Lettera 41 (Seconda Serie)

Un’immagine dal passato ci serve ad introdurre l’invito al prossimo incontro de “La Tenda”. Un’immagine che non ha bisogno né di commenti né di spiegazioni. Anche in un perido in cui pare che la Chiesa Cattolica stia faticosamente imboccando un sentiero più vicino al Vangelo, dobbiamo ricordarci che la sua gestione del “senso del sacro” ha una lunga storia di costruzione e di sostegno del potere politico, di qualunque colore purchè si impegnasse a conservarne i privilegi.

Non è nelle nostre intenzioni sminuire o peggio disprezzare il senso del sacro, in questa lettera Lorenzo scrive che: “Il SACRO è l’ambito di ciò che di più prezioso c’è nella nostra vita e che è per tutti e che va oltre il visibile. Nell’ambito del sacro ci sono i primi germogli intorno agli interrogativi della vita: nascita, malattia, morte…”, quello che intendiamo approfondire è la gestione del sacro da parte dell’autorità religiosa e civile e la sua confusione con la fede cristiana infatti: “Nell’ambito della FEDE CRISTIANA viene offerto un messaggio di liberazione che proviene dal Cristo in croce. La fede è sentire il Signore che ci cammina accanto, in uno scambio d’amore capace di favorire la ricerca con gli ultimi, con tutti, ma a partire dagli impoveriti di mezzi fondamentali e della libertà: siano essi giovani, anziani, migranti, malati terminali…. senza temere il silenzio di fronte al Mistero ma nella gioia che va al di là delle sconfitte.”

Come è nella nostra abitudine non ci fermeremo ad esaminare le criticità nella gestione del sacro ma cercheremo di incontrare i tanti segni di speranza presenti nella società e nella Chiesa.

Ci aiuterà Ghislain Lafont che tante altre volte ha guidato la nostra riflessione e anche questa volta ha accettato di venirci a trovare.

L’incontro con Padre Ghislain Lafont dal tema

“Fede cristiana e gestione del sacro”

si terrà a Roma, il 29 aprile 2017, dalle 9,30 alle 17 presso la Cappella di S. Maria Maddalena agli Arcacci, Via Trinitapoli 88 (Torre Angela)

Si arriva alla Cappella S. Maria Maddalena agli Arcacci a Torre Angela :

– in macchina: uscita 17 G.R.A. (seguire 1° deviazione a destra per Torre Angela che porta a Via di Torrenova da lì prendere la seconda a destra, Via Bitonto, e poi Via Trinitapoli è la 6° traversa a destra, parcheggio interno)

in autobus: o lo 053 dalla stazione Metro C di Grotta Celoni scendere fermata Trinitapoli o lo 056 dalla Stazione della Metro C Torrenova direzione Torre Angela scendere fermata Torrenova-Bitonto (dalla stazione Termini per arrivare alla metro C prendere il 105 fino a Parco di Centocelle)

Tel. Lorenzo D’Amico 06-2009085; Chiara Flamini 340-3837971 e-mail: gruppolatenda@gmail.com

Sommario della 41° lettera:

Fede (cristiana) e senso del sacro, interventi di: Lorenzo D’Amico, Francesco Cagnetti, Gianfranco Solinas, Antonella Soressi, Micaela Soressi, Chiara Flamini

Un esempio di spartizione del sacro: la mistica fascista

FEDE (CRISTIANA) e senso del SACRO (1)

1 Novembre 2016

Nel 1979 a New York venne ucciso il boss della mafia locale Carmine Galante, fu massacrato dentro un ristorante. La famiglia chiese i funerali religiosi nella parrocchia di residenza; il cardinale dopo essersi radunato con il clero locale, pose il veto: “sarebbe un grave scandalo dare la benedizione e celebrare la messa, per un uomo che ha vissuto generando odio e violenze di ogni tipo”.

– Quale problema si pone dietro questo fatto di cronaca?

La famiglia ha tutti i diritti a celebrare il funerale di un famigliare; può farlo in una comunità cristiana in cui il primo e unico comando è l’amore di Dio e del  prossimo?

1 – Chiarire La Differenza

 

– Il SACRO è l’ambito di ciò che di più prezioso c’è nella nostra vita e che è per tutti e che va oltre il visibile. Nell’ambito del sacro ci sono i primi germogli intorno agli interrogativi della vita: nascita, malattia, morte…

– Nell’ambito della FEDE CRISTIANA viene offerto un messaggio di liberazione che proviene dal Cristo in croce.

La fede è sentire il Signore che ci cammina accanto, in uno scambio d’amore capace di favorire la ricerca con gli ultimi, con tutti, ma a partire dagli impoveriti di mezzi fondamentali e della libertà: siano essi giovani, anziani, migranti, malati terminali…. senza temere il silenzio di fronte al Mistero e nella gioia che va al di là delle sconfitte.

2 – Lo Stato Di Fronte

  • al sacro
  • alle religioni
  • alle fedi

In una società totalmente fondata sull’economia, è necessario porsi di nuovo davanti ai grandi interrogativi della vita; non tutto può essere riducibile alla ragione e ancor meno all’economia; la presenza di nuovi migranti può aiutarci a riinterrogarci intorno al Sacro e alla Fede.

Tra i vari popoli abbiamo avuto ed abbiamo i due estremi:

  • da una parte uno Stato che estromette la “religione”, la nega;
  • dall’altra uno Stato che appalta ad una religione le risposte esistenziali della vita.

Può uno Stato non avere un’etica? Il divorzio, l’aborto, le spose bambine, la poligamia… non sono ambiti in cui uno Stato deve legiferare?

Questi non sono ambiti religiosi, ma umani. Ma al tempo stesso uno Stato non deve difendere le singole libertà religiose o umane?

Uno Stato secolarizzato non è uno Stato che ha azzerato le Fedi: non dovrebbe cogliere ed accogliere ciò che le varie “coscienze” e “fedi” vivono di essenziale e legiferare per una società multiculturale?

