Lettera 36 (Seconda Serie)

Lavanda con questo numero cerchiamo di toccare un tema che crediamo decisivo nella comunità cristiana: “Quale rapporto esiste tra la Messa domenicale e la vita?”. Il desiderio profondo di questa lettera, con due contributi diversi (i primi due articoli), è quello di aiutarci a leggere le nostre messe domenicali, perché divengano sempre più capaci di illuminare le nostre vite, i nostri ambienti di lavoro, le nostre relazioni e, al contempo, tutto questo possa dare luce ai nostri banchetti eucaristici. In queste pagine esprimiamo il desiderio di inserirci nel sentiero di chi, pur sentendo la grande ricchezza del tempo attuale, coglie anche la necessità di affrontare ciò che è al cuore della fede per i cristiani e per tante donne e uomini di buona volontà. Sentiamo l’urgenza di riaprire i luoghi di dialogo nella comunità cristiana, nei quali sia possibile una ricerca comune con coraggio e pace. Abbiamo ancorato queste nostre riflessioni ad una comunità locale, a Torre Angela, nella periferia sud-est di Roma, ma desideriamo confrontarci attorno alla partecipazione attiva alla Messa domenicale ed il confronto va ben oltre una singola parrocchia.

Nel terzo articolo segue un confronto che abbiamo avuto in uno dei nostri ultimi incontri con due amici che vivono in Niger e in Algeria. Con loro abbiamo parlato dell’Islam e di dove va la società musulmana, per capire che non esiste una sola realtà musulmana ma molte e diverse, accomunate dal Corano, che non è possibile riunire e confondere in una sola immagine.

L’incontro con Padre Ghislain Lafont dal tema

“Quale Chiesa? Dove stiamo andando?”

si terrà a Roma, il 25 luglio, dalle 9 alle 13 presso la chiesa di S. Romano, Largo Antonio Beltramelli, 23

(Metro Quintiliani o Stazione Tiburtina, per chi arriva in treno).

Sommario della 36° lettera:

  1. Quale Rapporto tra Messa domenicale e la vita ? Quale Fede? Quale Comunità? di Lorenzo D’Amico
  2. Unità e diversità nella comunità cristiana di Torre Angela di Chiara Flamini
  3. Islam: la testimonianza di due amici dal Niger e dall’Algeria
    1. Quale rapporto esiste tra la Messa domenicale e la vita? Quale Fede? Quale comunità? di Lorenzo D’Amico

Quale Rapporto tra Messa domenicale e la vita ? Quale Fede? Quale Comunità?

Proviamo a comunicare alcune riflessioni nate dentro alla vita di una comunità cristiana e aiutati da un articolo di Andrea Grillo, teologo e liturgista.

La messa domenicale è davvero il culmine e la fonte della nostra esistenza, è davvero il luogo in cui confluiscono le nostre gioie e i nostri dolori, in cui viene favorita la comunione-comunicazione tra chi vi partecipa?

La vita di noi cristiani viene rinnovata dalla messa domenicale? Il rito, così com’è vissuto, ci apre ad un modo nuovo di vivere nella Chiesa e nel Mondo? Detto con altre parole: la messa domenicale, ci aiuta a rendere l’Evento pasquale, cioè il Mistero dell’incarnazione, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo Figlio di Dio, presente nella nostra realtà quotidiana, a interagire con il nostro lavoro, i nostri affetti, la nostra vita sociale e politica?

Troppo spesso il nostro incontrarci è un ripetere la memoria di un fatto importante, ma avvenuto altrove e lontano nel tempo; occorre ricordarci che si ripresenta “qui ed ora” e che è segnato dalle nostre persone, dalle nostre storie; quell’Evento pasquale è arricchito dalle nostre presenze, è decisivo il nostro apporto oggi, è decisiva la nostra vita quotidiana.

Dice Andrea Grillo (v. Aggiornamenti sociali 6-7 del 2014 pp. 461-469): “Il rito liturgico è se stesso solo se mantiene strutturalmente il doppio rapporto con l’Evento pasquale e con la vita, se mette in comunicazione questi due poli”.

Quei nostri incensi e quelle formule rischiano di divenire come il velo sul volto di Mosè, che nasconde una luce non più presente. Non dobbiamo tentare di rivitalizzare la messa domenicale con facili scorciatoie, banalizzando o rendendo il tutto infantile. Una riforma deve essere pensata nella sua gradualità, ma è importante stabilire le priorità. Vorrei ricordare a questo proposito, Pavel Florenski, uomo di grande fede, uno dei più grandi filosofi e matematici, che scrive dalla Siberia nel 1935, dove è stato deportato, scrive alla moglie raccomandandole come aiutare il figlio piccolo: “Più che stare sui libri, è meglio che egli stia di più all’aria aperta e non si affatichi troppo nello studio… è molto più importante che mentre passeggia e corre, facesse qualche appunto su ciò che trova interessante: qualche nido, funghi, tronchi ritorti… e solo dopo, avendo un bagaglio di percezioni, strutturasse se stesso non nel vuoto e in modo astratto; se un concetto non è accompagnato da un’immagine, allora è privo di qualsiasi valore; per lo sviluppo della mente è più dannoso che utile, lo priva della capacità creativa… la fede nel sistema è Superstizione”. Dico questo pensando al pericolo di una riforma che tenesse presente innanzitutto gli studi teologici… questi serviranno, ma solo dopo: “non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Ecco allora che l’Evento pasquale si dischiude nel suo Mistero e nella sua conoscenza graduale.

