del mattino e in parte a permettere ai bambini poveri la partecipazione alle attività del doposcuola che, quindi per questi, e gratuito.

Dati Statistici Sulle Scuole Private A Roma Nel 1965

Non abbiano potuto avere dati più recenti, né dati specifici per le scuole tenute da religiosi. Si può calcolare approssimativamente che la percentuale di alunni delle scuole religiose è di circa 1’80% di quelli che riportiamo.

Ci auguriamo di poter avere in futuro, dagli uffici competenti della diocesi, una più precisa documentazione.

I presenti dati sono tratti dal Bollettino Statistico del Comune di Roma.

SCUOLE M F. MF.

– Scuole materno 14.727 14.606 29.333

+ Scuole elementari 20.486 24.294 44.780

– Scuola Media Inf. 7.266 9.174 16.440

+ Scuola Media Sup. 10.235 3.942 19.177

Totale 52.714 57.016 109.730

Totale generale MF. 427.184 (scuole statali e private)

IL SACRAMENTO _DEL MATRIMONIO A ROMA

Due documenti recenti regolano la preparazione u la celebrazione del matrimonio nella nostra diocesi:

1) “Norme e indicazioni pastorali per la celebrazione dei matrimoni” (=Norme), 4 dicembre 1968 (Riv. dioc. di Roma, 1968 n° 11‑12, p.1156)

2) “Comunicato per l’applicazione delle norme per la celebrazione dei matrimoni” (=Applicazioni), 15 febbraio 1969 (Riv. dioc. di Roma, 1969, n° 3‑4, p. 337)

Ad un anno di distanza dall’entrata in vigore delle nuove norme, tenteremo un qualche bilancio. Prima di iniziare dobbiamo mettere avanti una lunga premessa; ricordiamo anzitutto con i nostri amici alcune caratteristiche delle celebrazioni matrimoniali nella nostra città.

Concentrando l’attenzione sul luogo della celebrazione, diremo cosa nota ricordando come molte chiese di Roma abbiano acquistato la funzione di luogo speciale per matrimoni e a ciò si siano appositamente attrezzate. Che antichi monumenti conservino ancora una funzione reale non può che far piacere; tuttavia la conduzione di detti monumenti è nella mani della chiesa e il loro uso è uso sacramentale. Così abbiamo il dovere di domandarci se tutto si svolge secondo lo Spirito del Vangelo.

Ora sembra, e come vedremo non solo noi, che in tali chiese ed in tutta la prassi nuziale romana si sono verificati non pochi inconvenienti. Sta di fatto che a Roma, entrando subito in argomento, con la celebrazione delle nozze ci si sente in dovere e in diritto di esprimere una collocazione sociale; ciò si ottiene situandosi al livello prescelto (il più alto possibile sborsando quanto è possibile) orientando la scelta in una ben graduata quotazione di chiese, addobbi, colori, e perché no, celebranti (rappresentando in alcuni ambienti, ad es. politici, il celebrante- ‑cardinale la cosa veramente distinta e corrispondente il livello‑capitale-d’italia).

Non è facile dire come si sia creata questa situazione a sostegno della quale si è formata quasi automaticamente una amministrazione ecclesiastica tendente a cristallizzare gli stati di fatto, e a sua volta collegata con interessi commerciali ormai assai rilevanti (fotografi, fiorai, tipografi, ristoranti, addobbatori, musicisti, sacrestani e fermiamoci qui). Una struttura di sostegno, una camicia di forza nella quale il sacramento langue imprigionato. La conclusione è che chi vuol affrontare sul piano della diagnosi, come cura, la situazione dei matrimoni a Roma si trova dinanzi un meccanismo complesso formato da interessi economici, usanze cittadine, realtà sacramentali, situazioni sociali, atteggiamenti psicologici variamente, ma sempre profondamente intricati. Ed abbiamo lasciato da parte le componenti che esprimono

le perplessità concordatarie, la situazioni parareligiose, i silenzi del clero e le restrizioni mentali dei nubendi circa la encicliche e la morale matrimoniale tradizionale.

Questo contesto non è di oggi; esso era già la cornice nella quale si situava la prassi matrimoniale della chiesa locale romana fino al 1968.

Il nostro brevissimo, iniziale studio, che è solo una proposta di riflessione, si articola nei seguenti punti

1) prassi matrimoniale romana recente, fino al 1968.

2) i due documenti del 1968-69

3) situazione dopo i due monumenti

4) radici profonde delle difficoltà in materia di prassi matrimoniale

5) riflessioni

Dagli amici attendiamo sempre benevola indulgenza per la parzialità e la brevità delle res note, e prima di giungere al quinto punto.(“riflessioni”) attendiamo e chiediamo insistentemente che ci inviino riflessioni essi stessi, affinché anche questa volta il nostro lavoro possa offrire il frutto della meditazione di più numerose coscienze.

E cominciamo.

1) Prassi matrimoniale recente nella chiesa romana fino al 1968. La situazione può, assai schematicamente, esser cosi riassunta:

+) preparazione al Sacramento ed ai doveri della famiglia: praticamente nulla.

+) pratica d’ufficio: svolta dal clero parrocchiale in una o due sedute per circa un’ora complessiva.