Uno Stato piuttosto che favorire questo o quell’ambito, dovrebbe favorire un terreno comune tra le fedi e di conseguenza le leggi, avendo una validità obbligante per tutti, non possono basarsi su credenze che valgono solo per alcuni. Lo Stato non dovrebbe progettare un’istruzione religiosa nelle scuole per tutti, ma di tutte le religioni, che favorisca un superamento di pregiudizi e di contrapposizione tra le religioni? Sarebbero necessari insegnanti che provenissero da un corso di laurea in antropologia delle religioni, capaci di favorire la multiculturalità.

Sempre più abbiamo davanti agli occhi Stati strozzati dalle leggi di mercato, succubi delle multinazionali, incapaci di ricevere ossigeno dai singoli cittadini e di dare ossigeno.

La delega in bianco a questa o quella religione, spoglia ulteriormente il cuore dello Stato e sposando una religione finisce col favorire una identità nazionale, ma si contrappone a tutte le minoranze: vedi il divieto di costruzione delle moschee, il divieto del velo… I referendum pro o contro la costruzione di una moschea non violano un principio fondamentale della nostra Costituzione, che ci impegna a rimuovere gli ostacoli posti alla libertà religiosa? L’articolo 3 della Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese“.

Uno Stato libero e liberante deve fare interagire le diverse potenzialità, ma sapendo ripartire dai più poveri e dai più deboli.

3 – Il Credente Di Fronte

  • AL SACRO (comune ad ogni essere vivente)
  • ALLA FEDE (propria dei credenti)

Un cardinale di Parigi diceva: “ci sono persone così legate alla tradizione, che non vorrebbero neanche  rimuovere le ragnatele da una cattedrale”.

I gesti rituali non hanno vita in sé , ma diventano vitali se attivano uno scambio: con il Signore, tra i fratelli, con l’umanità, che è fuori con il creato, con la parte più profonda che è in noi… con un sano equilibrio tra silenzio e parola, tra ascolto e invocazione… senza andare alla ricerca di “effetti speciali”. La liturgia è dono e relazione, celebrazione che dischiude l’amore della comunità e nel mondo.

Dobbiamo interrogarci con tutte le persone di buona volontà, su ciò che è realmente decisivo e far emergere la parte più profonda. Interroghiamoci: il mistero fa ancora parte della nostra vita? Si è passati da un tempo in cui tutto era avvolto nel Mistero, al giorno di oggi in cui tutto è spiegabile e sotto il nostro dominio?

Di fronte al perché si nasce, perché ci si ammala, perché si muore… ci interroghiamo ancora, ci poniamo ancora di fronte al Mistero? Alcuni eventi ci costringono a interrogarci e in alcuni casi sprofondiamo in un’amarezza cupa, in altri c’è il lento disvelarsi di una nuova speranza. Certamente è meno misterioso aiutare il fratello che ci è accanto che parlare di Dio; ad esempio, l’esperienza che facciamo di Dio durante la Messa domenicale può prescindere da un esperienza di dialogo–comunione, dentro e fuori la comunità?

La concretezza della condivisione, dischiude l’amore tra persone di diversa condizione sociale, umana e di fede e ci aiuta a percepire e vivere con serenità nel Mistero.

Quale contributo, sulla via del Mistero, percepiamo nella condivisione dentro e oltre le nostre famiglie e popoli?

4 – Secolarizzazione E Fede

 

o anche Scienza e Fede o anche Scienza e Mistero o anche Ragione e Fede

Usando un paradosso: Costantino ha riempito la Chiesa di privilegi, togliendole la sua forza, la rivoluzione francese invece le ha tolto i suoi privilegi e possiamo ritrovare la forza della Fede.

La vita di Gesù ha potuto cogliere ciò che di essenziale c’è in ogni donna e uomo al di là dell’appartenenza ad un popolo, ad una cultura o fede, ma un essenziale che cambia profondamente le relazioni.

In alcuni casi la secolarizzazione non è stata e non è un tentativo di liberarsi del Divino per emanciparsi? Non ha avuto una valenza positiva cancellando vecchie credenze, superstizioni, rituali ed imponendo interrogativi salutari per le religioni? Non sono state certe domande poste da non credenti a far comprendere e prendere posizioni contro il fatalismo? Le religioni sono state e in alcune parti del mondo sono responsabili della “copertura” teologica di tante ingiustizie: vedi la ricchezza e la povertà intese come doni o punizioni di Dio. La lotta tra secolarizzazione e religione è stata una lotta senza esclusione di colpi perché ognuno voleva l’esclusiva sul mondo. Forse con più chiarezza si apre un futuro in cui i due ambiti interagiscono, perché due “occhi” permettono di cogliere la profondità di campo. Quanto il dialogo interreligioso, direi oggi in particolare col mondo islamico, può aiutare? Un dialogo capace di ripartire con i nostri compagni di lavoro, i vicini di casa…. Sarebbe la morte dello scambio se si dessero sempre le stesse risposte a quesiti nuovi; ma questo è vero anche nello scambio tra Fede e Scienza, tra Scienza e Mistero, tra Ragione e Fede…

Un tempo c’era e c’è una contrapposizione, oggi è necessaria una distinzione ma in un progetto comune.

5 – Fede E Politica (Ecologia, Bioetica, Economia…)

 

Nelle varie religioni non si cerca spesso solo un’appartenenza che salvi dall’isolamento?

Vedi ad esempio ciò che accade a molti migranti che diventano improvvisamente “fedeli” in terra straniera. L’Islam rappresenta un unità ideologica religiosa capace di opporsi, nelle aspettative di molti migranti, alla violenza della globalizzazione. Quale cammino di fede viene proposto? Spesso nessuno, invece numerose sono le pratiche e le feste religiose, in genere vissute in contrapposizione agli usi locali, per trovare o ritrovare la propria identità o appartenenza.

La chiarezza che ci appare quando parliamo del mondo islamico (e qui mi riferisco alla scelta di non proporre un cammino di fede, ma appartenenze e identità religiose) può aiutarci a leggere tante deviazioni nel mondo cristiano.

Non occorre un nuovo modo di ascoltare con curiosità, interesse e rispetto, nella convinzione che ogni essere umano è portatore di valori unici?