È possibile entrare nel Mistero pasquale unicamente “assistendo” ad un Rito?

Perché ci sia “comunione”, è necessario uno scambio reciproco tra il Dio fatto carne e l’uomo. È la partecipazione attiva, in uno scambio reciproco, che permette di entrare nel Mistero pasquale.

Il ruolo del sacerdote è di impegnarsi per favorire questo scambio tra Dio e l’umanità, qui e ora.

L’Evento pasquale non è solo un atto di fede in qualcosa che è avvenuto 2000 anni fa, ma anche un nutrimento fondamentale per la vita presente, “il rito modifica il quotidiano, distinguendolo e salvandolo dal banale”, rivelando la grazia divina.

La sacrosanctum Concilium, votata il 4 dicembre 1963, è il primo documento adottato dal Concilio Vaticano II, introduce una riforma della liturgia per assicurare la partecipazione attiva e consapevole del popolo di Dio all’azione rituale.

Certo è evidente il rischio di improvvisare per coinvolgere a discapito della grande ricchezza di una tradizione, ma questa tradizione è un cliché fisso, rigido? Dobbiamo saper coniugare tradizione, storia della comunità locale e vita attuale.

La messa domenicale non è una realtà rimasta immutata nel corso dei secoli, vi è stato un continuo divenire, un continuo rinnovarsi, arricchire; è importante non attendere tutto da una futura riforma, già ora occorre rivisitare quelle parti che hanno previsto e voluto un reale coinvolgimento del popolo di Dio, per cui da spettatori siamo chiamati a divenire commensali.

Da dove cominciare il nostro coinvolgimento?

Premetto ch’io faccio parte di una parrocchia divisa in 4 zone, ognuna delle quali ha una chiesa, una comunità, un prete… i preti vivono insieme nella zona centrale. Per alcuni anni i preti erano tutti parroci, ma vivevano in una casa comune e con un’unica pastorale. Provo a portare degli esempi di questo coinvolgimento, partendo da ciò che per oltre 30 anni abbiamo vissuto a Torre Angela, una borgata nel sud-est di Roma.

Ecco alcuni esempi:

  • Un laico, a turno, fa una breve introduzione prima delle letture domenicali, 2 o 3 minuti che permette a chi partecipa di aumentare l’attenzione all’ascolto; non una mini predica, ma una nota che permetta di collocare le letture.
  • Vari laici fanno una loro preghiera dei fedeli e non quella dei foglietti prestampati che non hanno nulla a che vedere col popolo presente qui e ora.

A proposito del triduo pasquale provo a raccontare ciò che abbiamo vissuto, ripeto, per oltre 30 anni:

  • il Giovedì Santo, si apparecchiava una lunga tavola con il pane azzimo, erbe amare… Tutti sedevamo attorno alla tavola. Al momento della lavanda dei piedi, chi voleva si alzava e tenendo la mano di chi aveva scelto si sedeva vicino al catino e spiegava brevemente le ragioni di quella scelta o si limitava alla lavanda; ogni anno la lavanda dei piedi veniva fatta da 3-4 coppie diverse.

Al termine della celebrazione del giovedì, si smontava tutto e si preparava per una veglia con Gesù nell’orto degli ulivi.

  • il Venerdì Santo, dopo la lettura a più voci della Passione, le preghiere universali, mantenendo i titoli delle intenzioni, venivano ripensate ed espresse da 10 persone diverse. Il bacio del Cristo in croce toccava una grande profondità.
  • la Veglia Pasquale, vedeva il coinvolgimento di tutta la comunità: chi per la scansione delle 4 liturgie, chi per il fuoco,chi per la liturgia della parola con introduzioni ad ogni lettura, chi per la liturgia battesimale, chi per la liturgia eucaristica, tutti per il canto.

Il triduo pasquale era profondamente segnato dalle nostre vite e segnava profondamente le nostre vite.

Qual era lo sguardo di chi si “affacciava” a quelle liturgie venendo da “lontano” vedendo vicini di casa, compagni di lavoro, parenti, partecipare attivamente a quelle liturgie? Lo stupore e il coinvolgimento! Quante volte ci siamo rincontrati per strada, fermati con gioia da tanti “natalini” e “pasqualini”, quanti inviti abbiamo ricevuto nelle loro case… si sono creati molti nuovi legami.

Ora al cambio dei preti, tutto ciò che avveniva nella settimana santa è stato azzerato; tutti siamo precettati alla chiesa parrocchiale, il tutto è svolto dai 6 preti. Questa è l’unità o l’uniformità ? Sarebbe stato opportuno per i primi cristiani scegliere un solo Vangelo o ridurre i quattro ad un unico Vangelo? L’unità attuale è nella direzione del coinvolgimento del popolo di Dio? Alcuni preti, a volte, pensano ai laici come ai vari pezzi degli scacchi, indispensabili al gioco, ma senza nessuna personalità.

È necessario crescere su due vie parallele:

  1. Lì dov’è “il culmine e la fonte” della fede di una comunità, cioè la messa domenicale.
  2. Nella condivisione di un cammino fatto a piccoli gruppi nelle case, ad es. i gruppi del vangelo, gruppi di coppie sulla vita di coppia… guidati da laici che sappiano favorire quest’approfondimento comune.

È necessario ricordare che per molte persone l’accesso alla messa domenicale è “interdetto”:

    • a volte dalle scelte personali;
    • a volte da dictat subiti da questo o quel prete;
    • a volte, ed è frequente, dalla convinzione che si entra in una comunità cristiana al termine del cammino, in cui ci sono solo verità definitive !?!
    • spesso da una liturgia, una messa domenicale blindata, che non parla più alla donna e all’uomo di oggi e nella quale è richiesta solo la presenza ma non la partecipazione personale.

