Lettera 30 (Seconda Serie)

Carissimi amici,

eccoci a pubblicare come promesso le relazioni e gli interventi del Convegno “La riscoperta della Bibbia nel mondo cattolico” che abbiamo tenuto nella Parrocchia di S. Fulgenzio il 26 di ottobre.

Questo era il 3° incontro sul Concilio Vaticano II. Nei primi due incontri abbiamo presentato prima il Concilio e la sua novità e poi, nel secondo incontro, abbiamo voluto fare nostre le parole della “Gaudium et spes”: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.(…)” e affrontare il mondo del lavoro con una particolare attenzione alle difficoltà ed alle speranze dei giovani.

In questo terzo incontro l’attenzione è stata posta su un’altra grande “riscoperta” del Concilio: la Bibbia. Si tratta più che di una riscoperta, come bene ci ha detto Rosanna Virgili nella sua relazione, di una restituzione. Dopo secoli in cui il clero si era tenuta stretta la Parola condividendola col popolo solo attraverso la scelta dei brani nella liturgia, ecco che dal Concilio la Bibbia è stata rimessa al centro della vita della Chiesa e affidata a tutti i credenti.

Ghislain Lafont ci ha presentato nella sua relazione la grande tradizione monastica della lettura della Bibbia e una esperienza contemporanea di attualizzazione nella grande città moderna.

Una possibile nostra risposta ha avuto due momenti molto significativi nel pomeriggio: prima un gruppo di noi ha presentato, con una lettura condivisa e personalizzata, il libro “Dire, fare, baciare… Il lettore e la Bibbia ”di Lidia Maggi e Angelo Reginato , poi ci siamo divisi in gruppi per una lettura del Vangelo della domenica seguente.

Il metodo è quello che usano molti gruppi del Vangelo ed è basato su una prima lettura, la risposta dei partecipanti che scelgono una frase che li ha colpiti (cosa mi dice la Parola?) una seconda lettura seguita dagli interventi in cui i partecipanti esprimono la loro risposta (cosa mi chiede la Parola?) e infine una terza lettura a cui seguono le intenzioni di preghiera. Certo non è l’unico metodo di lettura comunitaria ma è stata per tutti, “esperti” e neofiti, un’esperienza coinvolgente e significativa.

E voi, nostri amici lettori, come avete recepito questa nuova centralità della Bibbia? Come la Parola vive nella vostra vita? Saremmo contenti di ricevere delle risposte e condividere percorsi ed esperienze.

Sommario della 30° lettera:

  1. Presentazione del Convegno
  2. Relazione di Rosanna Virgili, teologa
  3. Relazione di Ghislain Lafont, monaco e teologo
  4. Interventi e domande
  5. Risposte dei relatori
    1. Presentazione del convegno

Presentazione del Convegno

Micaela Sorresi (Gruppo de “La Tenda)

Perché in mezzo a tanta sapienza, c’è anche il mio volto?

Questa è la sorte voluta dall’autore della Parola, che in mezzo a tanta fragilità non teme di farsi presente.

La voce del Signore ha molti timbri e molte lingue, non aspettiamoci che giunga da una parte sola.

La riscoperta della Bibbia nel mondo cattolico fa parte di quel tentativo che ognuno di noi, ogni giorno, cerca di portare avanti.

Paolo Salvini (Parroco di San Fulgenzio).

Grazie per essere qui, per noi è bello ritrovarci; il primo contenuto è proprio nell’incontrarci; è importante che le conoscenze che abbiamo portino tante persone ad incontrarsi e che la rete possa allargarsi.

Io sono nato nel ’62, l’anno dell’inaugurazione del Concilio e sono grato alle generazioni precedenti, che mi hanno permesso di nascere in un contesto nel quale la Bibbia era di casa, incontrando persone che hanno accolto questa ricchezza come una grande attesa. Io non riesco a immaginare una vita cristiana senza la Scrittura, non so come si potesse vivere diversamente.

Un tempo dalla Bibbia si attingevano dei contenuti, a volte forzando, a volte rispettando. Ora siamo di fronte ad un incontro interpersonale che non coinvolge solo la nostra mente, ma muove le nostre vite, le nostre scelte; una parola che ha dato fiato alla nostra vita, ci ha aiutati a vivere anche in decenni poco luminosi. Nella Bibbia scopriamo la presenza del Signore, la presenza di tante persone che sono state per noi padri, fratelli e nelle generazioni future anche madri.

La gioia di ritrovarci oggi deriva dal ritrovare una parola di Dio e ritrovare tanti fratelli e sorelle, tutto questo ha permesso di continuare a camminare in tempi non tanto facili.

Relazione di Rosanna Virgili, teologa

Io abito a S. Giovanni, oggi siamo qui alla Balduina: la stessa città, ma c’è una distanza tra la Balduina e il centro. Questo ci segnala che le città non sono degli organismi compatti, spesso e volentieri sono dei compartimenti stagni, sono degli agglomerati, nel senso letterale del termine. Parti che sono geograficamente vicine le une alle altre, ma non sono collegate da giunture. Quando una città non ha le giunture, basta un temporale più forte degli altri a farla cadere. Questa, naturalmente, è una suggestione, ma è anche profondamente biblica. Nella lettera agli Efesini, al capitolo IV c’è un testo bellissimo sulla Chiesa. Paolo disegna la Chiesa, parlando dei carismi. La Chiesa è formata da tante persone che sono venute alla fede e che sono paragonate alle parti di un corpo. Dunque la Chiesa è un corpo, un organismo. Una parte deve essere congiunta all’altra e una parte è necessaria all’altra, come nel nostro corpo. Ogni membro è un carisma. Ma se i carismi non si mettono insieme, non funzionano insieme è come se non esistessero. In quel testo del capitolo IV, Paolo dice: “Voi siete le giunture”. Questo vale per la Chiesa, ma anche per una città. Se non ci sono le giunture, da una parte c’è desolazione, disperazione, dall’altra c’è indifferenza, isolamento. L’indifferenza globalizzata, di cui ha parlato Francesco a Lampedusa, penso sia la grande nemica della fede. L’indifferenza è l’estraneità alla fede.

Nella lettera di risposta a Scalfari, Francesco ha dato una definizione di verità. La parola verità è certamente legata alla Bibbia. Il popolo di Dio, i credenti, chiedono alla Bibbia la verità. Ma nella Bibbia ci sono molte verità. Faccio un esempio: come è venuta al mondo la donna, secondo la Bibbia? Dalla “costola” o la parte sotto il cuore dell’uomo? La prima volta in cui si parla della donna nella Bibbia, si parla di uomo e donna insieme: ish e isha. In Genesi 1, la creazione della donna avviene quando Dio crea l’essere umano, insieme agli animali terrestri. E l’essere umano è sessuato, maschio e femmina. In Genesi 2, c’è tutta un’altra storia. Qual è la verità?

Noi utilizziamo un concetto di verità che è di origine greca e che si fonda su un principio logico, che è quello di non contraddizione. Nella Bibbia di contraddizioni ce ne sono tante. Pensiamo ad esempio alla cena di Gesù: nel Vangelo di Giovanni c’è una tradizione, nei sinottici ce n’è un’altra. Quando è morto Gesù: nel giorno di Pasqua o il giorno prima? Che cos’è la verità, dunque? Francesco dà una definizione di verità tipicamente biblica: la verità è una relazione. Con questa parola ha superato una contraddizione che Benedetto ha posto tra fede e relativismo contemporaneo. Definendo la verità una relazione, dice che la verità non è un assoluto, nel senso che nessuno, neanche chi ha come credente una verità rivelata, possiede tutta la verità. Ha detto anche che la verità ci abbraccia. Francesco è dunque uscito da una definizione dottrinale, nonché dogmatica di verità. C’è una definizione di dogma, della vecchia scuola dei gesuiti, che suona così: il dogma è una verità inconfutabile. Quando si va alla Bibbia, le cose sono molto diverse: nella Bibbia la verità non è una dottrina, non è un enunciato, ma una ricerca fatta attraverso una relazione. La parola ebraica che significa verità è emet che significa, di per sé, fedeltà. Non esiste nella Bibbia una parola che corrisponda alla parola verità, così come la intendiamo noi.