Le religioni non devono avere un loro potere politico, saranno come singoli cittadini capaci di un confronto-impegno politico.

Come contribuire, per quello che ci è possibile, ad uno Stato capace di far interagire fede, cultura, scienza, sacro…?

La fede, che interagisce con la ragione, trova nell’agone politico un luogo importante di confronto e di crescita (v. ad esempio nei campi dell’ecologia, della bioetica, dell’economia…)

La fede va intesa anche come risveglio di responsabilità e convivialità con tutti a partire dagli ultimi.

6 – Quali Segni Di Speranza?

 

La caduta di vecchie contrapposizioni, non favorisce la collaborazione intorno a temi fondanti di persone di diverse culture e fedi?

È sempre più evidente che una società multiculturale non deve assolutamente azzerare le diversità ma valorizzarle come in un’orchestra. Un compito prezioso per una comunità di credenti è il far crescere le coscienze; sì, le coscienze sono il vero luogo teologico in cui lo Spirito dischiude il cammino della vita.

Come aiutare a trovare una propria identità nel paese dove si emigra? Come favorire un’interazione tra culture e fedi nel nuovo paese?

Lorenzo D’Amico

 

L’Etica Dello Stato…Un Tema Infinito

 

23 novembre 2016

Data la complessità del problema, si è costretti ad affrontarlo senza affermazioni perentorie, mediante approcci da varie prospettive.

Prima di tutto è chiaro che ogni Stato legifera sulla base di un’etica. Ed è chiaro che all’interno di ogni singolo Stato, l’etica che sta alla base delle sue leggi evolve con l’evoluzione della società (e viceversa).

Esempi: il voto alle donne, l’aborto, il divorzio, i matrimoni tra omosessuali.

In Italia l’etica dello Stato è stata a lungo condizionata dall’etica della Chiesa cattolica.

In Francia l’etica dello Stato si ispira ai principi laici della rivoluzione del 1789.

In Arabia Saudita le leggi si ispirano alla versione wahabita dell’Islam.

C’è quindi, storicamente e attualmente, un rapporto stretto, di influenza o di esclusione, tra religione e etica dello Stato.

Che cosa determina l’evoluzione dell’etica dello Stato? Certamente dei fattori esterni allo Stato stesso: in Italia la Resistenza, la caduta del fascismo; la secolarizzazione dei costumi;

la promozione della donna nella vita sociale, politica e del lavoro; ecc.

In questa evoluzione sembra affermarsi un’etica che si limiti a legiferare sulle condizioni indispensabili per l’esistenza e lo sviluppo della società: tutela dei beni, della vita, promozione dello sviluppo in tutti i campi, libertà di espressione, religiosa, d’iniziativa economica, sociale e politica, ecc.

Tra queste condizioni non riesco ad inserire la gestione del sacro, né diretta né delegata: perché mai lo Stato dovrebbe occuparsene? Non è esso che delega alla Chiesa la gestione del sacro, è la Chiesa che l’assume in tempi in cui cala la pratica religiosa: nel migliore dei casi è come una ciambella di salvataggio per non perdere il contatto con la gente; nel peggiore è un espediente per esercitare il suo potere.

Io non vedo proprio perché lo Stato dovrebbe assumersi la gestione del sacro. Chi ha bisogno del sacro se lo crei, come negli Stati Uniti. Lasciamolo all’iniziativa privata.

Se il bisogno del sacro è una realtà diffusa, troverà senz’altro le sue vie per affermarsi.

Altro è il discorso riguardo alla gestione del sacro nella Chiesa. Ho l’impressione che tra qualche generazione il problema non si porrà più: aumentano di anno in anno le coppie di fatto, le unioni civili; forse rimarranno gli omosessuali cristiani a volersi sposare in chiesa.

Ma questo è un altro discorso: c’è da parte loro l’esigenza di ottenere il riconoscimento da parte della Chiesa.

Francesco Cagnetti

 

Fede (Cristiana) E Senso Del Sacro.

 

1 dicembre 2016

L’articolata e stimolante riflessione di Lorenzo sollecita il contributo di tutti noi. Provo a dire qualcosa anch’io, sul versante dei cammini di fede.

Lascio da parte la questione complessa della gestione del sacro da parte dello Stato, ritrovandomi con le considerazioni di Francesco. Vedo con interesse il fatto che lo Stato si impegni a favorire, in vari ambiti, un terreno comune tra le fedi, con ricadute sulla legislazione, come suggerisce Lorenzo.

È ormai urgente in Italia una seria riforma dell’istruzione religiosa per tutti. È un terreno questo che potrebbe vedere più impegnati ecumenicamente nei confronti dello Stato coloro che vivono un cammino di fede, nelle diverse confessioni presenti nel nostro Paese.

Per il resto ritengo che gli Enti locali potrebbero cominciare a sperimentare l’offerta di spazi polivalenti per funerali, per celebrazioni di riti familiari, ecc. Fu molto opportuna, in questo senso, la sollecitazione di molti anni fa da parte di un gruppo di parroci romani, rivolta al Comune, perché offrisse una cornice più dignitosa alla celebrazione dei matrimoni civili.

Vengo ora alla questione che appassionò molto Nicola: quella del ritorno della comunità cristiana alla sua fondamentale natura di assemblea di persone che vivono la fede nel Signore.

La questione che si pone è quella del superamento della configurazione della parrocchia come agenzia di servizi religiosi (negata solitamente dai documenti ufficiali ma di fatto largamente praticata). L’unica strada autentica passa per assemblee eucaristiche numericamente compatibili col l’esercizio di un discernimento comunitario, esigito dall’ascolto della Parola.

È questa una strada assai difficile da praticare, vista la resistenza di molti pastori e di molti praticanti ad abbandonare un impianto fondato sulla sacramentalizzazione di massa e sull’adagiamento della Chiesa alla gestione di fatto della delega del sacro naturale.

Anche laddove (come a Torre Angela, Roma) si è sperimentato un inizio di “decentramento” della celebrazione eucaristica in più luoghi a bassa intensità numerica, le resistenze opposte sono risultate molto forti.