L’adesione ad un piccolo gruppo nelle case, nella nostra cucina o camera, in cui ci sia un laico a facilitare l’ascolto e la comunicazione reciproca, permette:

    • la partecipazione ed il coinvolgimento personale spirituale, emotivo, relazionale, che per i più oggi sono eventi rari;
    • di scoprire un Vangelo vicino, “utile alla vita quotidiana”, più facile da comprendere e condivisibile;
    • di superare l’imbarazzo del sacro;
    • di comunicare nel piccolo gruppo le proprie fatiche e gioie, di ricerca e di vita;
    • di usare un linguaggio aderente alla vita quotidiana, ai propri affetti;
    • di impegnarsi concretamente, con il piccolo gruppo, ad individuare e sostenere chi è in maggiore difficoltà tra i nostri vicini… di scoprire, dentro, il valore della solidarietà.

La familiarità di questi ambienti ci aiuta a guardare la nostra vita, il nostro ambiente, il mondo, alla luce del Signore Gesù, dilata in maniera sorprendente l’azione dello Spirito.

Perché sia possibile una reale crescita di una comunità cristiana, è necessario non fermarsi ad una lettera, ma un incontrarsi periodico per riflettere insieme, ad esempio un’assemblea una volta al mese, per aiutarci a capire l’enorme ricchezza esistente in questa nostra comunità, nel nostro ambiente, nel proprio pozzo…

Per concludere torniamo alla premessa di Andrea Grillo:

La riforma liturgica promossa dal Vaticano II intendeva rendere più consapevole e attiva la partecipazione dei credenti alla liturgia e colmare il divario progressivamente creatosi tra la fede celebrata e l’azione nella società. A 50 anni di distanza la questione è ancora attuale. Come va intesa la liturgia? Quale funzione svolge nel rapporto tra la fede e la vita? Quali prospettive apre all’impegno dei cristiani nella società la rinnovata comprensione della liturgia data dal Concilio?

 

Unità E Diversità Nella Comunità Cristiana Di Torre Angela

 

Mi è capitato di leggere un articolo[1] sull’approccio di papa Francesco al dialogo tra le Chiese cristiane: ortodossa, protestante, cattolica… E’ un approccio diverso rispetto a quello precedente: si parte dal cammino comune verso “la pace nel volto dell’unico Dio”[2]. A partire da questo, le differenze tra le Chiese non sono più un ostacolo all’unità, ma diventano una ricchezza. Non solo le ‘cose comuni’ ma anche le differenze ci uniscono a condizione che le consideriamo doni dell’unico Spirito che alimenta la vita delle comunità cristiane: «se realmente crediamo nella libera e generosa azione dello Spirito quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri! Non si tratta solamente di ricevere informazioni sugli altri per conoscerli meglio, ma di raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come dono anche per noi»[3]. Le diversità viste in questo modo diventano vincoli di comunione.

Le quattro zone pastorali della nostra parrocchia hanno ciascuna la sua particolarità, a partire dal territorio in cui sono inserite. Ad esempio, la presenza di migranti costituisce una caratteristica propria della zona di S. Chiara, in cui sono presenti in maniera maggiore rispetto alle altre zone: ci sono strade, come quella in cui vivo io, in cui i migranti sono la maggior parte, perché la maggior parte degli appartamenti sono in affitto. Le differenze delle zone hanno radici anche nella loro storia e nel modo in cui essa si è espressa nella celebrazione della messa. Tali differenze non sono un ostacolo all’unità, ma possono essere, come dice papa Francesco delle Chiese cristiane, un vincolo di unità. Cosa può farle diventare un vincolo di unità? I luoghi in cui queste diversità e la loro ricchezza possono essere comunicate. La zona di S. Chiara può per esempio arricchirsi del cammino comunitario così particolare degli Arcacci e viceversa, se le esperienze vengono comunicate.

Tale comunicazione deve trovare dei luoghi adatti per questo: assemblee parrocchiali, gruppi del Vangelo i cui componenti vengono dalle diverse zone, riunioni tra i catechisti o gli operatori pastorali di tutte le zone…

I cammini peculiari delle quattro comunità (che vivono in un’unità che non è uniformità) procedono grazie alla celebrazione della messa domenicale, celebrata nelle diverse cappelle della borgata. Messa domenicale che è il luogo dell’ascolto comunitario della Parola, della comunione con il Signore e con i fratelli… Il luogo della comunione, in cui confluiscono le vite quotidiane, con il loro faticoso cammino, di tutti i fratelli. Tale comunione si realizza proprio nella celebrazione di una comunità di persone che si conoscono, che mettono in comune il cammino personale, che accompagnano i bambini e i ragazzi nel loro percorso di adesione alla fede, che si accompagnano quando muore qualcuno o quando si celebra un matrimonio. Tutto questo è possibile in piccoli gruppi di persone (decine, non centinaia). E il fatto che siano le piccole comunità di ogni zona, non significa che sia rotta l’unità… se c’è poi la comunicazione delle ricchezze che lo Spirito suscita nelle varie zone.