Un grande problema che esiste ancora oggi è quello dei miti di creazione. Se torniamo a Genesi 2, la donna viene tratta dalla parte sotto al cuore dell’uomo. Nella lettera ai Corinzi, lo stesso Paolo, dopo aver detto che l’uomo è a capo della donna, è costretto a dire che tutti gli uomini nascono dalle donne. Ma, allora, l’uomo nasce dalla donna o viceversa? L’uomo nasce dalla donna, almeno finché un uomo non partorirà. Cosa che, paradossalmente, è presente nella Bibbia? Al capitolo 30 di Geremia, si dice: “Può forse un maschio partorire?”. Ci aspetteremmo una risposta negativa… Il profeta a questo punto dice: come mai vedo tutti gli uomini con le mani sui fianchi nell’atto di partorire? Metafora del parto applicata agli uomini. Questo per dire che il linguaggio biblico contiene il paradosso, è pieno di cose assurde dal punto di vista logico, ma che corrispondono alla speranza dell’umanità, al desiderio di vivere, di superare tutte le barriere possibili, a partire da quella della morte, a partire da quella del tempo che Dio diede all’uomo e alla donna quando li portò all’uscio dell’Eden. Tutta la Bibbia da quel testo in poi, che conclude Gn 3, racconta la tensione di tutta l’umanità verso la vita. Per questo a Natale addobbiamo un albero: l’albero della vita che è Gesù. Quello che è stato impossibile per il primo Adamo, diventa possibile con Gesù. Il primo Adamo conquista la conoscenza, la scienza, la tecnica: prerogative dell’uomo che lo rendono come Dio.

Tutto questo ci introduce al mondo della Bibbia e ci fa capire perché la Chiesa cattolica, prima del concilio Vaticano II, ha preso questo testo e lo ha tenuto stretto nelle mani del clero. Più che di riscoperta della Bibbia con il Concilio, parlerei di restituzione. La Bibbia è stata restituita ai battezzati, ai laici. Mentre, prima del Concilio, il clero era il mediatore tra il popolo e la Bibbia nella celebrazione dell’eucaristia. Non c’è niente di più tendenzioso della scelta dei brani biblici nella liturgia. Un conto è la Bibbia, un conto sono le letture tratte da essa. Ef 5, 21 e seguenti contiene un testo che nella Bibbia della CEI del ’74 era intitolato “Morale domestica” e che, in realtà, è un trattato di cristologia ed ecclesiologia. “Voi mogli siate sottomesse ai vostri mariti”. Questo testo parla del rapporto tra Cristo e la Chiesa, usando metaforicamente il rapporto tra marito e moglie. Il rapporto sponsale nella Bibbia è la grande metafora dell’Alleanza tra il popolo d’Israele e Dio. Se si vuole tagliare un testo per la liturgia, un conto è tagliare dal versetto 22 che dice proprio “Voi mogli siate sottomesse ai vostri mariti”, un conto è farlo dal versetto 21 dove leggiamo: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore del Signore”. E’ diverso. Voi, nella Chiesa, siate sottomessi gli uni agli altri, cioè siate legati gli uni agli altri, siate coordinati: ci facciamo un’immagine orizzontale. Tutti siamo ordinati gli uni agli altri, nel timore del Signore. Il versetto 22 a questo punto è una metafora per indicare tutta la Chiesa, che è sottomessa al Signore. Il Signore è capo della Chiesa, cioè Salvatore del suo Corpo. “I capi del mondo sottomettono le nazioni, ma il figlio dell’uomo è venuto tra voi per servire”, per essere diacono, non come dominatore, ma come uno che serve, che sta in basso e non in alto.

Leggere la Bibbia è importante per sapere la nostra fede e per evitare che vengano fatte delle autentiche manomissioni dei testi, che tali testi vengano utilizzati a supporto di una cultura che non deriva dalla Bibbia, ma che chiama la Bibbia per giustificare la realtà. Per esempio la sottomissione delle mogli ai mariti. Ma in Ef 5 la sottomissione delle mogli ai mariti è la stessa sottomissione della Chiesa a Cristo, cioè a colui che salva il suo corpo. Il marito, che deve comportarsi come Gesù, ami la propria moglie come Cristo ama la Chiesa, consegnando ad essa se stesso. Consegnare il proprio corpo significa la croce. L’atto coniugale di Gesù con la Chiesa, metaforicamente, è la croce. La croce è la consegna del corpo all’altro. Dunque il compito dei mariti sarebbe addirittura più gravoso di quello delle mogli, paradossalmente. Quando in Calabria ho commentato questo testo, mi si è avvicinata una donna che mi ha detto: “Sapesse che cosa ho patito io a causa di questo testo: quando mio marito tornava a casa e mi picchiava, lo faceva dicendomi che dovevo essere sottomessa”.

Per leggere la Bibbia è necessaria una maturità. Ma Paolo dice dei cristiani: “Voi non siete più νήπιοι (minorenni)”, voi siete grandi, avete la responsabilità di mettere la vostra coscienza, la vostra capacità di giudizio. E’ un rapporto vitale quello che dobbiamo avere con la Bibbia, non possiamo fare estrapolazioni indebite e non possiamo considerare solo il Nuovo Testamento. Nella Bibbia c’è la verità della storia della Rivelazione di un Dio che cambia il suo Volto, cambia anche il nome. La Bibbia non è una cristallizzazione: nella Bibbia è raccontata una storia. La verità è una crescita, un cammino. Nel Nuovo Testamento Gesù chiama se stesso “Strada”, cammino. Per esempio nella Bibbia c’è il passaggio tra vendetta e perdono. Ma tale passaggio non avviene con Gesù. Nel Primo Testamento ci sono testi importantissimi che parlano del perdono, senza i quali non potremmo capire niente di Gesù. Per esempio nel libro di Isaia 1, 18 in cui Dio dice, dopo aver chiamato i re di Gerusalemme capi di Sodoma, “su venite, discutiamo. Che ve ne pare?”. Dio tratta gli assassini da grandi. Nella Bibbia, più che la fede dell’uomo in Dio, troviamo la fede di Dio nell’uomo. Dio si vede costretto, per amore, a credere di nuovo nella sua Sposa. La storia di Dio con Israele è una storia di un continuo cedimento amoroso. Ad esempio, nell’Eden non si poteva mangiare la carne, poi l’umanità si è corrotta ed ha cominciato a mangiare la carne. Dio guarda gli uomini e dice: non li riconosco più, li voglio distruggere. Poi si pente. Abbiamo un’immagine sapienziale di Dio nella Bibbia. E per un solo giusto, Noè, Dio salva l’umanità. C’è un continuo braccio di ferro tra Dio e l’umanità. Finito il diluvio Dio stipula un’alleanza con Noè… e permette all’uomo di mangiare la carne, ma ob torto collo. Però Dio dice di non consumare il sangue, che è la vita. Riportandolo ad oggi, alla nostra manipolazione degli animali, noi consumiamo “il sangue” e non “la carne”, cioè facciamo nostra la loro vita, che non sarebbe nostra; quando noi costringiamo le mucche con una mutazione genetica a produrre latte tre volte al giorno “consumiamo il suo sangue”. Il Concilio ha avuto il coraggio di restituirci la Bibbia che prima era solo nelle mani del clero e per di più in latino. La riforma liturgica per la quale si parla italiano durante la Messa ha significato già un restituire la Bibbia al popolo di Dio, è stata una festa di Pentecoste. Ogni popolo ha potuto riascoltare quei testi nella propria lingua, i laici e in particolare le donne, le quali, non potendo accedere al servizio presbiterale, non potevano accedere alla Bibbia. L’unico accesso ai testi avveniva attraverso gli affreschi o attraverso la liturgia, ma un vero accesso diretto al corpo della Bibbia era impedito. Dopo lo scisma d’occidente, si era creato questo blocco di accesso alla Bibbia, cioè dopo Lutero, il grande biblista che ha tradotto la Bibbia dai testi ebraici nella lingua tedesca; Lutero sta alla lingua tedesca come Dante sta alla lingua italiana. Nelle chiese “riformate” c’è stato l’accesso diretto alla Bibbia per tutti e questo ha portato per contrapposizione nel mondo cattolico ad una blindatura della Bibbia, riservata al solo clero e neanche nella sua interezza, vedi ad esempio il Cantico dei Cantici proibito nei seminari; ma il Cantico dei Cantici è il rotolo che si legge nel mondo ebraico nella festa di Pasqua. Ridando la Bibbia in mano ai laici, il Concilio ha ridato una nuova dignità ai battezzati, anzi ha dato ai laici la responsabilità di conoscerla; si sono inaugurati i corsi biblici, le settimane bibliche. Questo ha portato ad un rapporto diretto alla Bibbia spesso anche problematico. Corrado Augias ha presentato 4 o 5 anni fa un libro inchiesta su Gesù che ha venduto un milione di copie, una finta intervista; in effetti un testo pieno di interrogativi, con risposte brevissime, un libro presentato in sale piene di cattolici che si ponevano pubblicamente di fronte ai problemi da ricercare. Quando il Concilio consegna ai laici la Bibbia e lo fa nella Dei Verbum, la consegna con metodi ben precisi: “C’è la Parola di Dio, ma in parole di uomini”, occorre essere molto attenti ad aprire la Bibbia a caso, ad estrarre un versetto dal suo contesto e credere di capirne il senso profondo; questo è fare violenza al testo; la Bibbia è l’insieme di testi prodotti rielaborati in un millennio dal IX a.C. al I secolo d.C. e risentono della cultura della loro epoca. Occorre studiare la Bibbia seguendo i metodi, bisogna conoscere lo studio degli storici e ricavare poi i messaggi teologici. Ciò che interessa ai vari autori non è raccontare storie ma trasmettere un messaggio. Leggere la Bibbia è un imparare a capirla. Io stessa sono un segno vivente della Dei Verbum, di tutto il Concilio e della Lumen Gentium, perchè ho potuto studiare alla Gregoriana, a Santa Cecilia in un istituto creato appositamente per le donne, per la promozione della teologia nel mondo femminile, grazie a Paolo VI, nel proposito di rendere adulto il laicato. Fino a quel momento l’accesso alla Bibbia era precluso anche a tutti gli uomini laici. L’accesso dei laici agli studi biblici ha favorito l’ecumenismo. Il mondo cattolico, se non avesse gli studi tedeschi, avrebbe poco da dire nell’esegesi biblica, mentre c’è una grande ricchezza nelle altre chiese; ad esempio che l’annuncio a Maria fosse un genere letterario viene dal mondo riformato, poi il mondo cattolico l’ha fatto proprio. Lo studio storico-critico non conosce confini, ma permette una ricerca comune al di là delle appartenenze e sempre più spesso ci troviamo a parlare di Mosè o di Giuseppe con un ebreo, un cattolico, una pastora… a volte anche con un musulmano. La Bibbia ha creato una comunione stupenda tra le varie chiese.

