Lettera 51 (Seconda Serie)

Lettera introduttiva

Sinodo è la parola che unifica i testi di questa lettera.

Sinodo, è una parola fondante che significa camminare insieme (dal greco σύν = insieme + ὁδός = cammino).

Come prima lettura proponiamo una breve sintesi degli interventi di un convegno che il giorno 12 aprile 2019 si è tenuto a Padova tra varie Facoltà Teologiche sul tema della SINODALITÀ, cioè “una chiesa di fratelli e sorelle che camminano e decidono insieme”, è “il cammino che Dio si aspetta dalla chiesa del terzo millennio”.

(Per riascoltare il convegno si può chiedere l’audio alla segreteria della Facoltà Teologica del Triveneto).

Ci sono stati interventi che noi consideriamo particolarmente importanti e per questo li vogliamo mettere in luce: con molta chiarezza, infatti, aprono una nuova prospettiva nella vita della Chiesa.

Allora ci chiediamo: quale evangelizzazione è possibile?

All’interno di una parte del clero c’è un grande timore, ci troviamo infatti nel mezzo della “rivoluzione copernicana” della pastorale, perché è necessario cambiare lo sguardo: occorre passare da una pastorale in cui il prete, a causa della sua formazione, si sente responsabile di formare i laici (percepiti come eternamente ignoranti), ad una pastorale in cui il prete è chiamato a cogliere e a far emergere il potenziale di ciascuno – ogni creatura che viene al mondo ha ricevuto da Dio un dono speciale – e farlo dialogare con gli altri doni… È un cambiamento impegnativo, ma qui c’è il grande dispiegarsi del vento nuovo dello Spirito, che nel dialogo moltiplica le energie dei singoli.

È necessario far emergere dal cuore di ogni credente la coscienza della preziosità dei doni del Signore, in modo che nelle proprie famiglie, nei condomini, nei luoghi di lavoro, nelle scuole… si sia capaci di cogliere il positivo di ciascuno insieme ad ogni uomo e donna di buona volontà, sapendo contribuire a rendere più umani i vari contesti, essendo più rispettosi della natura, impegnati con i più poveri a rimuovere le cause di ingiustizia… e, quando anche dovessimo trovarci soli in questa costruzione, saper vedere con gli occhi del Signore, saper distinguere, perseverare…

Forse alcuni, vedendoci al loro fianco, si chiederanno la ragione dei nostri comportamenti.

La Liturgia domenicale, se sarà capace di raccogliere tanta ricchezza e farla interagire, diventerà il luogo della comunicazione, dell’ascolto di Lui e del fratello, di una reale comunione eucaristica.

“Sciogliere le catene inique, rimandare liberi gli oppressi per spezzare ogni giogo.

Dividere il pane con l’affamato introdurre in casa i miseri senza tetto,

vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i propri parenti.”

(Isaia 58, 6-7)

 Tutto questo è un appello a tutti i credenti in mezzo a questa nostra umanità.

Agli interventi del Convegno facciamo seguire una nostra sintesi del documento finale del Sinodo Panamazzonico, che di questa nuova strada può cominciare ad essere un esempio. Infatti nel documento si dice:

“La sinodalità segna uno stile di vivere la comunione e la partecipazione nelle chiese locali che si caratterizza per il rispetto della dignità e dell’uguaglianza di tutti i battezzati e le battezzate, la complementarità dei carismi e dei ministeri, la gioia di riunirsi in assemblea per discernere insieme la voce dello Spirito”.

 […] “Le forme organizzative per l’esercizio della sinodalità possono essere varie. Stabiliscono una sincronia tra la comunione e la partecipazione, tra la corresponsabilità e la ministerialità di tutti, prestando particolare attenzione all’effettiva partecipazione dei laici al discernimento e alla presa di decisioni, rafforzando la partecipazione delle donne”.

