Lettera 2 (Seconda Serie)

In questa lettera proponiamo il tema del rapporto tra Eucaristia ed evangelizzazione, e lo facciamo con la relazione presentata all’incontro del Gruppo La Tenda da Francesco Cagnetti e con una scelta degli interventi che l’hanno seguita.

Non pensiamo certo così di avere esaurito le riflessioni sull’Eucaristia sulla quale ritorneremo, ma intanto siamo andati avanti affrontando il modo e il senso dell’evangelizzazione. Nella prossima lettera daremo spazio ad una breve sintesi e ad alcuni degli interventi.

Queste prime lettere sono ancora spedite per posta normale o elettronica a tutto il nostro indirizzario e a tutte le parrocchie romane, presto chiederemo un segno di gradimento.

Sommario:

  1. Relazione su Eucaristia ed evangelizzazione di Francesco Cagnetti
  2. Breve resoconto dell’incontro tenuto presso il Gruppo La Tenda su Eucaristia ed Evangelizzazione

Eucaristia ed evangelizzazione

Siamo in grado di annunziare la buona novella solo se la viviamo. I non credenti potranno così confrontarsi non con argomentazioni apologetiche, ma con un concreto modello di vita.

Ma conformare la propria vita al vangelo comporta il saper discernere ciò che è conforme ad esso e ciò che non lo è. A tale discernimento è chiamato ogni singolo credente: egli ne è personalmente responsabile.

Tuttavia ciò non significa che ognuno debba da solo tracciare la sua strada. Come in ogni ricerca umana del vero, i singoli percorsi vanno sottoposti a verifica, attraverso la comunicazione e il confronto.

Abbiamo sentito ripetere che l’eucaristia è anche il luogo del discernimento evangelico. Ma oggi, così come viene celebrata, lo è di fatto? Certamente no.

Il discernimento è oggi esercitato – quanto meno a titolo ufficiale – esclusivamente dal clero e reso noto ai credenti attraverso documenti, dichiarazioni, prediche e confessioni. E ciò non solo nelle materie che sono di più stretta pertinenza del clero stesso, ma anche in quelle che rientrano nello specifico ruolo dei laici: “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen Gentium,4,31).

La partecipazione alla comunione non è il coronamento e il segno della verifica compiuta. Nelle sue forme “massive e impersonali” essa è il segno dell’adesione dei presenti ad un discernimento avvenuto senza il loro concorso e fuori dalla celebrazione eucaristica.

Certo nessuno impedisce ad un cristiano di verificare i suoi giudizi e le sue scelte con i fratelli di fede, e questo di fatto accade continuamente e dovunque, ma fuori dall’eucaristia, come evento privato, e quindi privo di riconoscimento o di riprovazione comunitari.

Sennonché inserire il discernimento comunitario all’interno della celebrazione eucaristica è possibile soltanto se la celebrazione stessa non è “massiva”.

E perché non sia tale, non occasionalmente ma di regola, occorre un numero molto più elevato di presbiteri.

Come far fronte a questa esigenza ? Qui i pareri nella Chiesa sono diversi: alcuni esortano le chiese locali ad impegnarsi maggiormente nel favorire le vocazioni presbiterali; altri ritengono che ciò non basti, ma che occorra svincolare il presbiterato dall’obbligo del celibato.

Ma intanto che cosa possiamo proporre per avvicinarci oggi, nella misura del possibile, al modello ideale di eucaristia? Potremmo forse ritenere un accettabile surrogato la convocazione di assemblee in cui vengano affrontati i problemi che nascono dal confronto tra il vangelo e il mondo attuale ? Ma in tal caso si tratterebbe di un confronto di idee, non di un reciproco ascolto tra persone portatrici di esperienze diverse.

Senza dubbio anche simili incontri, ispirati dall’esigenza di verificare e rettificare il proprio cammino di fede, possono essere momenti di comunicazione e di reciproco arricchimento, ma in essi non possono aver spazio le peculiarità del cammino di ciascuno, le quali sole danno un senso preciso ai tentativi, ai dubbi, alle proposte e alle scelte dei singoli.

Inoltre i confronti di idee sono fatti più per persone dotate di un certo livello intellettuale che per il maggior numero di credenti, mentre la comunicazione di un percorso individuale è possibile a chiunque.

Su questo dovremmo riflettere a lungo. Consultare gli esperti nei vari settori della vita e del sapere è senz’altro lodevole. Ma la stragrande maggìoranza dei credenti non viene mai consultata, come se lo Spirito non ponesse dimora in ogni fedele. Al loro posto vengono convocati operatori liturgici, catechistici, e laici “esperti”: medici, giuristi, politici, ecc.….