 

Testimonianza Dal Niger E Dall’Algeria

 

Due amici di passaggio a Roma per motivi di lavoro, uno proveniente dal Niger, l’altro dall’Algeria, sono venuti a trovarci e ci raccontavano:

Amico 1: In Algeria dal 1990 al 2000 c’è stata la guerra civile; nel 2000 il presidente ha fatto un decreto di riconciliazione nazionale. Ciò, con tutti i suoi limiti, ha posto fine a questa guerra tra fratelli ed stato proprio in questo periodo che protestanti, cattolici ed islamici hanno avuto gli stessi trattamenti e le oppressioni non hanno risparmiato alcun gruppo. Le chiese protestanti e cattoliche sono state accettate sia dalle autorità che dalla popolazione e ora non si parla più di Chiesa in Algeria, ma di Chiesa d’Algeria. Ufficialmente è accettato che la chiesa non sia un corpo francese trapiantato, ma una realtà del popolo algerino, realtà che vive e cresce. Questo non esclude che ci siano delle minoranze contrarie; è stata però superata la difficoltà, spesso decisiva, dal ministero per il culto che ora riconosce: cristiani, ebrei, non credenti…tutti con egual diritti.

Nel mondo del lavoro l’appartenenza ad una religione o ad un’altra non ha creato alcun problema: ci sono state discussioni ma quando si parla di una realtà si discute ed il Corano non è il punto di partenza, ma quasi sempre dopo una ricerca comune, un elemento che viene posto alla fine. Per esempio si parla, a volte a lungo, della solidarietà e solo alla fine viene sottolineato ciò che è scritto nel Corano. Non è mai il punto di partenza e questo facilita il confronto. La familiarità che si crea lavorando insieme mi ha aiutato a cogliere la ricchezza del mondo musulmano e ho imparato e continuo ad imparare molto dalla loro vita e dalla loro fede. La loro fedeltà ai tempi di preghiera è stata ed è per me uno stimolo prezioso; anche quando sento il loro richiamo alla preghiera è per me un aiuto a pregare Gesù.

Abbiamo molti scambi di opinione sulla morte e a volte mi capita di essere chiamato accanto ad un moribondo. Qualche volta facevo notare: “ma io non sono musulmano” e mi si rispondeva: “ma tu dai molta serenità a chi sta per partire e noi vogliamo imparare da te, per poi farlo anche noi.” A volte proprio intorno alla morte abbiamo avuto scambi di opinione partendo dalla diversità delle fedi. Tutto questo è stato possibile perché si sono resi conto che non voglio convertire nessuno, voglio solo vivere la mia fede accanto alla loro.

Chiara: Qual è la condizione della donna?

Amico 1: E’ qualcosa che va lentamente cambiando, ma rimangono situazioni significative: ad esempio una ragazza non può uscire da sola, può uscire solo se accompagnata fosse anche da un bambino purché maschio. Una donna non può accedere ad alcuna professione.

Nunzia: Come si integra la cultura storica con la fede musulmana?

Amico 1: Il peso maggiore lo ha la religione perché: “E’ scritto nel Corano”

Micaela: Anche nel Nuovo Testamento San Paolo dice: “la donna sia sottomessa all’uomo”

 

Amico 1: In fondo anche nel sud dell’Italia la donna non è che abbia molto spazio.

Micaela: In Italia il ritorno economico è così forte che il diritto può avanzare nuove pretese.

Amico 1: Dopo il 1990 le donne si sono molto aperte, ma quando il governo è musulmano occorre cambiare molto dolcemente le leggi civili riguardanti la condizione delle donne. Oggi ad esempio ci sono donne che lavorano e che prendono le loro libertà, ma ciò avviene senza nessuna legge ufficiale.

Gigi: Ci sono famiglie che vivono in maniera più libera?

Amico 1: A causa della lotta contro il terrorismo le donne si sono liberate perché hanno partecipato a questa lotta; hanno acquisito di fatto una nuova condizione sociale. Ora sono necessari dei passi per ufficializzare questo cambiamento. Non è un caso che nel mirino dei terroristi ci siano stati molti ma molti insegnanti francesi.

La visione dei terroristi è molto fondamentalista: “Il compito della donna deve essere solo la cura della casa e i bambini”. Tutto questo ha spinto molte donne a lottare contro il terrorismo.

Ci sono diverse famiglie musulmane che s’impegnano molto per una cultura, uno studio aperto a tutti.

Chiara: Per le donne non credenti o cristiane è possibile una maggiore libertà?

Amico 1: Se una donna cristiana sposata ad un musulmano non vuole convertirsi all’Islam può farlo, ma lasciando i bambini. Perché questi appartengono all’uomo.

Per voi i matrimoni misti sono tra un musulmano e un cristiano, per noi tra un algerino e un europeo.

Antonella: Il voto alle donne in Italia è stato possibile solo nel 1946.

Gigi: Ed ha fatto vincere la democrazia cristiana!

Maurizio: Le donne non musulmane hanno una maggiore libertà ad esempio sul modo di vestire? In Siria, pure essendo un paese quasi totalmente musulmano, dal modo di vestire si capisce subito se quella donna è musulmana o meno.

Amico 1: In Algeria, o meglio ad Algeri, la capitale, la donna porta il velo ma sotto il velo mette ciò che vuole, questo per quanto riguarda le musulmane. Comunque per tutte c’è la volontà di non essere “provocanti”. Le stesse donne cristiane mi pare si vestono in maniera tale da non essere “provocanti”, con libertà ma senza eccedere. Nei quartieri più integralisti le stesse donne cristiane, liberamente, portano un velo sulla testa per una forma di rispetto della cultura e fede degli abitanti, è un semplice velo sui capelli.