A che punto siamo nel mondo cattolico? Qual è la pedagogia della Chiesa? Viene attuata sostanzialmente attraverso i sacramenti e non attraverso la Bibbia. Quella che dovrebbe essere una primaria preoccupazione della nostra Chiesa, di insegnare la Parola di Dio, si trova molto indietro. L’accesso alla Chiesa avviene attraverso i sacramenti ed il catechismo, un approccio molto povero. Spesso i ragazzi accedono ai sacramenti e non hanno letto un intero Vangelo. Non sono stati aiutati a interrogarsi su chi è Gesù. A casa i ragazzi non sentono nulla intorno a Gesù. Le catechiste devono essere persone preparate, capaci di dare questo annuncio. Questa preparazione solo catechistica e non biblica, crea poi la grande differenza tra chi si professa cattolico e chi segue la messa domenicale.

Papa Francesco è un dono di Dio perché parla il Vangelo, parla la Bibbia, le parole hanno una profondità biblica in un linguaggio semplice, immediato e profondo che era il linguaggio di Gesù.

Relazione di Ghislain Lafont, monaco e teologo

Sono nato in un tempo in cui la Bibbia non c’era nella vita comune della nostra Chiesa Cattolica. Tutto era costruito sui Sacramenti, -andare alla messa e confessare i peccati-, per guidarci c’era il Catechismo del Concilio di Trento. La Bibbia era un corpo un po’ pericoloso, era il campo dei protestanti e quindi era pericoloso. Mi ricordo bene che negli anni ’50 i domenicani di Gerusalemme hanno incominciato la famosa Bibbia di Gerusalemme e l’hanno pubblicata fascicolo dopo fascicolo. Mi ricordo bene, facevo la licenza di teologia a Parigi nel 1956 quando è uscita la Bibbia di Gerusalemme in un solo volume, era una novità quasi assoluta.

Io ho cominciato a studiare e ho visto che studiare la Bibbia col metodo storico-critico era molto difficile perché cambiava sempre, allora quando studiavo e poi insegnavo c’erano degli schemi che venivano dalla scuola protestante tedesca, ora di recente altre ipotesi sono venute fuori e questi schemi sono un po’ un residuo del passato e la storia della formazione della Bibbia viene raccontata in maniera un po’ diversa, ed io dovrò aggiornarmi, ma siccome sono vecchio lo faranno in gran parte i miei successori.

Allora come leggere la Bibbia, questo è un problema, cosa fare di questo libro restituito e di nuovo aperto? Libro restituito ma perché? Tutti a casa ne abbiamo una copia, ma la leggiamo tutti i giorni? E l’abbiamo letta tutta? E allora perché no? Forse perché delle parti sono facilmente comprensibili, il Nuovo Testamento, i Vangeli, ma già S. Paolo è difficile, chi ha capito completamente la Lettera ai Romani me la spieghi. E nel Vecchio Testamento, la genesi, su cui si fonda la storia della civiltà umana, si capisce abbastanza, ma di tutti i libri legislativi cosa dobbiamo farne? E poi si vede che questo popolo dell’alleanza non era di così alto livello né spirituale né umano, perché leggere queste cose? Anche la morale dei “Proverbi” è una morale un po’ bassa, l’ideale è un uomo onesto che non fa né troppo bene né tropo male, e poi i libri dei re e delle Cronache…Che fare di tutto questo? come leggere la Bibbia? forse avrei dovuto rifiutare il vostro invito perché una risposta non ce l’ho, è sempre un ricominciare di nuovo.

Ma io voglio dire ciò che so, sono monaco o meglio cerco di essere monaco e i monaci hanno una tradizione di lettura della Bibbia, almeno dal Medio Evo quando hanno imparato a leggere. E non c’era la stampa e copiavano, e quando hai copiato tutto un libro allora forse capisci qualcosa. Allora vorrei condividere con voi questa nostra tradizione.

Prima di tutto la nostra convinzione cattolica cristiana è che la Bibbia è un libro ispirato, cioè lo Spirito Santo ha messo lì la sua mano, e questo ci rimanda immediatamente al fatto che anche tutti noi siamo ispirati perché da battezzati e cresimati abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Lo lasciamo in noi dormire forse un po’ troppo ma c’è. La lettura della Bibbia, quindi, prima di tutti i discorsi che si possono fare, è l’incontro dello Spirito che c’è nel Libro con lo Spirito che c’è in noi. Anche se capiamo con difficoltà abbiamo a priori una intelligenza fondamentale, quindi la prima cosa per affrontare la Bibbia è pregare, nella Liturgia o nella propria stanza, per rinnovare così il contatto con lo Spirito: è la condizione necessaria anche se non sufficiente per cominciare a capire qualcosa, perché noi cerchiamo con una intelligenza spirituale che è lo strumento per scoprire questa verità scritta in questo libro.

A partire da questa visione di lettura spirituale vorrei presentarvi due riflessioni che hanno fatto i nostri padri del monachesimo. La prima è il metodo spirituale, la seconda riguarda che tipo di verità cercare nella Bibbia.

