Lettera 12 (Prima Serie)

Introduzione

Cari amici,

quello della parrocchia è un problema che non può rimanere assente dal nostro discorso sulla chiesa locale di Roma, tanto esso è importante e per certi versi addirittura drammatico.

È appunto come stimolo alla riflessione e come contributo di idee e di esperienze che presentiamo in questo numero le relazioni alla comunità parrocchiale fatto dai sacerdoti di S. Agapito al Prenestino, al termine, dei due ultimi anni e la lettera che un parroco ha inviato ad alcuni fratelli della sua comunità.

Sono documenti diversi che si rivolgono ad ambienti opposti. Il primo è un tentativo di dialogo con una “comunità” che ha forse soltanto la coscienza delle sue drammatiche condizioni di “vita civile”; il secondo getta le basi, con un discorso di lunga prospettiva, rivolto a cristiani maturi e consapevoli per la germinazione delle “piccole comunità” nell’ambito di una parrocchia, che è, a Roma, fra quelle di ampie dimensioni.

Di fronte alla crisi della parrocchia non si può rimanere indifferenti, perché essa assume dovunque aspetti molto gravi: l’impegno comune dei cristiani crediamo debba essere quello di contribuire alla crescita di una realtà sostitutiva della struttura sclerotica che ci viene proposta.

Possiamo solo sperare nell’aiuto dello Spirito alla nostra chiesa perché quanto si riesce a costruire all’interno delle mura istituzionali della parrocchia attuale, resti saldo al momento del futuro, inevitabile, crollo di tali mura.

I due esempi che abbiamo l’opportunità di indicare si pongono in una prospettiva di paziente e graduale trasformazione della parrocchia, al di là di ogni rivolgimento “rivoluzionario”.

Nelle relazioni alla comunità di S. Agapito è evidente lo sforzo che è stato compiuto per ricondurre la preghiera, la catechesi e la liturgia alla semplicità e alla partecipazione che il concilio ha suggerito, come pure l’azione che è stata condotta per responsabilizzare il popolo ad alcune scelte fondamentali per la “gestione” della comunità. Preziose ci sembrano le intenzioni riguardo alla responsabilità di tutti nella carità verso i fratelli e per la distribuzione degli aiuti degli uni agli altri.

Un limite chiaro – cui certamente non si può far peso ai sacerdoti – è quello dell’ancora scarsa presenza del popolo in questa azione. Lo sforzo è ancora troppo “clericale”, così come in sostanza la conduzione della comunità. Un altro rilievo che riportiamo per dovere di obiettività – ma che non ha trovato il consenso di tutti noi – è quello secondo cui l’azione riformatrice è troppo lontana dagli interessi reali della comunità e, tutto sommato, si tratta di uno sforzo per rendere “meno peggio” o più funzionale, qualcosa che ai cristiani in definitiva non interessa.

L’obiezione appare ad alcuni di noi eccessiva, perché riteniamo che allo stato delle cose, l’importante è iniziare un opera di rinnovamento, nella certezza che solo l’ispirazione e l’aiuto di Dio potranno validamente farci superare questo lungo periodo di transizione tra le forme di vita di una comunità rurale (la, struttura della parrocchia è rimasta così!) e quelle che devono necessariamente porsi nella realtà della società moderna.

L’altro documento che presentiamo è la proposta, rivolta per ora ad un gruppo circoscritto e che verrà allargata a tutta la comunità parrocchiale nel prossimo autunno, atta a favorire il formarsi spontaneo di piccoli nuclei di comunità cristiane.

È fin troppo semplice scorgere in questa lettera l’inizio di un discorso veramente nuovo, perché sembra di intuire la futura veste della chiesa locale di Roma, con piccole comunità di fede che pregano, leggono la Scrittura, operano nel vincolo della carità ed accolgono, con l’impegno di portarlo a maturazione, il dono dei presbiteri che Dio fa germogliare in seno ad esse perché ne siano la guida.

Il discorso del rinnovamento della parrocchia a Roma è appena agli inizi, ma ci sembra vi siano alcuni sintomi della volontà di avviare senza indugi un lavoro serio.

Una “struttura burocratica per una circoscrizione territoriale” ci sembra veramente troppo poco per continuarsi a chiamare chiesa.