Francesco: Ciò che rende più difficile l’evoluzione dell’Islam è il loro rapporto con il Corano, diverso dal nostro rapporto con il Vangelo.

Amico 1: Per noi il centro è Gesù Cristo incarnato, per loro è il Corano; per loro è una religione del Libro, per noi la religione della Persona di Gesù.

Anche noi abbiamo letto la Bibbia per tanti secoli in una forma fondamentalista, è solo all’inizio del ‘900 che alcuni esegeti tedeschi hanno aperto un nuovo mondo, un nuovo approccio al testo.

Gigi: Nel mondo cristiano le varie rivoluzioni culturali hanno spinto noi cristiani ad una visione critica del cristianesimo, c’è qualcosa di simile nell’Islam?

Amico 1: Ci sono qua è là musulmani, alcuni che risiedono in Europa, altri in varie parti del mondo, che stanno iniziando una lettura critica del Corano, anche della sua stesura iniziale. Il ministro degli affari religiosi insieme al ministro donna per l’educazione, una donna molto combattiva, stanno rivedendo i libri di storia algerina per la scuola, con l’intento di mostrare che la vita del popolo non è iniziata con il Corano, ma ha una lunga storia precedente che va conosciuta e valorizzata. Per ora è solo un progetto a cui si sta lavorando.

Un altro cambiamento significativo è rendere obbligatoria una formazione universitaria per gli Imam, mentre fino ad ora chiunque desiderava essere Imam lo era e senza alcuna preparazione.

Francesco: Nella tradizione israeliana si insisteva molto sulla forte unità di provenienza del popolo giudaico, mentre studi recenti hanno mostrato una regina berbera che era ebrea. Nel mondo russo c’era un piccolo popolo ebraico che non aveva origini israeliane. Questo studioso ha messo in crisi quel modello ideologico che s’insegnava nelle scuole israeliane. La storia viene strumentalizzata al servizio di una ideologia dominante.

Maurizio: La stessa lotta contro il nazismo si basava proprio su questo: dimostrare che gli ebrei tedeschi e italiani erano tedeschi e italiani a tutti gli effetti.

Lorenzo: Ci sono, tra gli intellettuali musulmani, alcuni che, pur avendo una grande profondità, non hanno presa alcuna sulla gente; il cambiamento culturale di alcune donne musulmane determinato da migrazioni forzate in paesi non musulmani e con culture molto diverse… cosa comporta quando tornano nei paesi di origine? Questi 51 milioni che nel 2013 hanno dovuto abbandonare le loro terre per motivi di guerre e persecuzioni, quando tornano nelle loro terre, insieme a tante ferite cosa portano di positivo?

Amico 1: Una donna musulmana che ha forse anche sposato un uomo francese, una volta tornata nella sua terra si trova in una presa familiare molto forte, che diventa decisiva.

Gianfranco: Una donna musulmana o un uomo che vive in Europa ha una forza maggiore nel portare cambiamenti significativi alla propria fede.

Amico 1: Ad Algeri avvengono cambiamenti, nei piccoli paesi la “fissità” è molto maggiore.

Marco: Ci sono scuole laiche oppure laiche e religiose o solo religiose?

Amico 1: E’ un po’ come in Italia: le scuole sono laiche ed un’ora a settimana c’è l’insegnamento della religione.

Per la gioventù ci sono scuole coraniche, una scuola aggiuntiva obbligatoria: “catechismo coranico”. I ragazzi non hanno vacanze, quando sono chiuse le scuole statali i ragazzi frequentano le scuole coraniche e adesso anche le donne vengono accolte, perché ci si è accorti che le donne non conoscono il Corano, non sanno leggere e così imparano a leggere in arabo.

Francesco: L’attuale presidente egiziano ha fatto un decreto che autorizza le donne a diventare Imam. E’ stato proprio questo presidente-militare a chiedere all’Università musulmana un impegno per un rinnovamento.

Antonella: Ho una bambina pakistana a cui faccio lezione e mi racconta che suo padre muratore quanto torna dal lavoro anche se molto stanco si lava i piedi e va alla preghiera.

Francesco: Non è che ci sia questa unanime devozione: ho assistito ad un matrimonio in Algeria e durante il matrimonio da sotto il tavolo uscivano continuamente bottiglie di alcolici.

Amico 1: Non dobbiamo pensare di conoscere il mondo islamico guardando i loro comportamenti qui, certamente qui risentono del forte condizionamento dell’ambiente…come lì del loro ambiente. L’impero dell’alcool purtroppo è universale.

Gigi: Noi abbiamo avuto l’incontro con l’Islam grazie a Papi, il nostro figlio affidatario, che proviene dal Senegal ed ha una madre naturale rigidamente musulmana. Negli anni in cui è vissuto con noi abbiamo tentato di aiutarlo a vivere la sua fede e le sue pratiche, che in un bambino si riducevano a non usare il maiale. Ora lui ha 26 anni, ma durante questi 20 anni lui “ritrovava” la sua fede quando tornava in Senegal. Ora che vive qui, per conto suo, l’Islam è completamente dimenticato. Mi accorgo che è stata una parte importante della sua formazione, ma il mondo occidentale in cui viviamo è talmente lontano dalla religiosità che lui ignora totalmente quelle sue radici. Ciò che ogni tanto riaffiora è il mondo delle superstizioni, come i piccoli amuleti, ma la fede religiosa si è dissolta negli abissi.