  1. Il metodo spirituale: mi riferisco ad un autore del Medio Evo del XII secolo, Guigo il Certosino che ha scritto un piccolo libro che si chiama “Scala Paradisi” , noi dobbiamo salire su questa scala. Lui indica quattro gradini ed io vorrei aggiungerne un quinto.
  2. Il primo gradino è la LETTURA. Non è tanto facile leggere bene un testo, bisogna prendersi il tempo di leggere e per noi, che abbiamo una certa abitudine alla Bibbia, è importante non trascurare questo primo gradino; anche se un testo l’abbiamo letto mille volte, bisogna leggere come se non si sapesse niente. Leggere con attenzione mettendo in gioco non solo l’intelligenza ma anche l’immaginazione e la sensibilità. La differenza tra la Bibbia e un catechismo è che la Bibbia è piena di sensibilità, il catechismo è pieno di verità, ma lì le verità sono un po’ secche, la verità è sensibile. E se vedo che non riesco a leggere bene perché sono stanco o perché il testo è difficile allora scrivere. Quando ho copiato un brano, una frase, la mia mano ha capito delle cose che io non capivo. Scrivere è un modo di capire. Leggiamo ma non troppo perché per capire bisogna leggere una porzione digeribile.
  3. Il secondo gradino è la MEDITAZIONE. La parola ebraica per meditare ha diversi sensi: uno è sì meditare cioè tornare col pensiero al testo ed un altro è anche masticare, mangiare. Diceva una antica antifona: ”la bocca del giusto mediterà la sapienza”: la bocca medita perché deve un po’ mangiare il testo, ripetere le parole un po’ come se le mangiassimo. Meditare significa dunque anche all’inizio ripetere. Un elemento della meditazione che si va perdendo è la memoria, oggi non si impara più nulla a memoria, abbiamo Internet se ci serve di saper qualcosa, ma Internet non assimila, presenta e quello che apprendiamo da internet è fuori di noi, quello cha abbiamo nella memoria è dentro di noi. Mentre medito, una parola, una frase richiede oggi la mia attenzione e la ripeto. La parola letta con attenzione e ripetuta, meditata, entra nella mia mentalità, nella mia sensibilità, nella mia immaginazione e la Bibbia diventa un elemento della mia immaginazione, e questa è una cosa molto fruttuosa. Se all’inizio della giornata ho potuto leggere e meditare un po’, durante la giornata questa frase continuerà ad occupare il mio spirito e forse a dare una risposta alle questioni concrete che potrò avere.
  4. Terzo gradino è la PREGHIERA. Leggendo la Bibbia e meditandola trovo degli spunti che mi spingono a pregare e a incontrare Dio in maniera diversa chiedendogli, avendo capito quello che ci dice la Bibbia, di vivere e mettere in pratica quello che ho capito, oppure di correggere la nostra vita, o presentandogli i bisogni del mondo a partire da questa santa percezione che ha preceduto la preghiera e proviene dalla lettura. Vi dico quello che già fate: trasformare la lettura santa in preghiera di domanda. Perché c’è tanto da chiedere e anche se abbiamo l’impressione di non essere sempre esauditi nella domanda c’è già l’inizio della risposta di Dio.
  5. Il quarto gradino è la CONTEMPLAZIONE . Cosa è la contemplazione? Lo sapete perché la fate, siamo tutti contemplativi, la contemplazione è il riposo nella verità dopo i gradini precedenti, è uno stadio di intelligenza spirituale sensibile che fa sì che possiamo dimorare in Dio, scoprire lo spessore e la profondità della verità rivelata. La contemplazione è quando siamo contenti nel senso pieno della parola, abbiamo ricevuto una luce, una mitezza, la verità che ci libera e possiamo passare un po’ di tempo a vedere sentendoci illuminati. La contemplazione è un’ esperienza di tutti: non siamo giganti, siamo gente ordinaria, ma gli ordinari sono i più importanti perché il mondo è fatto da un mucchio di persone ordinarie e qualche straordinario. Dunque noi possiamo avere una contemplazione ordinaria, dobbiamo solo prenderci il tempo di gustare la rivelazione che ci è stata data. Parliamo di gusto, abbiamo parlato di sensibilità e di immaginazione, tutta la relazione con Dio non è una cosa essenzialmente intellettuale, immateriale, è una qualità della sensibilità. Si parla di “sensi” della Scrittura ma questi non sono solo i significati ma anche le sensibilità. La nostra educazione occidentale non sa più come mettere in gioco la sensibilità, apprezzare il gusto, l’udito, la dolcezza, il tatto. Leggere la Bibbia aiuta a sviluppare le qualità sensibili dell’uomo. Quando studiavamo il catechismo di Pio X, imparavamo la verità, ma una verità che lascia completamente freddi. Il punto di partenza è il rapporto tra contemplazione e sensibilità spirituale, penso che dobbiamo fare tutti i nostri sforzi per essere sensibili.
  6. Dicevo che vorrei aggiungere un quinto punto ai quattro precedenti, e questo è l’AMORE. Nello stesso tempo in cui la Chiesa riscopre la Bibbia come libro “sensibile” la Chiesa sta riscoprendo il primato dell’amore. Benedetto XVI ha fatto un’enciclica che ha intitolato “Dio è amore”. Sembrerebbe un titolo privo di fantasia ma è la prima volta che un Papa con la sua autorità ha detto questo. Nel suo pontificato ha insistito dicendo: “Questo è il nome di Dio”. Questo è vero ma allora perché nella Messa preghiamo Dio come “onnipotente ed eterno” e non come “Padre amoroso”? In questi ultimi dieci anni la Chiesa si interroga se non si debba ripensare tutta la fede cristiana sotto l’aspetto dell’amore. Un amore che coinvolga tutto l’essere, l’intelligenza ed anche il corpo, un amore che è un dono ricevuto da Dio e a lui reso. L’amore è infatti dare la vita e riceverla. Se la Scrittura letta, meditata e contemplata non ci apre all’amore la parte teologica più grande viene a mancare. La Chiesa non mi invita soltanto alla contemplazione di Dio, ma a una trasformazione del mio rapporto con Dio, con gli altri e con me stesso. L’amore è la ricapitolazione dei quattro gradini precedenti.

Così si trasforma anche il senso della Liturgia, che è una cosa sensibile. La parola liturgia ha un uso recente: noi anziani siamo stati abituati a crescere con i Sacramenti. Che noi cristiani anche laici possiamo entrare attivamente nella Liturgia è una cosa nuova. Con la Liturgia tutti gli elementi della vita concreta (mangiare, bere ecc.) vengono trasformati attraverso la Liturgia nel corpo di Cristo.

Questa “Scala Paradisi” si compie dunque nella contemplazione ma anche nell’amore e ci dà un modo di leggere questo libro.

  1. I sensi della scrittura: Questo mi porta alla seconda parte del mio discorso che è sui sensi nella Scrittura.

I Padri della Chiesa all’inizio si sono accorti che ci sono dei passaggi della Scrittura che a livello letterale non sono accettabili e quindi si devono trovare dei sensi accettabili e hanno dunque cercato dei principi di interpretazione. I Padri della Chiesa hanno cominciato ad usare i metodi con cui all’epoca si leggevano i grandi classici: l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide visto che i grandi padri dell’umanità erano considerati Omero e Virgilio. In questi testi c’erano delle storie che di per sé non erano molto edificanti: che fare di queste letture al di là dell’aspetto letterario e poetico? I filosofi dell’epoca hanno cercato di trovare dei sensi che dessero un contenuto intellegibile e hanno cercato di trovare dei modelli che spieghino cosa è l’uomo. E’ il “senso antropologico” come se in questi grandi libri fosse raffigurato un ritratto dell’uomo con le sue virtù e i suoi vizi. Il secondo senso è morale, questi testi indicano cosa si deve o non si deve fare, è il “senso tropologico”, tropos infatti in greco significa modo di fare, modo di essere. In questo senso la storia per esempio di Odisseo ci rivela come essere uomo. Dunque un senso letterale, uno antropologico, uno morale, ma anche in questa lettura dei testi classici c’era un senso contemplativo, si capiva che l’antropologia deve sboccare in qualcosa di sconosciuto, di più grande, una nuvola a cui la nostra vita tende, questo si chiama “senso anagogico”. Sarebbe interessante rileggere i grandi classici per capire come l’uomo attraverso una vita di virtù e di vizi va verso questo futuro sconosciuto.