D’altra parte l’orientamento della CEI verso la “provvista” di luoghi di culto di vaste dimensioni per i nuovi insediamenti urbani fa capire dove batte il cuore dell’istituzione ecclesiastica.

Il nodo cruciale irrisolto continua ad essere quello del presbiterato. Il rifarsi alla corretta tradizione spingerebbe a ridare valore al ruolo corretto dei presbiteri, a quelle persone cioè che le Assemblee eucaristiche individuavano nel loro seno per la presidenza, a motivo della loro fedeltà alla Parola del Signore nel vissuto quotidiano (famiglia, esercizio della fraternità, ecc.), con successiva imposizione della mani da parte degli episcopi. Ma alla tradizione spesso ci si rifà quando fa comodo agli addetti ai lavori. Purtroppo l’inerzia plurisecolare, alimentata dalla delega alla gestione del sacro naturale, conferma la linea della formazione in seminario di ragazzi da avviare all’esercizio di una “professione mutilante” (per dirla con Ivan Illich), cioè espropriante dei carismi dei battezzati. Giustamente Ghislain Lafont individua come passaggio cruciale per la vita delle comunità cristiane l’ordinazione di adulti nella fede, coniugati per giunta, col coerente corollario dell’abolizione dei seminari.

Ma qui il serpente si morde la coda. L’ordinazione di costoro presuppone l’esistenza di Eucaristie domenicali che rendano possibile un’esperienza di comunità, per dirla con Lorenzo. Diversamente l’istituzione finirebbe per cooptare dei “vice – preti” per il disbrigo di mansioni scomode per il clero tradizionale e la scelta dall’alto cadrebbe facilmente sulle figure più accomodanti. Il risultato, in questo caso, andrebbe a supportare il modello tradizionale di parrocchia che gestisce servizi, rafforzando paradossalmente l’assunzione della delega del sacro.

Sembra assai più convincente un percorso nel basso che vede impegnati battezzati (laici e preti) a portare avanti incontri di respiro comunitario in cui ci si prende cura del cammino di fede di piccoli gruppi di cristiani. In questo senso è assai stimolante l’esemplificazione fatta da Lorenzo, quando accenna ad alcune realtà di crescita cristiana. Altrettanto preziosi risultano quei cammini che promuovono una società civile più matura e inclusiva e che rendono possibile l’interazione tra persone di diverse fedi e culture. L’incoraggiamento di Papa Francesco in queste direzioni sollecita un risveglio e un’assunzione di responsabilità decisamente più diffusi del passato.

È arrivato il momento di prendere coscienza del fatto che lo Spirito, in questo momento, sospinge ed aiuta coloro che sono autenticamente in ascolto dell’Evangelo perché colgano le grandi opportunità che nascono su terreni cosparsi dalle rovine prodotte dalla troppo prolungata mortificazione di autentici cammini comunitari, nella Chiesa e nella società civile.

Gianfranco Solinas

 

Dicembre 2016

C’è una strettoia in cui sembra siamo intrappolati…

Da una parte la narcotizzazione delle coscienze a causa della vita frenetica, dei network che generano dipendenze, degli slogans. La vita vissuta di corsa, consumando beni materiali ed emozioni.

Dall’altra parte una religione (cristiana, musulmana…) che non aiuta le coscienze ad avere una libertà di riflessione e di pensiero, ma narcotizza con pratiche consolatorie (v. messe in suffragio…) o con risposte preconfezionate al Mistero della vita o con riti che placano gli interrogativi, li soffocano anziché farli emergere.

Ma poi c’è la vita che irrompe e che , con i suoi eventi, suscita domande, genera cammini di ricerca.

Come essere attenti a queste domande che le persone esprimono nei momenti cruciali della loro vita, quando tutto sembra rimesso in discussione, quando saltano le dipendenze che rassicurano? Come accompagnare cammini di ricerca di senso, se non si è attenti a sfuggire alle due grandi tentazioni di narcotizzazione, di falso benessere? Soprattutto, come farlo se non si curano spazi di silenzio, di riflessione personale e comunitaria a vari livelli: religioso, civile…?

Chiara Flamini

Pensieri sul Sacro

9 gennaio 2017

– Da quando Dio ha creato il mondo siamo immersi nel sacro (T. De Chardin), non ne dobbiamo costruire uno artificiale. Ancora di più, da quando Gesù è venuto sulla terra.

Si è immerso nel Giordano, santificando l’acqua: “sale dalle acque e porta con sé in alto tutto il cosmo” (dai Discorsi di San Gregorio Nazianzeno – Ufficio delle Letture – Battesimo del Signore); ha offerto il Pane e il Calice nel contesto di una cena rituale ma famigliare, come nella condivisione del cibo dei primi cristiani; ha sparso il suo sangue sul terreno dove è rimasto per un’Alleanza perenne; sulla croce ha emesso lo Spirito nell’aria, in un contesto umanamente desacralizzato; ha riempito di fiammelle il cenacolo, una comune sala da pranzo.

Gesù ha parlato del culto in Spirito e ha condannato i rituali di purificazione solo esteriori. L’esteriore va a discapito dell’interiorità, distrae e monopolizza, porta anche al consumismo. Culto in Spirito, col nostro spirito nello Spirito (Gv 4,23). In Lui “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28), siamo impastati di Universo, insufflati da Dio (cfr Gen 2,7) fino all’ultimo stadio dell’evoluzione umana, nel Cristo risorto.

Gesù ha dato una testimonianza di vita senza recinti “sacri”, scacciando dall’inizio la tentazione diabolica del potere, della ricchezza e della magia (cfr Mt 4), in umiltà e condivisione con gli apostoli, persone “umili”. Nel Discorso della montagna afferma: “beati i poveri” (cfr Mt 5,2) fino allo spirito oltre che realmente.

Il Vangelo ci mostra chiaramente quanto fosse lontano Gesù dalla sacralità formale di allora e di oggi.

Non osservava il sabato, si contaminava coi lebbrosi, le donne – anche le impure – e i peccatori. Rimproverava i farisei, sepolcri imbiancati dell’osservanza.