Per tutte le persone di buona volontà è giunta l’ora di rimboccarsi le maniche. A tutti costoro auguriamo che il periodo di vacanze. cui stiamo andando incontro, sia tempo di riflessione per un lavoro più intelligente ed organico in favore di una chiesa locale rinnovata nel profondo. Ci auguriamo altresì che la lettera di questo mese possa esservi di un qualche aiuto in questo senso e che trovai posto nella vostra valigia delle vacanze, per una tranquilla rilettura lontano dal frastuono della città.

Vi salutiamo fraternamente.

Gli amici de “La Tenda”

**************************************************

Relazione Dei Sacerdoti Della Comunità Parrochiale Di S. Agapito A Conclusione Dell’Anno 1968/69

Una Comunità parrocchiale vive il suo momento di unione:

I° nella preghiera comune

II° nell’ascolto della parola di Dio

III° nella carità fraterna

I° Relazione sulla preghiera della comunità

A – la s. Messa è l’atto più completo della preghiera della comunità perché esprime nella maniera più perfetta l’unione dei cristiani a Cristo vivo e tra loro. Perciò i sacerdoti hanno cura anzitutto della Messa e della sua celebrazione. Ogni altra devozione deve rispettare il valore sommo della Messa

B – Perché la santa Messa esprima tutto il suo significato è in corso una grande riforma liturgica nella Chiesa. I sacerdoti della parrocchia hanno applicato esattamente tutti i cambiamenti che il nostro vescovo, il papa, ha consigliato.

C – In particolare si è curata la semplicità delle celebrazioni perché l’attenzione dei sacerdoti e dei fedeli si concentrasse sul contenuto delle azioni liturgiche. Si sono eliminati i gesti ed oggetti superflui o di significato difficile.

D – È aumentato il numero delle Messe festive (sabato sera, Messe nel salone). Si è cercata così una più facile e ordinata partecipazione dei fedeli alle celebrazioni. Le Messe festive vengono celebrate sempre per tutta la comunità senza nominare intenzioni particolari.

E – Nei giorni feriali si celebrano due sole Messe. Si realizzano così celebrazioni più comunitarie e si rispetta il tempo del lavoro.

F – Nelle Messe feriali si sono introdotti i seguenti elementi: a) abolizione delle Messe particolari: la Messa è celebrata per le intenzioni di tutti i presenti, le intenzioni raccomandate dai fedeli vengono lette ad alta voce. b) silenzio di meditazione dopo la lettura e dopo la comunione. c) comunione in processione.

G – Tutti i sacramenti esprimono nel rito valori cristiani: a) il Battesimo viene celebrato una sola volta la settimana in forma solenne, in comune per tutti. b) nei matrimoni rito e solennità sono uguali per tutti. Lo stesso avviene per i funerali.

H – La benedizione delle case è stata fatta dai padri di famiglia. Ciò ha restituito al rito il valore di un atto di fede compiuto dalla famiglia stessa e proprio nel giorno della Resurrezione.

I – I sacerdoti hanno visitato le famiglie quando ne sono stati richiesti rinnovando la preghiera familiare dovunque era possibile.

II° Relazione sull’ascolto della parola di Dio

A – La comunità cristiana vive ascoltando la Parola di Dio. Ciò avviene soprattutto durante le celebrazioni liturgiche. Ogni atto liturgico o sacramentale è unito ad un atto di “Rivelazione” da parte di Dio e di “Ascolto” da parte nostra.

Perciò i sacerdoti hanno cercato di dilatare le celebrazioni nei loro momenti di “Parola‑Ascolto” e nella loro preparazione. In particolare:

a) breve omelia nelle Messe feriali

b) liturgia della Parola nella distribuzione feriale dell’Eucarestia, ad orario fisso.

c) preparazione accurata dei bambini alla prima comunione e cresima

d) preparazione reale degli adulti alla cresima e al matrimonio.

III° Relazione sulla carità fraterna

Ia parte: la carità verso i fratelli in stato di bisogno.

A – La carità è un rapporto di scambio tra fratelli. Si è cercato di evitare una assistenza impersonale e di favorire uno scambio di amicizia e di aiuto tra famiglie di diverse possibilità.