Sinodalità: “Una chiesa di fratelli e sorelle che camminano e decidono insieme”

(È il titolo del convegno, che ci aiuta a comprendere che cos’è la sinodalità)

Papa Francesco per i 50 anni del Sinodo dei Vescovi ci ha detto: “Una chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto, ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Il cammino sinodale inizia con l’ascolto del popolo, che pure partecipa della vita profetica della chiesa: ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere trattato”.  (È il principio che ha tenuto presente la chiesa del primo millennio quando le chiese erano ancora unite).

Roberto Tommasi – In una realtà così complessa come quella attuale, solo la sinodalità può  fare emergere la complessità per prendere decisioni comuni, per comprendere ciò che lo Spirito ci chiede.

Piero Coda (dal 2014 membro della Commissione Teologica Internazionale) – Nel convegno spiegava: la sinodalità, cioè la capacità di camminare e decidere insieme, è l’ambiente necessario per favorire la promozione del popolo di Dio e la sua missione.

I preti hanno il compito di favorire l’emergere e l’intrecciarsi dei vari doni, non hanno l’esclusiva dei doni.

Alcuni punti da superare:

– la concentrazione delle responsabilità nei pastori;

– la poca valorizzazione dell’apporto specifico dei fedeli laici e tra essi delle donne.

Occorre una formazione specifica alla sinodalità. Non si può continuare con un clero separato nella sua formazione dalle altre componenti della comunità cristiana, altrimenti la sinodalità rimane un principio astratto. Non è pensabile una conversione dell’agire ecclesiale senza la compartecipazione dell’intero popolo di Dio.

La grave crisi economica e politica richiama all’urgenza, dentro le varie chiese, del dialogo, della partecipazione, dell’incarnazione di tutti. È il momento, non si può più tergiversare.

Tutto il popolo di Dio è chiamato a decifrare ciò che lo Spirito dice alla chiesa. La sinodalità deve essere un modo ordinario di esprimersi e di essere.

Matteo Visioli – Una chiesa sinodale non deve essere un evento, ma un processo permanente. Ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere trattato e approvato.

Un buon sinodo si evidenzia non per le cose finali che vengono dette, ma per l’attivazione del potenziale di tutto il popolo. Un sinodo non funziona se entra nelle nostre chiese, funziona se insieme al documento finale accogliamo lo Spirito con cui si è svolto.

Michele Visentin – Occorre ricordarsi che, quando prendiamo una decisione, cancelliamo una parte importante della realtà. Quando affrontiamo il tema delle decisioni, siamo sottoposti – dentro di noi, spesso senza accorgercene – ad una mano silenziosa, invisibile che decide non più in maniera sinodale, che non tiene più presente tutto ciò che di prezioso è emerso, rischiamo di prendere decisioni non “valide”, ma decisioni che ci fanno “soffrire il meno possibile”, che tendono più che ad armonizzare la complessità, ad escludere ciò che ci crea difficoltà. Imparare a decidere insieme è possibile se c’è una mente capace di accogliere ciò che inceppa, perché a volte ciò che sembra creare solo problemi nuovi, permette di cogliere uno sguardo più ampio e più prezioso. La sinodalità crea turbamenti, ostacoli, regressioni… perché tocca ambiti delicati del nostro profondo. Io imparo quando vado a sbattere in un’aspettativa non soddisfatta, “mi aspettavo un consenso generale, ma ecco elementi nuovi e fondamentali”. Per poter imparare devo entrare in contatto con un problema, mi devo lasciar segnare concretamente dalle situazioni di cui parlo. Si può imparare a decidere solo se ci mettiamo dentro a decisioni da prendere. Nessuno imparerà a decidere, se non attraversando il rischio, le decisioni importanti non sono mai in discesa libera. Occorre innanzi tutto mettere a disposizione le informazioni perché le persone, poi, siano messe in grado di decidere. La mentalità sinodale “libera energie” perché moltiplica le energie dei singoli: nel sinodo non c’è solo la somma dei singoli interventi, ma ogni intervento dovrebbe favorire il dispiegarsi di energie nuove. Occorre che le decisioni siano prese dalle persone che sono più vicine alla realtà su cui decidere. Parliamo a volte dell'”importanza di decidere” più che favorire la decisione. Decidere è possibile, ma crea difficoltà che devono essere affrontate. Quando hai un problema che blocca la decisione, la soluzione spesso è lontana e occorre risalirvi passo dopo passo. È possibile arrivare a decidere, se impariamo a vedere e a rimuovere quelle decisioni che bloccano la decisione finale.