Non si distingueva nell’abbigliamento e nella vita (cfr Lettera a Diogneto). Non aveva abitazioni lussuose, nemmeno un luogo per posare il capo, né mezzi di trasporto, solo una volta un somarello preso in prestito.

Non istruiva i discepoli su testi dotti, la sua era una scuola di vita: “Non ci sono molti sapienti tra voi” (cfr I Cor 1-3).

Il primo comandamento è “amerai…” (Mt 22, 37-39. Gv 15,17. Gal 5,14), non molteplici obblighi e precetti che gravano e non sono generalmente osservati, ma “perfetti nell’Amore come il Padre” (Mt 5, 48) come Gesù sulla croce.

Parlava alle folle sui prati, per strada, non in edifici enormi e costosi anche da mantenere: “non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo” (At 17,24). Siamo noi le “pietre vive” (1 Pt 2, 5). Non fatevi chiamare maestri… (Mt 23, 10-12). Paolo diceva di lavorare (Tes 2, 3) [cfr Antologia de La Tenda pag. 361].

E MO’? … è tutto terribilmente distante, scandalosamente diverso.

I tanti interrogativi sul Sacro non hanno risposte teoriche ne La Tenda. Si invita a trovare le soluzioni nella vita delle Parrocchie.

Pensando all’esperienza della parrocchia di San Vincenzo guidata da don Nicola Barra trovo che la semplicità era un aiuto per l’autenticità e la profondità della fede.

Il nome collaboratori (vedi Paolo), scelto dal parroco, dava dignità a chi svolgeva il compito di catechista, guida della Messa, ministro dell’Eucarestia, missionario nel quartiere, a chi si prendeva cura dei bisogni materiali dei fratelli in difficoltà economica e dei malati, a chi guidava le preghiere nelle palazzine, a chi ospitava la catechesi di Prima Comunione nella propria casa per i bambini del vicinato, a chi accompagnava i ragazzi nei ritiri, campi-scuola, visite di formazione, nel dopo-comunione e nel dopo-cresima. Non persone agiate e di grande cultura, ma con fede profonda e serio impegno. Le riunioni mensili in parrocchia si chiamavano “riunioni dei collaboratori” e don Nicola ci chiedeva il parere sui vari argomenti prima di prendere le decisioni.

L’assemblea di Pentecoste annuale era aperta a tutti. Nessuno si sentiva superiore, tutti svolgevano semplicemente un “servizio” (naturalmente senza corrispettivi economici). Ma tutti “stirpe eletta, sacerdozio regale” (1 Pt 2,9). Chi è alla guida non esercita un potere, ma svolge un servizio, ha solo una responsabilità in più (lavanda dei piedi, Gv 13).

La modestia del luogo di culto in locali destinati a negozi e lo spazio limitato rendevano la partecipazione alle celebrazioni più intensa e corale, la preghiera dei fedeli semplice e spontanea: stavamo in casa con Gesù. Questo spingeva ad agire all’esterno, in missione nel quartiere.

Don Nicola diceva che “Parrocchia San Vincenzo” era scritto verso l’esterno: non erano sacri solo i locali. Solo i non frequentanti auspicavano la costruzione di una Chiesa sul modello tradizionale (fame di Sacro!)

In Avvento e in Quaresima, si effettuavano le missioni nel quartiere, specialmente per i nuovi arrivati e le preghiere nelle palazzine. Era un modo per decentrare il Sacro nelle mura domestiche, come i primi Cristiani. Nelle preghiere di palazzina, le letture domenicali erano meditate e commentate dai partecipanti, senza monopolio della guida. Da esse scaturivano programmi di vita e di pastorale: anche la Carità comunitaria veniva progettata e realizzata in questo ambito, non istituzionalizzata in parrocchia. I momenti di gioco dei bambini si svolgevano nelle piazze coinvolgendo altri ragazzi della zona. Il Centro Sociale era dislocato in un appartamento un po’ lontano dalla Chiesa. Si forniva aiuto materiale, assistenza medica e psicologica, si tenevano corsi di cucito e doposcuola, riunioni settimanali ricreative per anziani e gite annuali; al suo interno, affiancate da volontari laici, operavano principalmente le suore Canossiane, abitanti in un appartamento del comune; anche le suore Stimmatine, attive nel Comitato di Quartiere, vivevano in un appartamento della zona.

Don Nicola abitava un appartamento comunale e vestiva abiti civili modesti, l’esempio del lavoro part-time del parroco, svolto solo al mattino dopo la Messa, serviva a far capire la dignità di un’occupazione onesta e la volontà di non gravare sul bilancio della parrocchia in una zona povera ed a volte oltre il limite della legalità.

L’amministrazione dell’offertorio domenicale, unica entrata, senza tasse per sacramenti, funerali, Messe di suffragio eccetera, era affidata ai laici, e il modesto bilancio veniva affisso mensilmente in fondo alla chiesa con le varie voci: carità, pulizie, bollette, contributo per il vicariato, missioni estere ed altro. I ragazzi durante la catechesi erano formati sulla Bibbia, ma anche in ambito culturale (libri, teatro, lirica), scolastico (informazioni per la scelta delle scuole superiori e del lavoro anche per un impego sociale), affettivo (relazioni interpersonali e vita di coppia) e seguiti con colloqui individuali.

Era una formazione integrale, non limitata alla sfera del sacro. Anche i collaboratori ricevevano periodicamente una formazione biblica e liturgica e frequentavano vari corsi esterni.

La Prima Comunione veniva ricevuta nelle Domeniche dopo Pasqua, i bambini erano vestiti con semplici tuniche tutte uguali, prestate dalla Parrocchia e restituite pulite.

La Cresima era celebrata il 1 Novembre per una continuità dell’impegno cristiano, svincolata, come la Comunione, dall’idea del periodo scolastico e delle conseguenti vacanze estive… “perpetue!”

Dentro la Chiesa come fuori, la vita fuori era collegata intimamente all’eucarestia, “culmine e fonte”.