Quale strada da seguire perché un corretto modello di Eucaristia possa cominciare a tradursi in realtà, nei limiti degli spazi attualmente fruibili nella nostra Chiesa locale?

A questo proposito mi sembra utile confrontare e contrapporre due modi diversi di restituire sostanza alla comunione. Diversi movimenti laicali possono vantarsi di praticare da anni un’eucaristia come momento di compartecipazione e di autentica comunione. Ma si tratta di celebrazioni …. riservate ai loro membri….

Immaginiamo invece che nelle parrocchie si proponga ai credenti, a tutti i credenti, la possibilità di celebrare un’Eucaristia che offra spazi di compartecipazione e di condivisione che non si limitino alle risposte liturgiche, ai canti e alle intenzioni di preghiera.

Oppure, se si ritiene che la gente non sia preparata a questo tipo di celebrazione, perché non dedicare qualche incontro preliminare a questo scopo ?

Certo, sarà facile obiettare che i preti sono pochi, che sono oberati di lavoro, e che non possono assumersi quest’altro onere. C’è poi da tener conto che molti preti sono contrari a questo tipo di celebrazione, vedendo in essa soprattutto un’ occasione di logorree ripetitive, a volte anche patologiche. Di queste preoccupazioni bisogna tener conto, perché hanno purtroppo un fondamento nell’esperienza. Ma alle difficoltà c’è modo e modo di reagire: o facendosene uno schermo, o affrontandole per superarle.

Io posso testimoniare, in quanto da molti anni partecipo alla celebrazione di Koinonia (comunità cristiana che si riunisce a Monteverde presso la parrocchia della Trasfigurazione) – che, preciso, è aperta a tutti, e che di fatto accoglie spessissimo persone che non appartengono all’Associazione – che un’Eucaristia vissuta da tutti i presenti come momento di profonda comunione è possibile. Gli interventi dei singoli dopo le letture sono sinceri e meditati, e spesso danno origine a una feconda ricerca comune del senso e dell’ammaestramento della parola. Le intenzioni di preghiera comprendono anche quelle personali. Se talvolta gli interventi sono “ripetitivi”, ciò non è dovuto a mediocrità di vita o di cultura, ma al fatto che dubbi, stati d’animo, problemi o vere e proprie crisi spirituali non si risolvono in breve spazio di tempo, e perciò diventano oggetto di comunicazione costante, ispirata alla fiducia nell’ascolto e nell’aiuto dei fratelli di fede

Se è specificamente ai laici che spetta trattare delle cose temporali, ci si aspetterebbe che i vescovi, prima di pronunciarsi pubblicamente e in quanto vescovi su questioni attinenti alla vita politica, sindacale ecc., consultassero le comunità eucaristiche. Non mi risulta che ciò avvenga almeno nella nostra città.

Certamente da sempre ciascuno di noi vive con spirito di discernimento la propria appartenenza alla famiglia, al luogo di lavoro, alla città, al Paese. E nel partecipare alla vita della propria comunità eucaristica, ognuno di noi in mille modi comunica ai fratelli le sue esperienze e i suoi giudizi. Ma non sono previsti momenti in cui questa materia, che pure costituisce lo specifico apporto dei laici alla chiesa, venga fatta oggetto di compartecipazione in seno alla comunità.

Breve resoconto dell’incontro tenuto presso il Gruppo La Tenda su Eucaristia ed Evangelizzazione

Antonella: Ad Ostia avevamo pensato ad incontri di preghiera nelle palazzine anche perché i cristiani si abituassero a prendere la parola e, in un lontano futuro si potessero celebrare nelle case Eucaristie a misura d’uomo ( e di donna).

Franco: Gesù ha istituito l’Eucaristia in una cena.

Luigi: Ci sono modalità di una liturgia molto predefinita, rituale, come uscirne?

Giovanna: I movimenti corrono il rischio di omologarsi e di chiudersi. Vedo sempre più una distanza tra l’altare e la gente. C’è come un rapporto teatrale.

Francesco: Se non si crea simbiosi tra evangelizzazione ed eucarestia non se ne esce. Occorre un incontro su questo. C’è un tentativo di evangelizzazione verso chi chiede i sacramenti. Ma deve essere rivolto anche ai non credenti. Forse si può ricominciare a riaccendere il fuoco con i tiepidi. Ma come oggi annunciare il vangelo alla gente? Per la chiesa locale nelle analisi sociologiche non ci si chiede quali siano le dinamiche della società “siamo in fondo tutti credenti”, ma ci sono fenomeni da analizzare: matrimoni civili, divorzi. Nei documenti non c’è quasi niente. Si rimane nell’ambito della chiesa e dei tiepidi, non in una visione più generale.