Roberto Mancini – La sinodalità è un dono che va accolto, è trasformazione del potere in servizio. Nella Bibbia il potere ha sempre una valenza negativa, l’autorità è sempre e solo un servizio, se è servizio rende tutti adulti. Se non credo nella relazione confiderò nel potere. Occorre sinodalità non solo dentro la Chiesa, ma anche nel mondo.

Serena Noceti – Dopo aver preso in esame vari documenti del Concilio Vaticano II:

– Lumen gentium 30 (occorre un cooperare concorde, ciascuno a suo modo, ma con il contributo di tutti).

– Lumen gentium 12 (il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità e coll’offrire a Dio un sacrificio di lode).

– Dei Verbum 8 (tutto il popolo di Dio deve essere coinvolto. Un processo corale: Uno, alcuni, tutti.)

– Lumen gentium 48 (permanente divenire: consigliare, consultare, decidere),

sostiene che occorre anzitutto definire l'”oggetto della decisione”. Gli “alcuni” devono promuovere la consultazione di “tutti”. L’apporto dei laici è insostituibile, perché apporta la lettura dei segni dei tempi. Il potere “sano” moltiplica le relazioni, quello “malato” le azzera.

Sintesi del documento finale del sinodo panamazzonico

Introduzione

Il 15 ottobre 2017, Papa Francesco ha convocato un Sinodo Speciale per la regione Panamazzonica, con l’obiettivo di “trovare nuove vie per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta”.

Il Sinodo dell’Amazzonia è stato un grande progetto ecclesiale, civile ed ecologico che ha cercato di superare i confini e ridefinire le linee pastorali, adattandole ai tempi contemporanei. La Panamazzonia è composta da nove paesi: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Suriname, Guyana e Guyana francese. È una regione che è una fonte importante di ossigeno per tutta la terra, dove si trova più di un terzo delle riserve forestali primarie del mondo. È una delle più grandi riserve di biodiversità del pianeta, contiene il 20% di acqua dolce non congelata di tutto il pianeta. La popolazione di questo vasto territorio è di circa 34 milioni di abitanti, di cui oltre tre milioni sono indigeni, appartenenti a più di 390 gruppi etnici. Sono dunque presenti in Amazzonia popoli e culture di ogni tipo (non ultima quella di discendenza africana) che vivono in una relazione vitale con la foresta e le acque dei fiumi.

Da decenni l’Amazzonia e i suoi abitanti subiscono un attacco alle enormi risorse che vi si trovano e corrono il rischio di perdere il patrimonio naturale presente: la deforestazione selvaggia, l’estrazione di petrolio e minerali da parte di multinazionali, la costruzione di dighe per l’energia elettrica che producono danni enormi alle aree circostanti, l’impianto di monocolture che impoveriscono il terreno…

I cosiddetti padri sinodali, cioè i partecipanti ai lavori del Sinodo con diritto di voto, sono stati 184 di cui 113 appartengono alle diocesi in cui sono suddivise le regioni amazzoniche. 13 erano invece i capi dicasteri della Curia Romana. Hanno partecipato ai lavori anche 6 delegati fraterni e 12 invitati speciali. A completare l’elenco 25 esperti, 55 tra uditori e uditrici e 17 rappresentanti di popoli ed etnie indigene.

Proponiamo una sintesi del documento finale del Sinodo, utilizzando parole chiave significative.