 

“La relazione ha dato conto solo delle funzioni comunitarie. Nulla trapela del vastissimo operare del Signore per mezzo dei singoli parrocchiani. Nulla si è detto della loro preghiera ed ascesi personale, della carità individuale e familiare, della testimonianza ed evangelizzazione dell’ambiente. Eppure proprio tali realtà sono la più gran parte del mistero di salvezza che il Signore compie in essi e per mezzo di essi. E massimamente a favorire quelle realtà nei singoli fedeli tende ogni azione comunitaria”.

(Dalla Relazione sullo stato della Comunione di don Nicola Barra letta il 13/11/1993 in occasione della visita del Cardinale vicario Camillo Ruini alla Parrocchia San Vincenzo de’ Paoli).

 

Abbiamo partecipato ad un momento di forte presenza dello Spirito.

E’ UN’ ALTERNATIVA POSSIBILE PER SACRARE LA VITA e smontare gli alibi di chi rifiuta la fede, anche giovani, alieni da autoritarismi e formalismi.

La rinuncia al potere potrebbe riavvicinare i fratelli separati e favorire l’Unione?

Senza alternative il SACRO sarà sepolto dalle ceneri del suo potere, dei propri fasti e degli interessi economici.

Per RISORGERE? In Spirito e Verità.

Perché le nostre aspirazioni siano credibili e vengano accolte dal Signore dovremmo accompagnarle con l’intensità della preghiera, come Gesù e l’offerta di tutta la nostra vita.

Una preghiera umile, col desiderio che la Sposa sia “senza macchia” e la convinzione di farne parte solo grazie alla Misericordia del Signore.

Antonella Soressi

 

Il Sacro E Me

 

9 gennaio 2017

Nella mia esperienza, il Sacro non è tanto un orizzonte da contemplare quanto lo sguardo che si muove ad indagarlo.

Ho riletto con grande coinvolgimento, attraverso la preziosa sintesi di Francesco, la (meravigliosa e terribile!) riflessione sul legame tra fede e sacro elaborata nei numeri 105 e 106 de La Tenda.

Mi rendo conto di quanto sia innegabile, almeno nella mia percezione, che il Sacro non sia monopolio cristiano, anzi spesso esuli da qualsiasi contesto religioso.

Questo perché la RELIGIO “lega”, aggrega sul piano umano-sociale; il SACER invece “separa” dalla sfera umano-sociale e determina l’inizio di uno spazio “altro” rispetto alle definizioni umane ma che, proprio per questo distacco dalle particolarità culturali, appartiene profondamente anzi intimamente a tutti e ad ognuno.

Ne sono convinta perché mentre la religione asseconda, risponde e assolve a necessità psico-affettive, culturali, sociali, spesso purtroppo perfino politiche, l’ispirazione del Sacro scomoda, interroga e muove alla consapevolezza di sé e dell’altro da sé, quindi alla liberazione, al discioglimento delle strutture umane e ci accomuna solo in una nuova dimensione di comunicazione e dialogo, di scoperta e meraviglia reciproca, di cammino condiviso attraverso le tante verità con i fratelli e – per me – con Dio (eccola la Comunione).

E questo io lo ritengo autenticamente umano, lo scorgo nitido come un filo rosso che si snoda in ogni vita senziente, radicato in una esigenza esistenziale dell’uomo e non ridotto ai suoi bisogni concreti o psicosociali. Io in questo Sacro trovo il significato più vero e profondo dell’Amore…in questo Sacro riconosco il senso della mia vita.

Per rimanere aderente ad esperienze concrete, per me Sacro è lo sguardo di Chiara su Ponte di Nona, capace di cogliere le ombre così evidenti ma anche le luci così intense…forse il buon Santoro soffre di deformazione professionale e non ritiene utile evidenziare elementi che non attraggano morbosa attenzione delle masse e conseguente audience; forse (lo spero per lui) soffre di deformazione partitica ed è portato a denunciare, per smuovere coscienze e suscitare una sana rivolta a situazioni sbagliate, innescando il cambiamento. Di certo si sbaglia di grosso affermando che la speranza viene generata dalla sconfortante esibizione del male. Se mi muovo in un orizzonte buio come posso capire dove andare? Se brancolo nell’oscurità dove potrei sperare di cercare la via d’uscita? Se resto troppo lungamente ad osservare le tenebre potrei dimenticare che esiste la luce…

Ecco, il Sacro è la luce che riconosco negli sguardi, nelle parole, nelle azioni di chi Ama, di chi Spera.

E, a volte, di chi Crede. Micaela Soressi

Fede (Cristiana) E Senso Del Sacro (2)

 

Gennaio 2017

1. Nicolino Barra

2. Le processioni tra fede e sacro

3. Pastorale sacramentale e fede di una comunità cristiana

4. Alcune realtà di crescita cristiana.

  1. NICOLINO BARRA

Il punto di partenza, l’analisi e il punto di arrivo del pensiero di Nicola non sono legati ad un pensiero filosofico o teologico, ma nascono dal tentativo di liberazione dell’uomo e della donna che incontrava, uomo e donna ingabbiati nei riti religiosi che non fanno crescere la gioia, ma legano e fanno crescere nella paura: “Che abbiamo fatto di male?” è la domanda espressa da sindaci, professionisti, gente comune di fronte alla valanga e al terremoto. Il pensiero di Nicola nasce da un tentativo di liberazione della comunità in cui viveva, dell’umanità intera di cui si sentiva ed era parte. Tale pensiero nasce e si sviluppa negli incontri con migliaia di famiglie, avvenuti nel corso di tanti anni. Ogni volta che ascoltava una richiesta per un sacramento, tentava di accompagnare la persona alle ragioni profonde di quella richiesta. I due articoli (La Tenda n. 105 e 106, 1980; Nicola aveva 45 anni) rappresentano la confluenza di migliaia di richieste e tentativi di ricerca.