Nello studio dei Padri della Chiesa padre De Lubac ha approfondito l’uso di questi sensi già utilizzati nell’analisi dei grandi classici. Ma accanto al senso letterale, tropologico ed anagogico, de Lubac ha analizzato per la sacra Scrittura un quarto senso, che per lui e anche per me è il più importante, il “senso allegorico” che ci mostra come in ogni brano della Scrittura si può trovare un accenno a Cristo e la possibilità di scoprire attraverso questo brano un aspetto di Cristo. L’idea è che ogni passo della Scrittura se letto bene ci dice qualcosa su Cristo. Nella Bibbia a volte è detto chiaramente, Gesù nuovo Mosè, Gesù nuovo Davide, ma questo deve essere cercato in ogni passo della Scrittura. E’ un po’ come quando diciamo che noi siamo il corpo di Cristo, io vedo tutti, conosco pochi ma vedo degli elementi totalmente per me nuovi del corpo di Cristo. Conoscerei completamente il corpo di Cristo solo se conoscessi perfettamente tutti i suoi pezzi da Adamo fino ad ora, con le sfumature di ciascuno. Ciascun pezzo della Scrittura è quindi un pezzo del Cristo totale come ciascuno di noi è una espressione del Cristo totale. Ognuno di noi è dunque il solo a mostrare un aspetto del Cristo. Per leggere così la Scrittura ci vuole il discernimento dello Spirito Santo e così anche per conoscere nell’essenziale le persone.

Quindi nella Scrittura dobbiamo cercare Cristo, il modo di essere uomo, il senso del divino. Questa è una esperienza che deve essere quotidiana ed ha un valore universale, è l’aspetto fondamentale sul quale anche il lavoro scientifico di lettura della Bibbia trova la sua radice. Faccio anch’io incontri di lettura, ma mi sono accorto che spesso troppo presto lasciamo perdere il senso cristologico, vediamo la somiglianza tra la nostra vita e quello che dice la scrittura, applichiamo un senso tropologico, (la Scrittura mi spiega ciò che vivo). Ma la Scrittura non è stata scritta perché tu conosca meglio il tuo modo di vivere, ma perché tu sia trasformato in Gesù. E’ un po’ troppo parziale vedere nella Bibbia solo un insegnamento morale, non passa attraverso la grande prospettiva di Cristo.

Prendiamo un evento come quello di Lampedusa di un mese fa. Quale senso cristologico? In senso morale il Papa l’ha detto, bisogna cambiare le cose, abbiamo bisogno di una conversione, di un cambiamento della politica sull’immigrazione e non solo in Italia. E’ una reazione morale giusta ma possiamo andare oltre e chiederci cosa ci rivela della storia di Cristo in questo mondo, in negativo, ma forse anche in positivo, sul senso della morte e della resurrezione. Anche Gesù non è morto nel suo letto, se volessimo trovare un paragone tra la morte di Gesù quelle che avvengono a Lampedusa ci accorgeremmo che gli immigrati morti sono innocenti, sono vittime sia dell’egoismo di chi in Africa organizza per denaro il traffico di esseri umani, sia dell’indifferenza di noi occidentali. Sono degli innocenti morti come Cristo è morto, dunque c’è un qualche seme di resurrezione. Quale non lo so, ma neanche i discepoli sapevano alla morte di Gesù come questa morte fosse un seme di resurrezione. Penso questa sia la verità, ogni uomo maltrattato partecipa del crimine unico che è la crocifissione di Cristo. Questo non cancella la necessità di lavorare perché le cose non si riproducano, anzi ci spinge a lavorare in questo senso, ma essendo consapevoli che non tutti i crimini dell’uomo possono sparire, la nostra scala di verifica è il mistero di Gesù. Dobbiamo andare più avanti, oltre una lettura solo morale per cercare il volto di Cristo.

  1. Madeleine Delbrêl: in questa terza parte parlerò del modo di leggere la scrittura di Madeleine Delbrêl, una donna francese nata nel 1904 e morta nel 1964 che era assistente sociale e ha vissuto gran parte della sua vita in una borgata a sud di Parigi che si chiama Ivry, una borgata di forte tradizione comunista. Ha scritto dei libri, uno molto noto si intitola “Noi delle strade” (in italiano Gribaudi 1988 collana Strumenti di approfondimento spirituale), un altro che è una raccolta di articoli, meditazioni ed altri scritti si intitola “La santità della gente ordinaria” (in francese “La saintetè des gens ordinaires” Ed. Nouvelle Citè 2009 Oeuvres completes de M. Delbrêl). In quest’ultimo libro, questa donna che ha avuto un grande influsso sul cristianesimo francese, ha parlato dell’uso della Scrittura. Non siamo in ambiente monastico ma in una borgata cittadina del XX secolo. Leggerò alcuni brani da questo libro con solo qualche piccolo commento:

Colui che non prende nelle sue mani il sottile libro del Vangelo con la risolutezza di un uomo che ha una sola speranza non può né riceverne né decifrarne il messaggio.” E’ molto forte: il sottile libro… la risolutezza… una sola speranza. “Non importa che questo beato disperato, sprovvisto di ogni aspettativa, colga il libro dagli scaffali di una ricca biblioteca, o dalla tasca della giacca di un bisognoso o dalla borsa di uno studente, non importa che lo afferri durante una sosta nella sua vita oppure in una giornata come le altre, in una chiesa o in una cucina, nei campi o in ufficio, quando afferrerà il libro sarà lui stesso afferrato dalle parole che sono Spirito.” Qui non è monastico, si prende il libro dalla tasca, si legge ed è la Parola che entra dentro di noi e noi entriamo nella Parola. “Queste parole penetreranno in lui come il grano nella terra, come il lievito nella pasta, come l’albero nell’aria, e lui, se accetta potrà semplicemente diventare una nuova espressione di tali parole.” Come dicevo prima, ciascuno di noi è un pezzo del corpo di Cristo e dunque siamo chiamati a diventare una espressione nuova di tale parola, se la prendiamo con questa risolutezza e questa speranza unica. “Qualsiasi libro è già un mistero, un mistero d’uomo. In qualsiasi libro si opera una congiunzione di materia e di Spirito, di significato e di invisibile. Qualsiasi libro testimonia che le frontiere dell’anima sono al di là della carne, e che le sue dimensioni non si toccano con le mani” Questa è già una bella espressione sulla letteratura, qualsiasi libro evoca l’aldilà. “Il Vangelo però non è un libro tra i libri, non è parola d’uomo tra le parole d’uomo, è parola del Verbo di Dio fatta vita umana, contemplata e raccontata”. Contemplare e raccontare e raccontare è una azione fondamentale. “Nel Vangelo c’è una virtù che illumina e trasforma, un dono di Dio permanente e potente, ogni dono divino però si versa nelle mani della fede, nella profondità vertiginosa della speranza. Per consegnare il suo mistero non richiede né scienza né erudizione né tecnica, bensì un’ anima prostrata nell’adorazione, un cuore spogliato di qualsiasi fiducia nell’uomo” Forse un po’ troppo perché dobbiamo avere anche fiducia nell’uomo. “La frase del Signore che noi abbiamo strappato al Vangelo in una Messa del mattino o in una corsa in Metro o tra due lavori domestici o la sera nel nostro letto non ci deve più lasciare, come non dobbiamo lasciare la nostra vita o il nostro spirito.” Respirare la Scrittura, non la Scrittura in generale ma proprio quella frase strappata. “Questa frase vuole fecondare, modificare rinnovare la stretta di mano che noi diamo, il nostro sforzo nel nostro impegno, il nostro sguardo su quelli che noi incontriamo, la nostra azione pratica, il nostro smarrimento davanti al dolore, la nostra esplosione nella gioia.” Una relazione tra la parola e tutte le nostre azioni concrete. Le cose più quotidiane sono fecondate e rinnovate dalla frase letta nel vangelo. “La frase vuole sentirsi a casa propria con noi dovunque noi siamo, vuole essere noi stessi ovunque, la parola di dio esige un suo rispetto, se la nostra vita ha delle pause possibili la Parola vuole possedere tutto o molto di queste pause, esige che il nostro spirito si occupi esclusivamente di lei, vuole da lui il sacrificio di tutto ciò che vale meno di lei, vuole che si preghi con lei dimenticando tutto ciò che è poca cosa al suo confronto. Se invece la nostra vita è così piena zeppa dei nostri doveri tanto che le pause diventino impossibili e i bambini, il marito, la moglie, la casa, il lavoro invadono quasi tutto, la frase del Vangelo vuole che noi crediamo abbastanza in lei, che noi la rispettiamo abbastanza per sapere che la sua forza divina le aprirà sempre degli spazi.” Qui ci sono due possibilità, abbiamo la possibilità di fare una pausa e allora dobbiamo dedicare tempo a meditare questa frase che ci è stata data, abbastanza tempo perché fruttifichi dentro di noi. L’altra possibilità è che le pause siano impossibili e il tempo non ci sia, allora dobbiamo credere che se Dio ci ha dato una parola questa parola porterà il suo frutto attraverso le attività della giornata, questa vita concreta. Una parola che illumina anche se non ne siamo consapevoli. Ricordiamo Isaia 55: “La mia parola non tornerà a me senza aver portato frutto”.