+) costo della pratica matrimoniale; a).L. 1000/2000 per ogni documento ecclesiastico (battesimo cresima); b) L.1000/2000 alla parrocchia che istruisce la pratica; e) L.1000 al Vicariato (ufficio matrimoni) per l’archiviazione della pratica; d) L. 3000/5000 alla parrocchia nel caso che il matrimonio si celebri fuori della chiesa parrocchiale (circa i tre quarti di tutti i matrimoni celebrati). Questo supplemento di tassa non può avere altra giustificazione che il “lucro cessante”, cioè la perdita di quanto la parrocchia avrebbe guadagnato dalla celebrazione del matrimonio. Infatti:

+) costo della celebrazione del matrimonio: trascurando lodevoli eccezioni, il prezzo si determina puramente secondo le leggi del mercato: le chiese di moda possono salire fino a cento o duecentomila lire; generalmente il prezzo è intorno alle 20/40.000, dovendosi però sempre considerare l’ulteriore spesa per i fiori e per eventuali. altri servizi, (uso del giardino, cantori, ecc.). Queste cifre sono puramente indicative; ognuno troverà nella sua memoria maggiore precisione. E’ sempre prevista (nelle parrocchie) la forma della celebrazione per i poveri con quattro sedie ed una panca. E’ una precauzione formale che non si attua quasi mai (per fortuna), ed è già peccato averla inventata.

+) giudizio dei fedeli (e degli infedeli) che compiono il percorso obbligato: duro e sarcastico come ognuno sa.

+) politica dell’autorità diocesana: il non intervento. La coscienza di pochi nella chiesa parla inutilmente davanti ad una autorità che non ascolta; eppure fa eco al disappunto di molti, che però cercano di dimenticare la brutta esperienza trascorsa. Il mondo ecclesiastico romano non reagisce altro che con qualche lodevole obiezione di coscienza da parte di parroci che celebrano gratuitamente e con rito uguale per tutti. Ne abbiamo individuati alcuni a Tor di Quinto, ad Ostia antica, alla Borghesiana, a Vigna Clara alla Natività di via Gallia.

La critica si coagula fondamentalmente intorno ai seguenti punti: mancanza. di preparazione al matrimonio cristiano, esosità della tassazione, frantumazione della esazione; differenziazione delle celebrazioni a seconda del prezzo. Ci pare di aver dato qualche cenno sulla situazione pre-1968/69 sufficiente per proseguire.

(continua)

Messaggio Del Cardinal Vicario

Nei giorni scorsi il Card. Dell’Acqua ha indirizzato un messaggio all’Azione Cattolica della diocesi di Roma, in occasione di un convegno indetto da quest’ultima per lo studio e l’approfondimento del nuovo statuto dell’Associazione. Nel riportare la parte per noi più interessante del messaggio, vogliamo far notare come in esso si delineino prospettive di impegno che vanno ben oltre le linee del nuovo Statuto dell’ACI, mettendo un chiaro accento sul valore della chiesa locale e sulle vie obbligate per la crescita di tale chiesa.

E’ dovere di tutti i cristiani consapevoli, che si pongano al servizio del Regno, denunciare e impegnarsi a fondo contro ogni forma di menzogna, ovunque essa si nasconda, a cominciare da se stessi e dalla comunità cui si appartiene.

Cosi operando, ciascuno offre il suo apporto alla pastorale della Chiesa di Roma, contribuendo a suscitare il popolo di Dio, partendo dal popolo che vive in questa città. Infatti, la missione della Chiesa non consiste soltanto nel salvare individualmente le anime né nel formare delle piccole comunità ferventi, bensì nel mettersi al servizio della città per “salvarla” dai suoi mali che si chiamano egoismo, vanità, ambizione, demagogia, sperpero, mancanza di iniziativa, miseria… ‘Questo popolo di Dio, governato dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con Lui (LG 8) cammina nella storia della umanità per trasformarla in storia di salvezza, proclamando la morte e la resurrezione del Signore finché Egli venga (cfr. acclamazioni durante la nuova preghiera eucaristica e LG8)’.

L’influsso della Chiusa sulla città si esercita, principalmente, facendo sorgere nel suo seno uomini di buona volontà che si mettono al servizio del bene comune.

E’ questa missione profetica della Chiesa locale che l’ACI è chiamata ad offrire le sue migliori energie ed i suoi servizi apostolici.

Spesso le sofferenze dell’uomo moderno non trovano nessuna eco nelle nostre comunità. Nonostante le insistenti dichiarazioni conciliari sui nuovi rapporti che la Chiesa deve instaurare con il mondo, le comunità cristiane incontrano non poche difficoltà ad entrare nella vita del mondo. Per questa ragione la parola che esse annunciano non è sentita e la loro presenza non viene riconosciuta come il segno di un Regno che vuole prendere contatto con il presente dell’uomo.

Quale risonanza incontrano nelle comunità cristiane i problemi della giustizia, della casa dell’impiego, dei contratti di lavoro, della disoccupazione? Quale attenzione viene fatta alle pesanti conseguenze sociali ed umane provocate dall’immigrazione e dalla emigrazione dei lavoratori? Infine, quale eco trova nel laicato organizzato la protesta, in nome del Vangelo, contro le diverse forme di servitù generato da una società dove sembra prevalere la legge del consumo, del comfort, della abbondanza e dello sperpero?

Lodevoli iniziative nella nostra diocesi sono state promosse per il rinnovamento liturgico e per consentire ai laici di prendere il loro posto nell’ambito delle comunità ecclesiali; ma occorre fare di più affinché queste diventino un “avvenimento”, umile come la croce di Cristo ma sufficientemente eloquente per interessare, la vita degli uomini.