L’ascolto

Dopo un lungo cammino sinodale di ascolto del Popolo di Dio nella Chiesa amazzonica […] si è celebrato il Sinodo a Roma con un incontro fraterno di 21 giorni nell’ottobre 2019. Il clima è stato quello di uno scambio aperto, libero e rispettoso dei vescovi pastori dell’Amazzonia, missionari e missionarie, laici, laiche e rappresentanti delle popolazioni indigene dell’Amazzonia. Siamo stati testimoni partecipi di un evento ecclesiale segnato dall’urgenza del tema che richiede l’apertura di nuovi percorsi per la Chiesa nel territorio. Si è condiviso un lavoro serio in un’atmosfera segnata dalla convinzione di ascoltare la voce dello Spirito presente”.

“Il cammino sinodale del Popolo di Dio nella fase preparatoria ha coinvolto tutta la Chiesa del territorio, i Vescovi, i missionari e le missionarie, i membri delle Chiese di altre confessioni cristiane, i laici e le laiche, e molti rappresentanti dei popoli indigeni, attorno al documento preparatorio […]. È emersa l’importanza di ascoltare la voce dell’Amazzonia, mossa dal grande soffio dello Spirito Santo nel grido della terra ferita e dei suoi abitanti. È stata registrata la partecipazione attiva di oltre 87.000 persone, provenienti da città e culture diverse, nonché di numerosi gruppi di altri settori ecclesiali e il contributo di accademici e organizzazioni della società civile sui temi specifici principali”.

“«Cristo indica l’Amazzonia» […]. Egli libera tutti dal peccato e dona la dignità dei Figli di Dio. L’ascolto dell’Amazzonia, nello spirito proprio del discepolo e alla luce della Parola di Dio e della Tradizione, ci porta a una profonda conversione a Cristo e al suo Vangelo dei nostri schemi e strutture”.

[…] “Nella gente dell’Amazzonia troviamo insegnamenti di vita. I popoli originari e quelli che sono arrivati più tardi e hanno forgiato la loro identità nella convivenza, portano valori culturali in cui scopriamo i semi della Parola. Nella giungla, non solo la vegetazione si intreccia in quanto le specie si sostengono l’una con l’altra, ma anche i popoli si relazionano tra loro in una rete di alleanze che porta vantaggio a tutti. La giungla vive di interrelazioni e interdipendenze e questo accade in tutti gli ambiti della vita. Grazie a questo, il fragile equilibrio dell’Amazzonia si è mantenuto per secoli”.

[…] “La ricerca di vita in abbondanza dei popoli indigeni amazzonici si concretizza in quello che essi chiamano «buon vivere» e che si realizza pienamente nelle Beatitudini. Si tratta di vivere in armonia con se stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo, poiché c’è un’intercomunicazione tra tutto il cosmo, dove non ci sono né escludenti né esclusi, e dove possiamo forgiare un progetto di vita piena per tutti. Tale comprensione della vita è caratterizzata dalla connessione e dall’armonia dei rapporti tra acqua, territorio e natura, vita comunitaria e cultura, Dio e le varie forze spirituali. Per essi, «buon vivere» significa comprendere la centralità del carattere relazionale trascendente dell’essere umano e del creato, e implica il «fare bene». Questo modo integrale si esprime in un modo peculiare di organizzarsi che parte dalla famiglia e dalla comunità e abbraccia un uso responsabile di tutti i beni del creato. I popoli indigeni aspirano a ottenere migliori condizioni di vita, soprattutto nel campo della salute e dell’educazione, a godere dello sviluppo sostenibile di cui essi stessi siano protagonisti e che essi stessi possano discernere, uno sviluppo che mantenga l’armonia con i loro modi di vita tradizionali, dialogando tra la saggezza e la tecnologia dei loro antenati e con le nuove forme acquisite”.