Noi vedremo splendere questa parola, mentre camminiamo per strada, mentre stiamo lavorando, mentre puliamo la verdura, mentre aspettiamo una telefonata, mentre laviamo i nostri pavimenti, la vedremo splendere tra due frasi del nostro prossimo, tra due lettere da scrivere, quando ci svegliamo e quando ci addormentiamo. E allora lei avrà trovato il suo posto in un cuore d’uomo povero e caldo.” Avete sentito che non bisogna dunque fare necessariamente studi sviluppati, anche se io credo molto allo studio, ma è preparatorio. Quello che importa è che la frase che ogni giorno ci è data possa far fruttificare tutto. Per questo ci vuole un cuore d’uomo povero e caldo, non soltanto povero, povero e caldo, non soltanto caldo ma caldo e povero.

Questa che ho presentato è una espressione contemporanea di ciò che i monaci nel passato facevano, sono teorie diverse ma alla fine sono la stessa cosa. Ogni uomo è un bisognoso che trova la Scrittura nella sua tasca. Ci vuole risolutezza ed allo stesso tempo una grande povertà.

Interventi e domande

Francesco Cagnetti: È stato fatto un discorso sulle “giunture” che mancano, ‘La Tenda’ ha come sottotitolo: ‘lettera per il dialogo nella chiesa di Roma’, quindi ‘La Tenda’ ha come scopo, fin dalla sua origine, quello di trasmettere non un monologo, ma di suscitare un dialogo, quindi restituire le giunture nel popolo di Dio.

Don Nicola, parlando della catechesi, scrisse che la Bibbia doveva rappresentare il libro di ogni catechesi; la Bibbia ha uno spessore che nessuna catechesi, scritta da uomini, può raggiungere.

Tra gerarchia e popolo di Dio la mediazione è necessaria, ma quale mediazione? La conoscenza della Bibbia che si ottiene attraverso la preghiera, la meditazione, lo studio … certo tutto questo non è alla portata di tutti; qual è il compito, il servizio del clero? Insegnare queste cose, ad esempio, che la parola di Dio va letta in spirito di preghiera e di carità; il singolo brano va compreso nel contesto. Catechesi e omelia vanno riviste in questa prospettiva ampia e organica. Occorre saper sviluppare una sensibilità verso il paradosso della verità: una tesi è vera, ma è vero anche il contrario. Non fissarci su un punto e assolutizzarlo, ma saperlo vedere nella relazione con la maggiore complessità.

Gemma: Volevo esprimere un riconoscimento particolare verso la comunità di San Fulgenzio, dove trovo una ricca celebrazione domenicale: una breve accurata omelia, la preparazione dei canti; il salmo cantato, uno spazio di silenzio per riflettere … con molta fraternità e calore, viviamo questa celebrazione comune, c’è davvero da gioire e ringraziare per questo; le relazioni umane sono vere e arricchenti.

Maria Dominica Giuliani: È bella la risonanza che la Scrittura può avere per ciascuno di noi, ma noi, della comunità di San Leone a Boccea, possiamo dire anche la ricchezza di una risonanza comunitaria di tale Parola. Da diversi anni abbiamo un percorso comune con i “senza dimora” e quando queste persone sono state allontanate dal rettore, noi abbiamo profondamente sofferto con loro e ci siamo accorti di quanto la lettura della Scrittura ci ha sostenuto: come cantare i canti del Signore in terra straniera? come continuare quando vedi trionfare l’ingiustizia? Ora con papa Francesco sentiamo di poter tornare a cantare con il salmista. La lettura comune delle letture domenicali, fatta durante la settimana, è stata per noi l’aiuto fondamentale per affrontare le difficoltà, questa Parola non solo ti sostiene, ma ti dà una grande energia, capisci la gioia che possono aver provato i prigionieri che tornano dall’esilio, perché la vivi con gli altri.

Marco Noli: – Il vangelo di oggi ci ricorda che le persone muoiono per disgrazie naturali e non per volontà di Dio che punisce le nostre colpe. Il nostro vescovo Francesco ci ricordava: noi non possediamo la verità, ma la verità ci abbraccia.

Dell’intervento di Ghislain il monaco, una cosa vorrei ricordare in particolare: “io sono monaco, anzi cerco di essere monaco” e noi non possiamo dire: sono cristiano, ma cerco di vivere secondo il Vangelo.

Madeleine Delbrêl, si era spogliata di ogni divisa, di ogni identità, per non creare divisione verso chi non apparteneva a quella realtà.

Chiara Flamini: Nel 2002 – 2003 ho partecipato ad un piccolo gruppo di lettura del vangelo a Cuba, una di noi era analfabeta e tutti ascoltavano quelle pagine per la prima volta, senza avere retroterra di catechesi o di messe domenicali. La loro lettura era naturalmente e immediatamente legata alla vita; credo che proprio questo tipo di lettura in quel contesto e con quelle persone, abbia dato il via alla teologia della liberazione.

Gladiola : Padre Ghislain ha detto che nella Scrittura c’è lo Spirito e lo stesso Spirito che è in noi, ci aiuta a comprenderla. Quindi possiamo dire che la Bibbia da una parte è scritta e definita, ma dall’altra cresce con noi uomini e donne, non è niente di morto, continuerà a crescere fino a quando ci sarà l’uomo.

Marco e Laura :[ sono una coppia che vive a ponte Milvio e che da diversi anni vive e prega insieme ] Marco – Siamo sposati da 30 anni, abbiamo tre figli, quando ci siamo conosciuti lei era una catechista, io un giovane che viveva una ricerca turbolenta, erano gli anni ’70. Il nostro parroco risentiva la grande ricchezza del dopo Concilio, con la centralità del Vangelo. Con Carlo Carretto a Spello, per me in particolare si è aperta una nuova strada, un nuovo respiro con la Scrittura, con la parola di Dio, partendo dal profeta Osea: “ecco l’attirerò a me, la porterò nel deserto e parlerò al suo cuore”, “… ti farò mia sposa per sempre, nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore … come potrei abbandonarti? Il mio cuore si consumava dentro di me”.

Scoprivamo una fede nella quale si prende coscienza che è il Signore a prendere l’iniziativa, ci cerca, ci previene e questo cammino è stato fatto con altri giovani, con altri fidanzati e coppie. Laura – Nella lettura e nell’adorazione quotidiana sulla Parola, il punto fondamentale è questo abbandonarsi docile alla sua azione, un esercizio che richiede molto allenamento, ma veramente importante per crescere un po’.

Per anni ero molto impressionata quando sentivo fratel Carlo che ripeteva “io conosco” la parola di Dio, i suoi nomi, il suo volto, a me pareva di non conoscere nulla di Dio, poi a distanza di anni, sento di poter dire: io conosco qualcosa di Dio, a volte sento che la sua parola mi aiuta a discernere intorno ai fatti della vita e questo mi aiuta di conseguenza a comprendere più in profondità ciò che mi viene detto, aumenta la mia disponibilità.

Questo affidarsi al Signore, fa sì che anche il nostro progetto matrimoniale si sia lasciato aprire ai suoi doni e tante volte ci siamo trovati ad andare oltre a ciò che eravamo e che potevamo fare: “Non vi affannate per il domani…”. Durante gli esercizi spirituali fatti in parrocchia, noi ci trovavamo ad avere due figli e la testimonianza di una coppia ci ha fatto scoprire un potenziale in noi, cosa che ci ha spinti verso una maggiore disponibilità. Ci siamo aperti all’affido. E, a causa delle grandi difficoltà della famiglia di provenienza della persona presa in affido, è nata poi un’adozione vera e propria: “chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome…”.