La solitudine di Nicola appare enorme. La sua presa di coscienza è vasta e dolorosa… ma non esce dalla comunità dei credenti, non se ne va nel deserto o in un eremo in attesa di tempi maturi. Impegna tutte le sue forze per richiamare conoscenze e comportamenti, che risveglino dal sonno i credenti… e non riceve alcun ritorno!!! Fra i vescovi che lo ascoltano, quello di settore, Riva, coglie il valore delle sue analisi, ma si sente privo di forze e di capacità per seguirlo… Dopo 17 anni finalmente una risposta. Lo chiama Ruini: “Ho nominato un parroco al tuo posto”. Perché Nicola rimane in parrocchia, come vice parroco? E’ rimasto legato ad una realtà ormai vuota? La volontà di vita di Nicola, malgrado la sua destituzione da parroco a vice parroco da parte dell’autorità, che voleva dire: “Sei fuori strada”, si mostrerà nell’accettazione, fino alla fine, delle operazioni e delle cure per il tumore che lo aveva colpito, probabilmente per sostenere e incoraggiare tutti coloro che sperimenteranno una grande fragilità, spingendoli ad approfondire. La tesi di Nicola non è: “La religione è morta”, ma al contrario: “La religione è fiorente, ma sta uccidendo la fede”.

Nicola non toglieva nulla alla Responsabilità personale, contemporaneamente sapeva e si batteva per una Responsabilità nei confronti della collettività.

  1. LE PROCESSIONI E LA MAFIA

“I mafiosi entrano indisturbati nei comitati organizzatori (delle processioni), non di rado decidendo la composizione dei portatori, percorsi, fermate… e contribuendo assai generosamente al finanziamento di tali eventi”[1].

“Decidere chi debba stare “sotto” al santo è segno di autorità, è un modo per farsi legittimare, riconoscere, rispettare dalla comunità. E’ un atto di forza per dimostrarsi vincitori, per mettere il proprio sigillo sul territorio o marcarlo, come fanno i cani”[2].

  • Perché a Polsi, frazione di San Luca nella Locride, nel santuario della Madonna, si fa il ritiro della ‘ndrangheta, durante la festa ci sono incontri al vertice per discutere di affari, soldi, cariche ed equilibri.
  • Sant’Onofrio, nel Vibonese: L’Affruntata (Maria e il figlio risorto). I picciotti battezzati durante l’anno fanno la loro prima apparizione pubblica in occasione dell’Affruntata: devono portare la statua di s. Giovanni e come essa si inchinano davanti alla statua della Madonna portata dai “capobastone”.

Nel mondo cristiano ci si interroga: dobbiamo obbedire a Dio o agli uomini?

Nel mondo mafioso: dobbiamo obbedire al “parrino”.

Nel mondo cristiano la fede permette una vita segnata dalla presenza di Dio; nel mondo mafioso la fede è al servizio delle cosche mafiose, al servizio del “parrino”.

Ma non è stata utilizzata la Bibbia, presente in molti comodini di boss mafiosi, per mandare “pizzini”? Per questo saremmo disposti a rinunciare alla Bibbia? Questo farebbe cadere il valore dei racconti fatti di processioni e mafia; ma da tutto questo non siamo invece spinti ad interrogarci, ancora una volta, sulla necessità di liberare la fede dal sacro?

E’ vero, non si può neanche ridurre tutte le processioni a ciò che avviene attorno alla mafia, ma quanti altri pensieri emergono… : quante persone che ruotano attorno alle processioni lo fanno per far quadrare il bilancio economico? Non ci ricordano nulla Artemide degli Efesini (v. At 19, 23-40… un guadagno non indifferente per Demetrio e gli operai), la schiava veggente (At 16, 16-19… cioè l’uso del religioso a scopo di profitto)? Gli episodi di Simon Mago (At 8, 18-24), non mostrano quanto in soccorso dell’interesse economico si invocano religiosità e patriottismo?

  • Montenero, vescovo di Agrigento dice: “Credere non è sapere le preghiere e recitarle, né partecipare alla processione, ma caricare di fede la nostra Sicilia. Si tratta di liberare la fede da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni indebite e di ritornare alla vera immagine di Cristo. Occorre uscire dalle sacrestie, abitare i territori, vivere da credenti e cittadini adulti e solidali, contrastare la prepotenza con la forza della denuncia, ma soprattutto con la testimonianza di una vita buona che non ha paura di andare controcorrente. Se c’è tanto male attorno a noi non è solo perché molta gente è cattiva e pericolosa ma perché noi, i buoni, non siamo quello che dovremmo essere. Ciò vuol dire che se la mafia è radicata in questa terra è anche colpa nostra”.
  1. PASTORALE SACRAMENTALE E FEDE DI UNA COMUNITÀ CRISTIANA

L’attuale prassi sacramentale non mina la fede o almeno la crescita della comunità cristiana? Quando, appena finite le prime comunioni, tutte le nostre chiese si svuotano in attesa del prossimo autunno, per un nuovo ciclo di catechismo, da ottobre a maggio e poi?… il baratro, tutto e tutti inghiottiti, e ci si consola con il “seme gettato”. Ma vediamo mai i frutti di una fede cristiana finalmente matura? Per i tanti catechisti/e rimangono forse tante relazioni nuove e preziose, ma quale fede, capace di sostenere nella vita, è stata trasmessa? Questa prassi sacramentale blocca la crescita dei bambini, li porta al “traguardo” della comunione e della cresima, ma non attiva le coscienze ad un cammino comunitario di fede… al contempo blocca la comunità degli adulti, spettatrice passiva, durante sette mesi, perché la messa è trasformata in catechesi per i bambini e una comunità in ferie per altri cinque mesi, perché catechisti e preti si riprendano dallo stress di fotografie, pranzi, regali, caos generale e dai campi estivi. Siamo sicuri di mettere un seme e non invece solo l’odore del seme? Quanti da adulti un giorno cercando nella profondità della loro esistenza un aiuto, una luce, non scarteranno quel “religioso” della loro infanzia, sufficiente solo per bambini?

Non è la centralità di una pastorale solo sacramentale la causa di una messa domenicale svilita a catechismo, senza spazi per una concelebrazione comunitaria? Cosa comportano concretamente tutti questi riti per i singoli fedeli?

Il Sacro non insegue un Dio tappabuchi e onnipotente… e che soffoca? La vita di Cristo è condivisione della vita del mondo, la crocifissione è condivisione dell’impotenza e del dolore dell’uomo, ma in questo c’è il disvelamento dell’essenzialità della vita, proprio su quella croce, deriso, nudo… c’è l’apice dell’abisso della fragilità e al tempo stesso della grandezza umana, che rompe il velo del tempio e mette in contatto con la vita e la responsabilità personale, sostenuti dall’amore e dalla fedeltà di Dio.