[…] “L’Amazzonia oggi è tuttavia una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e violenza. Gli attacchi alla natura hanno conseguenze per la vita dei popoli. Quest’unica crisi socio-ambientale si è riflessa nell’ascolto pre-sinodale che ha evidenziato le seguenti minacce alla vita: appropriazione e privatizzazione di beni naturali, come l’acqua stessa; concessioni legali di legname e l’ingresso di legname illegale; caccia e pesca predatoria; mega-progetti non sostenibili (progetti idroelettrici, concessioni forestali, disboscamento massiccio, monocolture, infrastrutture viarie, infrastrutture idriche, ferrovie, progetti minerari e petroliferi); inquinamento causato dall’industria estrattiva e dalle discariche urbane; e, soprattutto, il cambiamento climatico. Si tratta di minacce reali che producono gravi conseguenze sociali”.

[…] “L’ascolto del grido della terra e del grido dei poveri e dei popoli dell’Amazzonia con cui camminiamo ci chiama a una vera conversione integrale, con una vita semplice e sobria, il tutto alimentato da una spiritualità mistica nello stile di San Francesco d’Assisi, esempio di conversione integrale vissuta con letizia e gioia cristiana […]. Una lettura orante della Parola di Dio ci aiuterà ad approfondire e a scoprire i gemiti dello Spirito e ci incoraggerà nel nostro impegno a prenderci cura della «casa comune»”.

Cammini di conversione

[…] “La difesa della vita dell’Amazzonia e dei suoi popoli richiede una profonda conversione personale, sociale e strutturale. La Chiesa è inclusa in questa chiamata a disimparare, imparare e reimparare per superare così ogni tendenza ad assumere modelli colonizzatori che hanno causato danni in passato”.

Una Chiesa in uscita

[…] “Le comunità ecclesiali di base sono state e sono un dono di Dio alle Chiese locali dell’Amazzonia […] la grande maggioranza rimane perseverante e costituisce il fondamento pastorale di molte parrocchie. Oggi i grandi pericoli delle comunità ecclesiali derivano principalmente dal secolarismo, dall’individualismo, dalla mancanza di una dimensione sociale e dall’assenza di attività missionaria. Pertanto, è necessario che i pastori incoraggino tutti e ciascuno dei fedeli al discepolato missionario. La comunità ecclesiale dovrà essere presente negli spazi di partecipazione alle politiche pubbliche dove si articolano azioni per rivitalizzare la cultura, la convivenza, il tempo libero e la celebrazione. Dobbiamo lottare affinché alle «favelas» e alle «villas miseria» siano garantiti i diritti fondamentali di base: acqua, energia, abitazione e promozione di una cittadinanza ecologica integrale. Occorre istituire il ministero dell’accoglienza nelle comunità urbane dell’Amazzonia per una solidarietà fraterna con i migranti, i rifugiati, i senzatetto e le persone che hanno lasciato le zone rurali”.

[…] “Per i cristiani, l’interesse e la preoccupazione per la promozione e il rispetto dei diritti umani, sia individuali che collettivi, non è facoltativo. L’essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio Creatore e la sua dignità è inviolabile. Ecco perché la difesa e la promozione dei diritti umani non è solo un dovere politico o un compito sociale, ma anche e soprattutto un’esigenza di fede”.

Una Chiesa dal volto amazzonico

Siamo tutti invitati ad avvicinarci ai popoli amazzonici su un piano di parità, rispettando la loro storia, le loro culture, il loro stile di «buon vivere» […]. Il colonialismo è l’imposizione di certi modi di vita di alcuni popoli su altri, siano a livello economico, culturale o religioso. Rifiutiamo un’evangelizzazione in stile colonialista. Annunciare la Buona Notizia di Gesù significa riconoscere i germi della Parola già presenti nelle culture. L’evangelizzazione che oggi proponiamo per l’Amazzonia è l’annuncio inculturato che genera processi di interculturalità, processi che promuovono la vita della Chiesa con un’identità e un volto amazzonico”.

[…] “Per offrire ai futuri presbiteri delle chiese in Amazzonia una formazione dal volto amazzonico, inserita e adatta alla realtà, contestualizzata e capace di rispondere alle numerose sfide pastorali e missionarie, proponiamo un piano formativo in linea con le sfide delle chiese locali e della realtà amazzonica. […] I centri di formazione alla vita sacerdotale e consacrata devono inserirsi, preferibilmente, nella realtà amazzonica, al fine di favorire il contatto del giovane amazzonico in formazione con la sua realtà, mentre si prepara alla sua futura missione, garantendo così che il processo di formazione non si allontani dal contenuto vitale delle persone e della loro cultura”.