Chiara: Un ragazzo del Niger è andato in questura per il rinnovo del visto e il funzionario gli spiegava che in italiano il suo paese si chiama Nigeria. Di fronte alle sue resistenze, alla fine hanno chiamato il direttore che con molta calma spiegava al ragazzo: “No, guardi, il suo paese è ben conosciuto, si chiama Nigeria”. Il ragazzo rispondeva: “Sono uscito di casa due ore fa: se nel frattempo la Nigeria non ha invaso il Niger, sono due paesi diversi!”. L’ostinazione del giovane ha creato qualche dubbio nel direttore che è rientrato nel suo ufficio e dopo un po’ ha chiamato il funzionario perché desse il visto per il Niger.

Amico 2: Il Niger fa parte dell’Africa sub-sahariana. Al nord c’è una popolazione berbera, quasi certamente un’unica realtà con i berberi dell’Algeria. Ci sono i Tuareg che fanno parte della popolazione e ci sono diverse altre etnie.. Tutti questi popoli costituiscono lo stato del Niger.

L’Islam sub-sahariano e dell’Africa in generale, è diverso dall’Islam arabo, c’è una componente di tolleranza molto forte. La religione tradizionale è molto viva, l’Islam è arrivato tramite i commercianti dopo la morte di Maometto.

L’Islam del Nord: Algeria, Tunisia, Marocco ha una colorazione, l’Islam del Sud: Niger, Mali, Ciad ha un’altra colorazione.

La nostra frontiera a sud è con la Nigeria, e proprio questa frontiera è il campo di battaglia dei Boko-Haram. Fino ad un certo punto c’è stata una serie di aggressioni nei confronti delle comunità cristiane della Nigeria, poi però è diventata una questione politica che li ha spinti ad allearsi con altri movimenti politici sovversivi. Quali sono i loro progetti? Non appare chiaro, perché in alcuni momenti si scagliano contro i cristiani, in altri momenti contro gruppi islamici tradizionali. Ultimamente si sono allargati nel Camerun, Niger e Ciad. Dalla frontiera Niger-Nigeria si sono spostati alla capitale del Niger distante 1500 km.

Essendo l’Islam del Niger molto più tollerante rispetto ad altri paesi, la convivenza con i cristiani non ha rappresentato grossi problemi. Certo se un musulmano pensasse di diventare cristiano questo sarebbe un problema serio. Ma d’altra parte se in una famiglia cristiana un ragazzo, qui da voi, decidesse di diventare musulmano anche voi qui creereste grossi problemi. Quando però ci sono cristiani che vengono ad esempio dal Togo o dal Benin questa loro fede non crea problemi.

Il nostro Islam è un Islam delle confraternite. L’Islam non è un blocco, è una religione molto semplice che prevede l’adorazione a Dio che è il più grande di tutti. Prevede un culto ridotto al minimo, rappresentato dai 5 pilastri dell’Islam: il digiuno, la preghiera, il pellegrinaggio alla Mecca, l’elemosina e il contributo alla moschea.

E’ molto forte la “vita insieme”, l’essere parte di una realtà che supera, sostiene i singoli individui. Insieme si combattono la fame, la sete, le minacce esterne.

Nel mondo dell’Islam ci sono tanti blocchi: i sunniti, gli sciiti etc e esiste una grande diversità nei vari blocchi e nelle varie regioni e paesi.

Le confraternite sono come scuole di spiritualità, hanno una maniera propria di pregare e di vivere la vita. Da noi ha un grande peso il Sufismo, una scuola di saggezza molto tollerante, molto aperta. All’interno ha tutta una gerarchia di valori,oltre quelli dell’Islam. La maggioranza delle confraternite sono Sufi, ognuna con la sua nota particolare,…tra tutte queste diversità c’è stata una grande armonia, fin quando non sono arrivati i “terroristi”, un’orda venuta da non si sa dove.

Un capitolo a parte è il mondo dei Tuareg, un tempo un unico popolo. Essi sono al nord del Niger, al sud dell’Algeria e all’est del Mali, un unico popolo ma smembrato a tavolino dai francesi.

I Tuareg del Mali da secoli hanno rivendicato una loro identità, una loro autonomia. Non si sentono africani. Anche nel Niger ci sono stati da parte dei gruppi Tuareg rivolte per rivendicare una loro indipendenza. Essi vivono in zone deserte, steppose, vittime di carenze d’acqua piovana. Essendo pastori di greggi soffrono di questa siccità e rispetto agli aiuti internazionali, essendo ai margini di tutt’e tre gli stati, sono spesso tagliati fuori. Loro non si sentono considerati e le popolazioni dominanti li considerano eterni agitati ed insoddisfatti. C’è stata una rivolta nei Tuareg del Mali, che ha trovato come unico interlocutore Al-Qaida. Senza rendersi conto di chi fosse hanno accettato questo “appoggio” e lì sono cominciate infiltrazioni che hanno bruciato moschee, mausolei….partono da qui questi piccoli gruppi che si dicono musulmani ma che non hanno nulla in comune con L’Islam.

Il mondo dei Tuareg invece è un Islam moderato e condizionato dai tempi richiesti dalla cura dei greggi. Non hanno un’osservanza stretta ed essendo nomadi non hanno possibilità di frequentare scuole coraniche. Le donne hanno tutte un ruolo, una responsabilità ben precisa, perché i loro mariti per alcuni mesi l’anno sono lontani a causa delle carovane.