B – Nella carità fraterna ciascuno mette a disposizione degli altri non solo ciò che ha ma ciò che è. Si è cercato di favorire ogni aiuto specializzato secondo la professione di ciascuno (maestri, medici, infermieri, assistenti sociali).

C – Quando la carità della comunità è amministrata dai sacerdoti, ciò impedisce la loro libertà per la predicazione del vangelo, crea il pericolo di rapporti non sinceri dei poveri verso di essi, costringe i sacerdoti a distinguere tra uno e l’altro dei fedeli. Perciò i sacerdoti hanno lasciato ad altri della comunità sia l’amministrazione che la distribuzione della carità.

D – Si è stabilito di far giungere la carità ai fratelli sempre come dipendente da singole persone o famiglie e non a nome della comunità. Non si è ritenuto opportuno far ricadere sulla comunità il peso di scelte spesso difficili.

E – Il non distribuire denaro o favori, unitamente alla sua reale povertà, libera la comunità dal sospetto di potenza e ricchezza.

IIa parte: l’amministrazione del denaro della comunità.

A – Il denaro della comunità è quello offerto a Dio tramite Cristo nella Messa ed è usato per il culto, per la missione, per i poveri, per i sacerdoti.

B – Il denaro ed il suo uso deve rivelare i valori evangelici è non negarli.

C – Usi anche legittimi del denaro debbono essere talvolta evitati perché non esprimono sufficientemente un valore evangelico.

D – Si è ritenuto giusto separare i Sacramenti da ogni forma di contributo. Nello stesso modo si procede per le pratiche di ufficio (certificati, pratiche di matrimonio).

E – L’offerta sacra della comunità a Dio si compie durante la Messa. La raccolta della questua è un fatto spirituale perché è la raccolta della reale partecipazione della comunità all’offerta di Cristo al Padre.

F – Si è conservata in fondo alla chiesa una cassetta per la raccolta delle offerte fuori della Messa, con una spiegazione del loro significato.

G – La comunità misura le sue spese sulle entrate reali senza richiedere contributi particolari. Quando è necessario riduce o rimanda le spese.

H – La comunità parrocchiale rinuncia ad ogni aiuto del Vescovo, anzi contribuisce alle necessità della diocesi con il 2% delle sue entrate.

I – I bambini sono educati all’amministrazione responsabile del denaro della comunità con una questua speciale durante la loro Messa e con il resoconto delle spese fatte col denaro raccolto.

“””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””

Relazione Dei Sacerdoti Della Comunità Parrocchiale Di S. Agapito A Conclusione Dell’Anno 1969/70

La vita comunitaria che nella assemblea di ottobre 1969 ci proponemmo di realizzare si indirizzava lungo le seguenti linee:

I. Celebrazione dei sacramenti come atti di reale espressione di fede.

II. Attribuzione di responsabilità ad ogni cristiano secondo la sua appartenenza al corpo della chiesa.

III. Revisione delle forme del culto.

IV. Espressione di valori evangelici nella amministrazione del denaro

I. Relazione sulla amministrazione dei Sacramenti.

A – Alcuni sacramenti (battesimo, cresima, matrimonio, estrema unzione) sono legati a momenti particolari della vita e sono l’espressione della fede cristiana corrispondente a quei momenti.

B – Questi sacramenti non sono concepibili al di fuori di una reale adesione alla visione cristiana della situazione di vita che accompagnano.

C – Perciò in ottobre ’69 si decise di premettere ad ogni sacramento un congruo catecumenato che portasse chi chiedeva il sacramento ad un reale atto di fede.

D – Il Battesimo, si celebra in forma comunitaria e in due domeniche consecutive. Nella prima i soli genitori partecipano ad una riunione di preghiera e di riflessione sul Vangelo. Nella seconda presentano il figlio per il Battesimo.

E – Ad esigenze particolari si va incontro effettuando la prima riunione in luogo ed ora conveniente per gli interessati (anche in casa).

F – Per tutti i sacramenti si dà sempre licenza di preparare e celebrare in altre parrocchie.

G – Gi adulti che desiderano la cresima partecipano ad incontri con un sacerdote fino alla maturazione della decisione personale.