Una Chiesa sinodale

Per camminare uniti la Chiesa ha bisogno di una conversione sinodale, sinodalità del Popolo di Dio sotto la guida dello Spirito in Amazzonia”.

[…] “La sinodalità è il modo di essere della Chiesa primitiva […] e deve essere il nostro […] La sinodalità caratterizza anche la Chiesa del Concilio Vaticano II, intesa come Popolo di Dio, nell’eguaglianza e nella comune dignità di fronte alla diversità dei ministeri, carismi e servizi. […] Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice, cioè nel coinvolgimento e nella partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione della Chiesa”.

[…] “La sinodalità segna uno stile di vivere la comunione e la partecipazione nelle chiese locali che si caratterizza per il rispetto della dignità e dell’uguaglianza di tutti i battezzati e le battezzate, la complementarità dei carismi e dei ministeri, la gioia di riunirsi in assemblea per discernere insieme la voce dello Spirito”.

[…] “Le forme organizzative per l’esercizio della sinodalità possono essere varie. Stabiliscono una sincronia tra la comunione e la partecipazione, tra la corresponsabilità e la ministerialità di tutti, prestando particolare attenzione all’effettiva partecipazione dei laici al discernimento e alla presa di decisioni, rafforzando la partecipazione delle donne”.

 Le donne nella Chiesa

[…] “Nei nuovi contesti di evangelizzazione e di pastorale in Amazzonia, dove la maggior parte delle comunità cattoliche sono guidate da donne, chiediamo che venga creato il ministero istituito di «donna dirigente di comunità», dando a esso un riconoscimento, nel servizio delle mutevoli esigenze di evangelizzazione e di attenzione alle comunità”.

[…] “Nelle numerose consultazioni che si sono svolte in Amazzonia, è stato riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale delle religiose e delle laiche nella Chiesa amazzonica e nelle sue comunità, visti i molteplici servizi che offrono. In molte di queste consultazioni è stato sollecitato il diaconato permanente per le donne”.

 L’Eucaristia fonte e culmine della comunione sinodale

“La vita sacramentale è l’integrazione delle varie dimensioni della vita umana nel mistero pasquale, che ci rafforza. Per questo motivo le comunità vive reclamano veramente la celebrazione dell’Eucaristia. Essa è, senza dubbio, il punto di arrivo (culmine e consumazione) della comunità; ma è, allo stesso tempo, il punto di partenza: di incontro, di riconciliazione, di apprendimento e catechesi, di crescita comunitaria.

Molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucaristia. A volte ci vogliono non solo mesi, ma anche diversi anni prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l’Eucaristia, offrire il sacramento della Riconciliazione o ungere i malati nella comunità. Apprezziamo il celibato come dono di Dio (Sacerdotalis Caelibatus, 1) nella misura in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Popolo santo di Dio. Esso stimola la carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il sacerdozio celibe. Sappiamo che questa disciplina «non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio … anche se possiede molteplici ragioni di convenienza» con esso (PO 16)”.

“Considerando che la legittima diversità non nuoce alla comunione e all’unità della Chiesa, ma la manifesta e la serve, come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, nel quadro della Lumen Gentium , per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all’argomento”.

Riti amazzonici

“Il Concilio Vaticano II ha aperto spazi per il pluralismo liturgico «per le legittime diversità e i legittimi adattamenti ai vari gruppi, regioni, popoli». In questo senso, la liturgia deve rispondere alla cultura perché sia fonte e culmine della vita cristiana e perché si senta legata alle sofferenze e alle gioie del popolo. Dobbiamo dare una risposta autenticamente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includono la dimensione trascendente, comunitaria ed ecologica”.

(le sottolineature in neretto sono del gruppo La Tenda)