Nel Sacro non c’è l’impegno ad una liberazione totale dell’uomo né qui, né mai.

La situazione attuale, all’interno delle chiese, è particolarmente difficile perché, nei pochi casi nei quali c’è un reale confronto, questo è solo tra chi è rimasto e non con le persone con cui condividiamo la vita.

Dietro gli interrogativi su fede e sacro, non c’è il desiderio di liberare questa nostra Chiesa da paure, superstizioni e squallidi privilegi?

4 – ALCUNE REALTÀ DI CRESCITA CRISTIANA:

  • Singole persone o piccoli gruppi che nelle case pregano quotidianamente con i salmi;
  • il ritrovarsi ogni settimana attorno alle letture della Messa domenicale per un commento libero e spontaneo;
  • la lettura della Bibbia nelle case in piccoli gruppi ogni 15 giorni;
  • 5-6 coppie che hanno battezzato il loro figlio e che si ritrovano una volta al mese intorno ad una pagina del Vangelo con l’aiuto di un laico;
  • 5-6 coppie, con una coppia responsabile ed un consigliere spirituale che si ritrovano per riflettere e pregare sulla vita di coppia;
  • una Messa domenicale, frutto di un sogno da cui non ci siamo ancora svegliati, che favorisce un confronto comunitario, una dimensione di ricerca felicemente insidiata dal dubbio, una crescita nell’amore del prossimo e di Dio… una Messa domenicale presieduta da un prete che concelebra con l’intera comunità…

Lentamente si può passare da ciò che ci conferma nelle nostre certezze e privilegi, ad un ascolto capace di cambiare e convertire i nostri sguardi, le nostre relazioni:

“Chiediamo al Signore la grazia di vedere i poveri che bussano al cuore, e di uscire da noi stessi con generosità, perché la misericordia di Dio possa entrare nel nostro cuore.”

SAPER VEDERE IL POSITIVO ESISTENTE NELLA CHIESA E NEL MONDO E IMPEGNARSI A FARE INTERAGIRE REALTÀ DIVERSE:

  • da alcuni centri di accoglienza per migranti nascono operatori preziosi per malati psichiatrici;
  • migranti che contribuiscono alla rinascita civile e umana di un paese (vedi Riace);
  • nel campo della scuola, sanitario: persone che a vario titolo accolgono, valorizzano persone nella loro interezza… partendo dagli ultimi;
  • sapere ascoltare ciò che di prezioso le persone di altre fedi e culture, hanno da offrirci (vedi la cattedra dei non credenti di C. M. Martini);
  • “credenti” e “non credenti” s’incontrano intorno alla bioetica sapendo cogliere il positivo ed i limiti propri e altrui;
  • scuola di italiano per donne migranti, di mattina, mentre gli uomini sono al lavoro, per permettere una crescita culturale che liberi da schiavitù secolari;
  • gli auguri di Natale, all’uscita dalla messa, con una foto che ritrae una coppia di migranti con una bimba in braccio, che sono appena scesi dai loro gommoni; sulla foto è scritto: “A Maria e Giuseppe, in cerca di accoglienza”.
  • una congregazione femminile ha messo a disposizione dei senza-tetto la cripta della propria chiesa.

La pastorale di Francesco Papa segue un itinerario che rende tutti più responsabili e poi impronta tutta la vita cristiana sulla misericordia e questo porterà un grande cambiamento nella Chiesa, ringraziamo il Signore per averci dato questo papà, ma non demandiamo tutto a ciò che dovrebbe dire o fare Francesco, assumiamoci concretamente la nostra parte. Quali sono le urgenze? Fermiamoci, interroghiamoci dalla parte degli ultimi.

Forse solo sapendo creare concrete alternative, radicate in basso, si può generare una aggregazione futura, non scontata, ma possibile, capace di dilatare respiro, apertura, liberazione per noi e per tante persone che sono in grave difficoltà o amaramente nel vuoto. Sta a noi contribuire perché ciò che speriamo si realizzi facendoci non guide ma compagni di strada.

Lorenzo D’Amico

UN ESEMPIO DI SPARTIZIONE DEL SACRO: LA MISTICA FASCISTA

La Mistica fascista si sviluppò per l’impegno costante di Niccolò Giani con l’appoggio determinante di Arnaldo Mussolini (fratello minore di Benito).

Anche in alcune università italiane fu istituita la cattedra di Mistica fascista….

Giani ribadisce nel manifesto programmatico, “che il fascismo ha una sua ‘Mistica’, in quanto ha un complesso di postulati morali, sociali e politici, categorici e dogmatici, accettati e condivisi senza discussione da masse e da minoranze…ripone il proprio credo in Benito Mussolini quale Duce infallibile e creatore della civiltà fascista. Nega che all’infuori del Duce abbia padri spirituali o putativi…l’utilizzo del termine “mistica” causò la vivace reazione di una parte della Chiesa cattolica per la consueta attinenza del termine alla sfera prettamente religiosa.

Ma nella concezione dei mistici la propria sfera d’azione era nell’ambito politico senza tema di sovrapposizione dei due mondi. Lo stesso Giani ribadì la separazione: “Né la Chiesa deve fare della politica, né lo Stato deve fare della religione. Fascisti cattolici, perciò, o cattolici fascisti, se più piace, ma fascisti: ricordiamocelo. Oltre si spinse il vescovo Onofrio Buonocore che ritenne la mistica fascista come “la testimonianza di un’Italia non più divisa ma rinnovata e pacificata sotto le insegne papali e littoriali”.

Nel febbraio 1937 il cardinale di Milano Ildefonso Schuster tenne un discorso presso la Scuola di mistica fascista.

Francesco Cagnetti

 

  1. “La ‘ndrangheta davanti all’altare. La Chiesa che resiste, la Chiesa che si volta dall’altra parte”, Ed. Sabbiarossa, 2013.
  2. Ibidem