H – Gli sposi che preparano il matrimonio partecipano a quattro riunioni con un sacerdote, un medico e una coppia di sposi.

Per il primo anno non è stata celebrata la cresima dei bambini. I sacerdoti, d’accordo con l’indirizzo generale del clero di Roma, hanno consigliato per la cresima l’età di 13-14 anni.

La prima comunione dei bambini è stata celebrata come prima partecipazione dei bambini alla comunione della famiglia.

II. Partecipazione reale di tutti alla vita della comunità.

A – La comunità è composta di cristiani che hanno ricevuto nei vari sacramenti (battesimo, cresima, matrimonio, ordine) particolari abilitazioni ad agire nella chiesa.

B – Ci si è orientati a restituire ai singoli cristiani le azioni per le quali sono sacramentalmente abilitati, anche se con processo graduale.

C – La preparazione dei bambini di prima comunione si è tenuta in parrocchia per gruppi di 15-20 ragazzi da ottobre a maggio, guidata da sacerdoti e laici.

D – Il catechismo dei ragazzi già comunicati è stato svolto da laici in giorni feriali, prevalentemente il giovedì.

E – la predicazione della quaresima è stata sopratutto rivolta a sollecitare l’impegno dei cristiani nei problemi del quartiere: casa, scuola, lavoro e sanità pubblica, con riguardo particolare alla borgata.

F – L’orientamento generale resta quello di non addossare ai sacerdoti o alla comunità responsabilità pertinenti alle autorità pubbliche od a raggruppamenti di laici od a singoli cittadini.

G – Si è favorito, però, il collegamento tra quanti agiscono per la maturazione umana del quartiere e sopratutto della borgata, esclusi i casi nei quali la comunità potesse essere assimilata a posizioni di parte.

III. Relazione sull’aggiornamento delle forme del culto.

A – Il presbiterio e l’altare della chiesa sono stati modificati secondo il progetto approvato dall’assemblea di ottobre. Alcuni particolari (luogo del vangelo, tintura dei muri della chiesa ) verranno completati durante l’estate.

B – Hanno ricevuto più congrua sistemazione il segno della croce e l’immagine della Madonna, che restano le uniche immagini esposte nella chiesa.

C – Liturgie festive particolari sono state realizzate per i ragazzi già comunicati (Messa delle 9,30) e con la loro stessa iniziativa. Lo stesso hanno realizzato gruppi di giovani alla messa delle 10.

D – In occasione di particolari ricorrenze familiari e con congrua preparazione sono state celebrate Messe domestiche, in genere da sacerdoti non appartenenti alla comunità.

IV. Relazione sulla amministrazione del danaro.

A – È stato pubblicato mensilmente il bilancio della parrocchia, con l’elenco distinto delle entrate e delle uscite.

B – La parrocchia ha un bilancio distinto da quello della famiglia dei sacerdoti.

C – Avendo la parrocchia dei sacerdoti che provvedono col lavoro al loro sostentamento, la spesa della parrocchia per i sacerdoti è stata assai contenuta.

D – Si è potuta affrontare la assunzione di un segretario per i normali lavori di ufficio.

E – I soldi destinati alla carità sono stati sopra tutto usati per sostenere i gruppi operanti nella borgata o per interventi singoli di notevole impegno.

F- Il 3% delle entrate destinate ad un’opera del terzo mondo è accantonato in attesa di destinazione. Si chiede di approvare l’invio del danaro ad una comunità del Brasile.

Si chiede di eleggere tre laici che possano preparare, durante l’estate, l’assemblea di ottobre. Ciò che si ritiene di dover dire in relazione allo sviluppo della nostra vita di comunità nel prossimo futuro andrà loro comunicato durante l’estate, per iscritto.

“””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””””

Lettera Di Un Parroco Di Roma Ad Un Gruppo Di Cristiani Della Sua Comunità Parrocchiale.

Cari amici,

la riflessione sugli Atti degli Apostoli (cap.2 e 4) svolta con voi la settimana scorsa ha provocato una verifica sulle condizioni nelle quali si svolge la nostra esperienza religiosa, che per molti versi lascia bene sperare per l’impegno di molti.