Luigi: E’ come se si volesse portare tutti all’interno, ma è solo una delle opzioni. Occorre portare il vangelo fuori. Francesco: Bisognerebbe considerare importante ad esempio la qualità del rapporto tra i divorziati che si siano risposati, la dedizione reciproca è essenziale, senza sminuire il sacramento: “amate il prossimo come voi stessi”,

indipendentemente dall’appartenenza alla chiesa, senza proselitismo oppressivo.

Gianfranco: Nella relazione di Salimei (1975 ) “Evangelizzazione ed Eucarestia” si parla dello sforzo di riportare la vita nell’eucaristia

Nella preparazione al matrimonio ci sono poche persone e si può parlare dei problemi, però ci si ferma lì. Le questioni sono concluse dai presbiteri. Come laici dovremmo chiedere che i problemi della vita quotidiana trovino accoglienza nella comunità locale.

Ambra: Nella nostra parrocchia avevamo iniziato il servizio delle guide delle messe. All’ingresso della chiesa cercavano di allacciare un rapporto con i partecipanti: il saluto, chiedere “ come sta” informarsi se c’erano problemi quando non erano potuti venire…un rapporto di amicizia, fare da tramite se c’era qualche malato che chiedeva l’eucarestia. Le guide coinvolgevano a turno le persone nella celebrazione: la chiesa deve essere di pietre vive. Ogni persona aveva un ruolo: i cresimati le letture, i bambini le candele della processione al vangelo, le signore che non sapevano leggere portavano il cestino per raccogliere le offerte .

Nelle preghiere di palazzina c’era la parola di Dio e la connessione con la vita: ogni gruppo di preghiera si interessava se nella palazzina c’erano malati e poveri da aiutare, persone con problemi. Anche la catechesi nelle famiglie portava la parola direttamente nelle case.

Vincenzo: Nella celebrazione eucaristica il mistero di ciascuno di noi si incontra col mistero di Dio. Diventiamo così chiesa. Questo spazio rende possibile un’adesione libera e personale all’annuncio della Parola che salva. Tutti siamo servi della Parola, vescovi, preti e laici. Siamo, per parte nostra, chiamati a incarnare questa Parola. L’eucaristia che non entra nella vita quotidiana, reale, resta solo un rito. Quando si celebra l’eucaristia è la chiesa universale che si manifesta poi nella celebrazione particolare. Compito dei pastori è guidare i fedeli alla fonte, cioè al vangelo e non di proporre formule e regolette pratiche di tipo moralistico. La vera guida è il Signore Gesù. La chiesa è trasparente e lascia intravedere Gesù Cristo?

Lorenzo: Tutto aiuta o impedisce di partecipare al mistero. Come lavorare? Non si tratta di trovare soluzioni a tavolino, con alchimie di formule. Si tratta di fare un lungo e lento cammino.

Si tratta di riacquistare la consapevolezza dell’essere ciascuno sacerdote, re e profeta. Di qui passa la possibilità di riappropriarsi della Parola. Nell’incontrarsi nelle case per la lettura della Bibbia si facilita anche questa riappropriazione. Noi dovremmo fare una lettura sul come avviene di fatto la comunicazione – comunione nella chiesa, nei diversi contesti. Possiamo così scoprire come opera lo Spirito Santo suscitando tanti cammini, scoperte… C’è un’esigenza di ascolto continuo e di pazienza.

Antonella: Un aiuto alla partecipazione potrebbe essere la semplificazione del rito e fare una celebrazione che avesse un significato comprensibile, come era comprensibile nell’Ultima Cena il rito pasquale ebraico.

(sul tema dell’Eucaristia e comunione consigliamo di leggere anche sul libro “Roma come Chiesa locale “Il caso Franzoni” pagg. 377 e seguenti oppure sul sito www.latenda.info le lettere n° 40 e 52 sul caso Franzoni e la 30 e 31 sul caso Lutte)

Il gruppo “La Tenda

c/o Lorenzo D’Amico

Via Monte Sant’Angelo, 34

00133 Roma

gruppolatenda@gmail.com

www.latenda.info

Il Gruppo “La Tenda” è formato da:

Franco Battista, Francesco Cagnetti, Tina Castrogiovanni, Lorenzo D’Amico, Maurizio Firmani, Chiara Flamini, Alessia Galici, Maria Dominica Giuliani, Luigi Mochi Sismondi,

Liliana Ninchi, Marco Noli, Solange Perruccio, Umberto Sansovini, Mirella Sartori, Gianfranco Solinas, Antonella Sorressi, Micaela Sorressi, Daniele Trecca