Ecco, questa lettura quotidiana segna le scelte di vita quotidiana.

Rosangela : Sono della comunità di San Leone.

Sono d’accordo con Rosanna della tendenza con cui vengono scelti alcuni versetti di San Paolo sulle donne. Certamente Paolo era uomo del suo tempo, ma mi dà fastidio quell’insistenza su: la donna sia sottomessa al marito. C’è una rappresentazione della chiesa tutta al maschile, è necessario scoprire la ricchezza di questa diversità di sguardo anche nella Bibbia, di uomini e donne. Anche Dio è rappresentato come maschio, Dio ha creato contemporaneamente, secondo uno dei due racconti della Genesi, la creatura, maschio e femmina, e li ha creati a sua immagine, è evidente che Dio è anche femmina.

In una rappresentazione nel mondo dei Maya, vedevo molte analogie con il mondo cristiano e la divinità veniva rappresentata contemporaneamente al femminile e al maschile… ecco l’esperienza degli altri popoli dovrebbe farci riflettere.

Luigi Mochi Sismondi: La Bibbia è la storia della speranza che l’umanità ha trovato in Dio, ma soprattutto della speranza che Dio ha nell’umanità; è davvero grande cogliere la speranza che Dio ha in noi. Vi racconto la storia di un bambino molto maltrattato da un compagno di banco violento, non cattivo, ma prepotente; chiedevo a quel bambino che è mio nipote: “Marco come va con quel compagno?” e lui risponde: “È ancora violento, ma vedrai che cambierà”. È quello che Dio pensa di noi, è un Dio che si arrabbia, ma poi si pente ed ha di nuovo speranza in noi. Questo è il mio modo di leggere la Bibbia.

Antonella Soressi: Vorrei ringraziare i due relatori, non solo per ciò che hanno detto, ma perché le loro parole mostrano un loro vissuto e quindi le abbiamo accolte vive, capaci di generare vita.

Caterina Monticone: Sento sempre viva questa relazione con la Parola. Una domanda che rivolgo ai relatori, a voi ed a Marco e Laura: nella mia famiglia io e mio marito siamo coinvolti in modi diversi nella fede, e vedo, invece, che i miei figli hanno verso la fede un distacco che non è la contestazione adolescenziale, ma mi pare una reale lontananza. Ora rispettando la loro libertà, colgo ciò che è stato detto all’inizio, che il nemico principale della fede è l’indifferenza; va bene lo Spirito agisce sempre, ma contemporaneamente sono preoccupata perché mi accorgo che l’indifferenza è causata da una mancanza di stimoli utili. Come favorire questi stimoli per i tanti giovani?

Maurizio Firmani : Due domande, la prima riguarda Gesù e le donne, il Vangelo pullula di donne; la seconda domanda riguarda la relazione tra miti e Bibbia; in alcuni libri che ho letto tutti i vari personaggi: Noè, Abramo, Mosè… tutti sono miti e mi paiono importanti le parole di p. Ghislain: “comunque la Bibbia è soffio dello Spirito”.

Gianfranco Solinas: Vorrei ringraziare entrambi i relatori. Rosanna, vorrei dirti: da molti decenni sento la grande ricchezza di un ascolto-dialogo reciproco tra uomini e donne; le diverse sensibilità proprie di donne e uomini si sono arricchite nel comprendersi e nell’accogliere la presenza di Dio.

Ghislain, ricordavi l’importanza del “masticare”, che è davvero un verbo importante nell’approccio alla parola di Dio. Sento anche molto prezioso il riferimento all’allattamento, si inizia con un cibo elementare, poi piano piano si arriva al cibo solido, al masticare; questo tuo quadro l’ho avvertito essenziale e importante.

Volevo anche ricordare che questo leggere in gruppo il Testo, diviene un elemento fondante di questa tela dell’amicizia, è un tessere l’amicizia, diviene importante nel costruire relazioni.

Partendo da incontri di famiglie e ragazzi al sud, intorno al tema dell’affido, lentamente siamo andati costruendo reti di vicinanza. L’ascolto della Parola, così come l’ascolto delle parole degli uomini, sono fermento necessario per questa rete di vicinanza.

Noi vecchi abbiamo vissuto gli anni del dopo Concilio, un tempo oscurantista, credo che proprio la relazione con la Parola ci ha dato questo respiro lungo, capace di risvegliare la speranza anche in tempi difficili.

Con Francesco vescovo di Roma, vediamo tempi davvero nuovi e preziosi.

Lorenzo D’Amico – Mi è parso particolarmente importante l’intervento di Ghislain, dopo i 4 punti: lettura, meditazione, preghiera, contemplazione, aggiungeva Ghislain un 5° punto: l’amore, senza l’amore ogni lettura è vana.

L’incontro quotidiano con le persone, il loro ascolto attento è davvero il punto di partenza, ma “primus inter pares” è l’ascolto della Parola.

Da molti anni partecipo a piccoli gruppi della Bibbia che si ritrovano nelle case, una lettura tra persone che non hanno alle spalle studi biblici, è una lettura spontanea fatta senza discutere, è il gruppo stesso che genera maturazione, genera una ricchezza davvero notevole. C’incontriamo la sera ogni quindici giorni e ogni volta c’è una stanchezza iniziale da vincere e ogni volta c’è alla fine una gioia profonda. Non è solo la somma di tanti patrimoni, ma un moltiplicarsi esponenziale di ciò che è dentro le persone. Non banalizziamo la necessità di una formazione, però penso che debba avvenire dopo; proviamo a pensare ad una coppia di innamorati ai quali uno dicesse: prima d’innamorarti devi studiare, capire cos’è l’amore, questa cosa è evidente nella sua assurdità; certamente passare dall’innamoramento all’amore profondo è un impegno di tutta la vita e deve sapersi arricchire anche di un confronto a volte serrato, deve saper cogliere la ricchezza di gruppi e di specialisti, ma non può prescindere dalla ricchezza unica e irripetibile e del singolo e della coppia. Da circa 40 anni abito a Torre Angela, una borgata romana di circa 60 mila persone, ed abbiamo visto passare tra parroci e viceparroci circa 40 preti. Esclusa un’unica eccezione, tali preti si sono presentati portando tanta generosità, ma anche un pregiudizio spietato sulla formazione dei laici, ognuno di loro ha creduto di trovarsi di fronte una tabula rasa, peggio, un groviglio di banalità, superstizioni, devozioni…

Io credo che questo pregiudizio nasca dalla loro formazione, che non gli ha fornito gli elementi necessari per cogliere il patrimonio incredibile che c’è in ogni essere umano. Compito di una vera formazione è insegnare a vedere in profondità, far emergere e saper fare interagire. Solo la capacità di lasciarsi rimettere in discussione da un ascolto attento può poi fornire la ricchezza che viene da uno studio intelligente.

Francesco Cagnetti: A proposito dell’intervento di Caterina sul dialogo tra generazioni, volevo ricordare una TV francese che propone un programma in cui sono presenti ragazzi e ragazze che si interrogano su vari temi: sociali, politici, religiosi… e intervengono dicendo la loro e ci si accorge che hanno le antenne e le sanno usare e forse siamo noi che abbiamo difficoltà a scoprirle.

Gemma: Una storiella forse ebraica – Un giorno Eva passeggia nel paradiso terrestre e là incontra Dio che le chiede: “che è quella faccia, che succede?” ed Eva: “certo questo Adamo è davvero pesante, non gli va mai bene niente” e Dio le risponde: “tu devi imparare ad ascoltare, devi dargli ragione, elogiarlo per le sue qualità, ma non devi fargli capire che non la pensi così. Ecco, questo rimarrà un nostro segreto da donna a donna”.