Quando questi movimenti terroristici si sono infiltrati nel Mali è stata la fine della pace. Le incursioni aeree, ad es. dei francesi, sembrano allontanare il grosso dei terroristi, ma lasciano sul terreno tanti infiltrati, batteri invisibili, inafferrabili, tante mine vaganti. Anche lo stesso Gheddafi, un dittatore, un feroce dittatore, ma particolarmente feroce contro i gruppi terroristici, è stato abbattuto. Abbattuto Gheddafi, il terrorismo non ha avuto più ostacoli. Gheddafi non aveva un esercito, e tanti Tuareg facevano parte del suo corpo di protezione, una sorta di milizia sorta dal nulla perché ben pagata; morto Gheddafi i componenti di tale milizia sono scappati con le loro armi e si sono infiltrati in questi gruppi terroristici.

Dal confine nigeriano c’erano invece i BOKO-HARAN, parola che vuol dire “la cultura occidentale è proibita”. Lì la cultura scolastica è molto bassa. Un problema fondamentale è proprio la mancanza di formazione, di cultura, il primo che passa, che parla forte e paga bene è sempre seguito. Questo spiega il grande ingarbugliamento in mezzo al quale ci troviamo. La Nigeria è una confederazione di stati, come gli USA, e c’e tra i vari stati un faticoso bilanciamento di forze diverse. Il nord del Paese e mussulmano, il sud, in gran parte cristiano. Questo gruppo Boko-Haram che abita il nord della Nigeria, ha una forte ostilità verso i cristiani, ma anche ostilità altrettanto forte nei confronti dei musulmani moderati . Da tempo si e stabilito un equilibrio per un presidente eletto a turno: un cristiano ed il successivo musulmano. Nel corso di un’elezione non è stata rispettata questa alternanza dal presidente cristiano e i vecchi rancori risalenti al Biafra sono di nuovo scoppiati. I Boko-Haram si sono inseriti in questi conflitti utilizzando bombe, facendo carneficine come atti di forza… tutto questo senza alcun piano o logica, solo con la volontà di seminare terrore.

Il Biafra è al sud della Nigeria.

I Boko-Haram hanno cercato alleanze con i gruppi terroristici di maggior peso, i quali hanno chiesto loro: mostrateci prima le vostre capacità, qui c’è stato un salto di intensità e di violenze, da qui risale il maggior numero di morti. Ora sono associati ai movimenti terroristici del nord. Sono contro la cultura occidentale, ma ne utilizzano tutte le tecnologie e le armi. Ma da dove provengono tutti questi mezzi?

M. Dominica: Per quanto riguarda i viaggi di solidarietà siamo stati quest’estate nel Burkina-Faso. Un giorno eravamo vicino ad una grande moschea e ci siamo affacciati per sapere se potevamo entrare. Hanno fatto entrare prima gli uomini e poi le donne. Ci hanno chiesto se volevamo incontrare l’Imam.

Quest’uomo ci ha accolto con molta amabilità. Aveva fatto un pellegrinaggio a piedi fino alla Mecca, impiegandoci 10 anni e lavorando durante le varie soste. Di ritorno dal pellegrinaggio la comunità lo aveva eletto Imam.

Anche nel Burkina Faso c’è tutto un equilibrio tra gruppi diversi nel tentativo di cercare chi può fare il presidente, chi la guida morale. Anche tra il cardinale e i gruppi islamici c’è uno scambio d’incontri, di auguri, contrastati però dai gruppi integralisti.

Questo Imam non ci ha parlato facendo propaganda, si è trattato invece di uno scambio prezioso di idee.

Quando in passato siamo stati nel Camerun serpeggiava un’ostilità nei confronti dei cristiani, conosciuti come corrotti e accaparratori delle cose migliori. Quanta ostilità è nata in conseguenza di cattive testimonianze di sfruttamento?

Amico 2: Tutta l’Africa è stata saccheggiata: oro, diamanti, materie prime e la popolazione locale è diventata sempre più povera. I Boko- Haram possono infiltrarsi in una situazione di malcontento generalizzata.

In Burkina da una religione animista molti sono diventati cristiani, hanno tutta una chiesa fatta di gente nativa del Paese, nel Niger, invece, la maggioranza è musulmana (circa il 95%) e i cristiani sono spesso appartenenti a piccoli gruppi provenienti dai paesi vicini (i cristiani originari del Niger sono davvero pochissimi).

Francesco: C’è tutta una discussione, tra gli studiosi francesi, sul peso che il mondo arabo ha avuto nella traduzione e trasmissione della filosofia greca. Alcuni sostengono che un grosso contributo a tale trasmissione è dovuto ai monasteri. Questa discussione tra studiosi è diventata ideologica, quindi uno scontro tra islamofobi e islamofili.

In Andalusia, in particolare a Cordoba, per alcuni anni c’è stato un califfato e la convivenza era pacifica, anche se le comunità ebraica e cristiana erano ghettizzate. Malgrado questo c’era un reale scambio, al punto che il califfo, d’accordo con il vescovo, bandiva il sinodo per la chiesa: i cristiani erano considerati come sudditi non come avversari.

Certamente nell’algebra c’è stato un forte contributo del mondo arabo.

Abbiamo avuto un tunisino che ha scritto un’opera sui berberi e viene considerato un antesignano della sociologia moderna.

Nel frattempo l’occidente, con lo sviluppo della scienza e della tecnica, ha trasformato il mondo e loro si sono chiusi nelle loro identità. Il loro contributo alla società contemporanea mi pare molto limitato.

Amico 2: Forse è più giusto dire: li abbiamo chiusi. Le nostre ricerche e le nostre scoperte le abbiamo imposte e oggi, dopo secoli in cui si sono sentiti continuamente banalizzati, disprezzati, oggi tentano di dire: ci siamo anche noi.