Se la Chiesa oggi si libera di tutti i suoi modelli consueti e si rifà alla Eucarestia, è perché soltanto in essa sa di trovare il senso del suo Signore e il senso dell’uomo. Vi preghiamo in proposito di rileggere il numero 26 della Costituzione Conciliare sulla Chiesa (Lumen Gentium).

Tuttavia, si diceva, non è possibile ridurre l’Eucarestia alla devozione cara e dolce di un rito religioso. Essa, al contrario, esige un gruppo di fedeli che, vivendo una reale partecipazione di ideali e di lavoro, siano decisi ad un intenso incontro con il Gesù vivo, nuovo, risorto. L’Eucarestia, dovrà produrre l’unificazione per cui noi, da molti che ancora siamo, diventiamo uno, mangiando lo stesso pane. Ma non ci possiamo fermare qui. C’è un’altra unità che, conformandoci a Cristo, ci sospinge verso gli altri: quella che deriva dal mettere in comune i nostri diversi beni, che sono il tempo, l’intelligenza, il rischio per i problemi del quartiere, l’intervento attivo per chi soffre l’ingiustizia e, se occorre, gli stessi beni economici.

L’uomo moderno non riesce a capire come noi si continui ad esaltare l’Eucarestia come un banchetto fraterno, quando poi la fraternità rimane tutta contenuta dentro lo steccato del rito e non ha significati effettivi per le aspirazioni alla fraternità che germogliano nel mondo

L’Eucarestia, insomma, può essere celebrata solo da gente viva, che consuma e trasmette un Cristo vivo, che provoca continue inquietudini perché questo mondo vecchio e monotono porti a germinazione la giustizia e la pace. La rinnovata coscienza dell’uomo ci fa entrare in un epoca in cui l’Eucarestia solleciterà dentro di noi uno spirito di penitenza, di ricerca, di trasformazione prima forse sconosciuto.

Allora ci domandiamo:

1) quali speranze abbiamo perché una parrocchia come la nostra diventi una chiesa eucaristica nel senso indicato? Non vi sembra che corriamo il rischio di cristallizzarci, compiacendoci del rito e della parola?

2) quali sbocchi potrà avere una parrocchia che intende trovare le dimensioni comunitarie attorno al campanile, diventare ma vera chiesa locale mentre ha soltanto due o tre preti al suo servizio? È un utopia pensare a una parrocchia la quale sia l’accolta di un certo numero di piccole comunità, in cui sia permesso di arrivare ad una seria conversione mediante la parola di Dio, la frazione del Pane e la compartecipazione degli impegni di ciascuno e di ogni gruppo?

3) è possibile che codeste piccole comunità abbiano al proprio servizio come responsabile catechista (non lo chiamiamo diacono per non istituzionalizzarlo) un laico sposato: o meglio una coppia di coniugi, magari insieme a un giovane?

4) all’interno di ogni piccolo gruppo dovrà esistere un pluralismo di lavori secondo la sfera di interessi e il livello di età, oppure i gruppi dovranno configurarsi ciascuno secondo i criteri di un mono-servizio.

5) nel caso dovessero sorgere codeste piccole comunità, la presenza del sacerdote dovrebbe essere soltanto quella di celebrare l’Eucarestia al loro interno e periodicamente convocarle tutte, attorno ad un’unica mensa?

Vi preghiamo di prendere in seria considerazione questi interrogativi, perché mentre il piccolo cammino finora percorso con voi ci riempie di gioia, il vino nuovo dell’Eucarestia ci costringe a rompere i vecchi otri della nostra tranquillità e ad inventare continuamente le più genuine spinte di rinnovamento nella fede. D’altra parte una simile problematica non vi sembri frutto di impazienza: potrebbe al contrario essere lo stimolo a convenientemente preparare il terreno per l’anno prossimo.

Nello stesso tempo vorremo sottolineare che una fase interlocutoria come la presente, anziché allontanarci dalla comunione con Gesù, ci dona maggiore consapevolezza che è lui, con il suo Spirito di pace, a costruire “la casa” e che senza un serio lavoro di purificazione e di preghiera personale nel silenzio, non è possibile alcun incontro tipicamente cristiano tra noi.