Anna Barra: Avevo da tanti anni problemi con la Genesi, sono stata un po’ aiutata da Romano Guardini, ma ad un certo punto anche lui si è fermato; in questa comunità ho sentito che si affrontava la genesi, ho cominciato a frequentare e un barlume di verità mi è venuto più dai silenzi che dalle parole, più dai silenzi che dalle affermazioni che nel passato precedevano la lettura quando nei testi si cercava la conferma alle proprie affermazioni. Ecco mi pare che la Chiesa abbia un procedere più cauto, più rispettoso della complessità.

Risposte dei relatori

Rosanna Virgili : sono molto felice per ciò che ho ascoltato, per la profondità dei vari interventi, profondità davvero rara.

Su ciò che è stato detto di una lettura della Bibbia in un terreno vergine in alcune parti del mondo, debbo dire che qui in Italia, il substrato culturale-religioso, il bagaglio culturale fa sì che di fronte ad ogni brano c’è già un “pregiudizio”, paradossalmente chi è privo di questo bagaglio culturale, può facilmente capire meglio. Ad esempio, quando leggiamo Genesi 3, noi pensiamo subito al peccato originale, che invece non troviamo nel testo, ma questo è la conseguenza di pensieri portati avanti da Sant’Agostino, perché Paolo aveva detto: “senza la morte e la resurrezione di Gesù non ci sarebbe stata la salvezza”. Per poter dire questo, occorreva ammettere che l’uomo avesse una lacuna, una ferita inguaribile; se è necessaria la grazia, vuol dire che da solo non puoi salvarti.” Paolo partiva dalla constatazione di aver osservato tutta la legge e di non aver in mano la salvezza, ciò indica che nell’essere umano c’è una tara; da queste osservazioni Agostino fa nascere la necessità di un peccato originale, peccato che può essere cancellato tramite il battesimo. Noi, ognuno di noi, ha due corpi, uno che è quello destinato alla morte ed uno generato da Cristo, morto e risorto, un pneuma che non muore.

La signora Anna diceva che ha imparato più dai silenzi che dalle parole, dai commenti biblici. In effetti la Bibbia non ha una lettura immediata e certe letture sembrano più legare a dottrine precostituite che ad una conseguenza di testi biblici.

La Bibbia si spiega con la Bibbia, il NT è costituito per il 92% di citazioni dirette o indirette dell’AT; quando Gesù preannuncia le beatitudini è perché Mosè aveva pronunciato le 10 parole; la Bibbia cresce anche tramite le nostre letture, ma il Canone stesso si è formato tramite un contagio, una crescita interna, ad esempio in Dt 24, Mosè dice: quando una donna ripudiata dal marito è stata poi con un altro uomo, il marito non potrà più riprenderla perché è stata contaminata; Ger 3, partendo proprio dalla citazione di Dt 24, dice invece: ti sei prostituita (è Dio che parla al suo popolo), ma conserverò per sempre la mia ira? I profeti custodiscono e criticano la Bibbia, la commentano facendo il testo; Dio è il primo trasgressore della sua legge e la viola per amore. Tutta la Bibbia è uno sconfinamento dell’amore di Dio, la grazia di Dio è qualcosa di totalmente libero, la grazia di Dio è contro ogni logica di mercato: “do ut des”, invece la fede biblica è contro ogni sacrificio. Questo prevede un contraccambio, la grazia di Dio non è uno scambio, è un dono.

Le storie patriarcali non sono un mito, il loro linguaggio non è quello dei miti, il mito racconta cose che non sono mai accadute, ma che avvengono sempre. Per noi è importante la distinzione tra una cosa accaduta storicamente ed una cosa che è vera. La Bibbia è tutta vera, ma non è storica. Il linguaggio è un linguaggio mitico, metaforico; che cosa sono i Vangeli? Scritti da comunità circa nel 70 d.C. quindi dalla terza generazione, non da cronisti, ma da “navigatori della parola”: si tratta di credenti che vogliono evangelizzare. Se fosse una cronaca letterale non avremmo bisogno di 4 evangeli, sono invece catechesi che tengono conto di 4 diverse comunità.

A proposito della mediazione di cui parlava Francesco, occorre ricordare che ogni intervento di Dio nella Bibbia è sempre un intervento di risposta. Pensiamo all’Esodo: c’è un popolo schiavo in Egitto, che grida per la sua condizione; chi ascolta questo grido di dolore è Dio che si fa vicino a questo popolo, coglie tutto il suo dolore e interviene per sbloccare una situazione di morte e questo è il cristiano, che coglie una situazione di dolore, di schiavitù e interviene, non è un annuncio asettico… è una capacità di rimettersi in gioco con i diversi. In Atti 8, 26-40, Filippo corre per raggiungere un uomo che è per di più un etiope; ciò che impariamo da Filippo è che parte da ciò che dice l’eunuco, mentre noi cattolici spesso partiamo dalle nostre affermazioni e se va bene dopo ascoltiamo le domande. Filippo si introduce là dove l’etiope sta cercando; sale sul carro solo dopo essere stato invitato; il cristiano è compagno dell’umanità di giorno e soprattutto di notte. Filippo non sale in cattedra, si siede accanto, non pone al di sopra di tutto i “valori non negoziabili”, si fa compagno, si siede accanto, ascolta, accoglie il grido d’aiuto.

Francesco Cagnetti : Ghislain ci ha insegnato ad ascoltare.

Ghislain Lafont – Una parola mi pare particolarmente importante: Tradizione. Che cos’è la tradizione? È tutto ciò che Gesù ha detto della rivelazione, il suo insegnamento, il suo agire, i suoi sacramenti, questa è la rivelazione, che è stata sigillata con la sua morte e resurrezione di cui la chiesa è testimone. Questa tradizione che ritroviamo nella Bibbia, nei sacramenti, nella carità reciproca, cresce in modo indefinito, quindi non dobbiamo tornare indietro per sapere dove sarebbe la verità evangelica: la verità evangelica la facciamo noi ascoltando la tradizione, continuando la tradizione. quando Luigi ha detto che la Bibbia cresce negli uomini, leggendo la Bibbia la facciamo crescere. Luigi ha detto anche: noi costruiamo la speranza quando edifichiamo l’amicizia: questa è la tradizione. Questo concetto di tradizione viva, è abbastanza recente nella Chiesa; nel passato quando si parlava di tradizione, si tornava indietro perché la si pensava chiusa con la morte dell’ultimo apostolo; i sacramenti erano totalmente determinati, l’unica possibilità di novità era il peccato, tutto il resto era fissato, per cui l’unico ambito aperto era il peccare, confessare, ricominciare e così via; oggi capiamo bene che la Bibbia è vivente, i sacramenti sono viventi, la memoria è vivente, Cristo è vivente.

Si è parlato tanto dei padri della Chiesa, io conosco meglio Gesù Cristo che i padri della Chiesa, perché ho avuto tutta l’eredità della tradizione, io conosco di più l’evangelizzazione di coloro che sono cresciuti con il catechismo di Trento.

Se ero papa Francesco, ma non lo sono, avrei nominato la signora Rosanna, segretaria del dicastero per l’evangelizzazione.

Non dobbiamo tornare all’origine della tradizione, ma interrogarci: a che punto della tradizione siamo? Sapendo che forse non riusciremo. Domenica passata nel Vangelo abbiamo ascoltato: quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede? L’andamento della Chiesa sarà forse parallelo a quello di Gesù, Gesù non è riuscito, è morto ed è risorto e non è sicuro che di fronte a tanta forza d’indifferenza e di male, che genera una tradizione cattiva, la tradizione cristiana vincerà, ma solo attraversando la croce abbiamo futuro; non siamo in una strada in cui ci sono i demoni che cantano la lode al Signore, ma siamo incamminati in una strada d’intensità di carità, di speranza e di fede che è legata all’intensità della croce ancora maggiore, per le singole persone e per l’intera Chiesa; questa non è un’idea negativa o pessimista. Tradizione è questa speranza personale di saper seguire la croce di Cristo, che apre orizzonti inauditi. Noi vecchi abbiamo visto un tempo di transizione davvero incredibile e questo continuerà, ma al tempo stesso continuerà anche la tradizione del male, lo scontro si farà forte. Voi italiani non avete idea del deserto cristiano che c’è in Francia; qui avete ancora delle categorie cristiane, da noi non c’è più tutto questo, però vediamo crescere una Chiesa povera, umile e perciò più vicina a Cristo.

 

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