La fede islamica è molto semplice ed efficace, va direttamente a Dio senza intermediari, punta sulla solidarietà, l’obbedienza al Libro.

Quanto della nostra fede cristiana viviamo? Qual è la nostra familiarità con Dio? Quanto la nostra testimonianza parla della nostra fede?

Paolo: Molte delle violenze scoppiate ultimamente, ad esempio chiese e centri culturali bruciati, non si devono far risalire alla popolazione, ma a bande di giovani pagati profumatamente.

Gigi: A proposito delle vignette di “Charlie Hebdo” che sono state alla base di tante rivolte: il valore della libertà di espressione è un valore da condividere, ma non può prescindere dalla sensibilità e cultura altrui.

Lorenzo: Veniva fatto notare in “Uomini e profeti”, una trasmissione su Rai 3, che la libertà deve essere coniugata con uguaglianza e fraternità. Dice San Paolo: “potete mangiare carne immolata agli idoli, ma se questa tua libertà offende un altro non mangerete più carne.”

Gigi: Quando Calderoli andò alla televisione con quelle vignette sulla maglia, noi non dicemmo che era libero, dicemmo che era un folle.

Dobbiamo distinguere il rispetto e l’amore verso le vittime dall’arroganza di chi pensa di possedere tutta la verità e disprezza la verità altrui; questo atteggiamento di disprezzo accresce il disprezzo e l’odio.

Quest’arroganza ha bloccato non solo le relazioni esterne, ma anche la stessa cultura interna. La libertà se non è unita all’approfondimento spirituale è solo un dis-valore.

Gianfranco: Questi avvenimenti in Francia e poi nei paesi musulmani non fa che far crescere una visione semplicistica e ignorante del mondo musulmano. Oggi rischiamo di leggere l’Islam con la lente di questo estremismo, in cui soffia dentro tutto il razzismo xenofobo.

In questa mattinata abbiamo potuto approfondire un po’ della complessità dell’Islam, le tante ricchezze… ma, se manca questo approfondimento, finiamo preda della paura e dei luoghi comuni. Questa paura fa guardare a chi è vestito in modo diverso come un pericolo in cui si annida violenza e da qui nascono azioni collettive che rischiano di minacciare di distruggere tutto ciò che si è costruito nel corso di secoli.

Franco: Sentiamo giornali e telegiornali parlare di “terrorismo islamico” poi ascoltiamo musulmani che dicono: “ ma quello non è Islam, ciò che dicono e fanno quei gruppi non appartiene alla nostra cultura e fede.” Subito dopo, di nuovo, si mettono nello stesso calderone tutte le persone appartenenti ad una stessa area.

Chiara: In una classe terza media ci sono due musulmani e dicevo ai ragazzi: “state attenti perché quei due hanno nello zaino una bomba”. Tutti si sono messi a ridere. Ora è necessario quando usciamo e sentiamo dire: “Sono tutti terroristi” spiegare che noi abbiamo amici musulmani e non sono affatto terroristi.

Questi due ragazzi spiegarono: “a casa parliamo di queste cose e papà dice che il Corano vieta di uccidere”

Francesco: C’è tutto un intreccio di fede, di politica, di interessi economici.

Amico 2: Ci sono incontri islamo-cristiani in cui ci si confronta: tu musulmano cosa sai e cosa pensi del cristianesimo? E viceversa. Su questo poi si discute con molto rispetto. Sono molti questi incontri in una realtà in cui il 95-98% sono musulmani. E’ molto frequente lo scambio di inviti a cena.

Durante questi disordini sono stati numerosi gli episodi in cui le famiglie musulmane hanno ospitato e protetto i cristiani. A volte ci ritroviamo a pregare insieme nello stesso posto, pregando e ascoltando la preghiera dell’altro.

Identificare l’Islam con il terrorismo è indice di ignoranza, di non conoscenza del mondo islamico.

Gianfranco: La nostra religione cristiana è così povera di una reale conoscenza delle varie fedi, sia nella formazione comunitaria, sia in quella scolastica.

Lorenzo: Forse è anche necessario recuperare il valore di ciò che è successo nella “primavera araba”, ciò che c’è stato e c’è alla base, non si può ridurre tutto ad una manipolazione esterna. E’ importante cogliere la ricchezza di una base che poi forse non è stata in grado di organizzarsi ma capace di lottare contro feroci dittature interne…cosa che noi europei non sempre abbiamo fatto.

M. Dominica: L’ultimo libro di U. Eco, “Numero Zero”, è un manuale del cattivo giornalista.

Chiara: Sulla “Buona Scuola” dell’ultimo governo un commento che ho letto faceva notare come una pessima riforma può essere presentata con dei termini che incantano e distraggono, come ad esempio “eccellente”, “all’avanguardia” etc. Un tale modo di presentare la riforma nasconde la volontà di non voler far crescere la cultura ma venderla al miglior offerente.

Francesco: I fatti della Nigeria del Boko-Haram non ha scatenato la stessa reazione avuta per i fatti di “Charlie”.

L’ebola ha provocato migliaia di morti, ma in Africa, e di questo non si parla. Quando l’infezione rischia di arrivare in Europa allora scoppia l’allarme.

M. Dominica: Vedere le foto che manda l’astronauta Samantha dallo spazio ci invita ad uscire dal nostro ombelico

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  1. Carlo Molari, I nuovi sentieri dell’ecumenismo, Rocca 15 marzo 2015
  2. Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 244
  3. Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 246