Lettera 103 (Prima Serie)

Ai Due Teologi Kung E Schillebeeckx, Da Alcuni Laici Della Chiesa Di Roma, Con Pace E Salute.

Cari fratelli,

vi scriviamo dopo aver letto che avete in questi mesi un difficile rapporto con la nostra chiesa locale di Roma mentre essa compie anche verso di voi la sua funzione di punto di riferimento per la comunione cattolica.

Vi scriviamo perché pensiamo che in effetti è proprio con noi, chiesa locale di Roma, che voi vi trovate a confrontarvi. Ci preme di chiarire il senso di un intervento che potrebbe sembrare una intromissione indebita in cose che non ci riguardano (sono cose fuori della chiesa locale) e ci superano (siamo laici, nè vescovi, nè teologi professionali).

Ma abbiamo riflettuto e crediamo di poter dire che chiunque abbia conti in sospeso con la cosiddetta chiesa universale li ha in realtà con la chiesa locale romana (= Vescovo, Clero e popolo). Ci siamo convinti che il popolo di Roma (= fedeli, Clero e Vescovi subalterni al Papa) non è una appendice municipale, magari a statuto speciale o governatoriale, di un potere centrale papale che, per le cose grosse, astrae da Roma non meno che da ogni altra municipalità-diocesi. In altri termini, pensiamo che il Vescovo di Roma non disponga di due separati circuiti di comunione, in comunicanti tra loro, e da adoperare uno per le trasmissioni in città, l’altro per quella a lunga portata. Una è la chiesa, chiesa locale di Roma, uno il Vescovo, e, unitariamente, ad essi fa capo la comunione universale.

Sentiamo che soprattutto al nostro Vescovo va ricordata una tale dimensione costituzionale della chiesa (finché non ne sarà realizzata un’altra, se lo si vorrà), ma lo scriviamo anche a voi, teologi, perché ci sembra di aver riscontrato in proposito una vostra omissione nei rapporti avuti con Roma. In essi voi non avete mai fatto un cenno alla nostra esistenza di chiesa locale e di laici.

Non che avremmo voluto un appello a plebisciti popolari (laicali) per mezzo di procedure tribunizie (dei Vescovi subalterni della città) da contrapporre ai senatoconsulti (vaticani). Ma avreste fatto piacere a noi e forse cosa non inutile alla crescita della verità se ci aveste chiesto, che dire, una partecipazione liturgica alla vostra presenza in Roma, o una accoglienza di ospitalità umana. O se ci aveste coinvolti in qualche spiegazione delle vostre opinioni, creando con noi dei legami più vivi ed umani. Avete certo i vostri conventi e celebrate le vostre messe. Ma credete che i cristiani di Roma vi avrebbero rifiutato una stanza ospitale, e parrocchie di Roma vi avrebbero interdetto una Messa che vi avrebbe visto uniti alla chiesa locale nel rispetto di tutta la dinamicità, e pluralità della comunione, fondando sulla coesione l’esigenza di ulteriori ricerche? (E ci permettete di credere che non riterrete puerili queste considerazioni, se mai accadrà che le leggiate? Noi le troviamo quotidiane e quotidianamente presenti nei racconti del Vangelo e degli Atti, e ci pare che fatti semplici ma inattaccabili valgano una mezza pagina di teologia).

Ed ora siamo purtroppo a dirvi con molto dispiacere che niente possiamo argomentare circa le vostre questioni con Roma. Abbiamo visto, e qualcuno di noi letto, certi vostri libri, spesso difficili ed impegnativi. Ma su quale punto di dottrina veniate interrogati e su quale punto uno di voi, uno al momento in cui scriviamo, sia stato giudicato, non sappiamo. Parlare in queste condizioni sarebbe ridursi al tifo sportivo per l’uno o l’altro dei contendenti.

Ma ciò che ci toglie la parola ci dà voce più forte per protestare. Noi abbiamo imparato dal Concilio che i laici hanno dignità di persone adulte nello Spirito. Se queste parole non sono fumo negli occhi, sono allora attestazioni di un nostro diritto di conoscere i termini del contenzioso e di collaborare nella ricerca della verità. Non possiamo nè accusare nè difendere, da una parte o dall’altra, ma è proprio questo che si doveva evitare. Da entrambi le parti. Se c’è un servizio dei pastori alla verità esso comprende certamente un momento nel quale si partecipano alla propria chiesa locale i problemi, se ne prospettano gli sviluppi, si raccoglie una reazione. Ciò non è avvenuto nei nostri confronti e siamo ad avvertirvi che, per quanto sicuro di sé, il nostro Vescovo stavolta si produce, per così dire, in un numero a solo. Lui non lo ha fatto. Nè voi avete lamentato questa carenza. Permettete che lo facciamo notare anche a voi. Chi si adatta a confronti con il solo vertice romano gioca in un colpo solo tutto per tutto e riduce il processo di comunione a un duello. Estremamente pericoloso per tutti. E nessuno, parliamo sul piano della fede, non su quello della bassa politica, dovrebbe trascurare di far risuonare le sue parole nella chiesa locale di Roma (= nelle sue eucarestie di base). Ogni procedimento che salta questo passo riduce la ricerca della verità, per un aspetto, a pura meccanica, anche se meccanica teologica.

Per quanto riguarda il caso terminato con la censura, Hans Kung, la mancanza di informazione è stata lamentevole, e più gravemente se possibile, in fase di fornicazione della decisione. Anche qui noi siamo stati, informati non durante una eucaristia domenicale ma da una sala stampa, luogo ben miserabile per una trasmissione della fede. (E mentre scriviamo viene ancora adoperata per l’esegeri ufficiale di discorsi del Papa, come se chi li ha pronunciati fosse improvvisamente scomparso senza poterli più spiegare da sé, e avesse lasciato una delega con spirito incorporato). E siamo stati informati di decisioni prese sulla persona, ma senza l’indicazione dei motivi della ripulsa. Un comportamento simili è, sotto troppo aspetti, inconcepibile. Anzitutto, se ogni cosa viene fatta per la crescita della verità del popolo cristiano, una misura disciplinare e amministrativa è troppo sotto misura per un così alto scopo.

Sarà difficile pensare che la nostra fede sia cresciuta, per il solo fatto che uno è stato messo a tacere senza che si conosca il perché; inoltre, se sono ancora qualcosa le categorie usuali, nessuno può essere censurato in toto per aver fallito in parte. Kung sbaglia, non si dice in che cosa, e viene cancellato globalmente il suo “parlare come teologo cattolico” (formula del resto assai incerta); si mette il dubbio su qualunque sua affermazione. Certo non è stato fisicamente soppresso, ma non è neppure poco quel che gli si è fatto: di peggio non gli si poteva fare, dato che anche il bando e la confisca dei beni sono da qualche tempo in disuso.

In terzo luogo, ci pare sia contro ogni tradizione della chiesa iniziare con la condanna della persona anzichè della dottrina. In altri tempi si diceva: “Le tali parole, due punti e virgolette, seguiva il testo, chiuse le virgolette, così come suonano sono eretiche”. Dunque erano fuori della verità “le tali parole” e non la tale persona. E “così come suonano”, salvo sempre il senso che potevano avere in chi le aveva proferite. Solo per un secondo movimento la persona veniva scomunicata se insisteva su quella formulazione che, appunto perchè suonava come suonava, era ormai proibita perchè ritenuta inadatta al vero o veicolo di un errore, indipendentemente dal senso che dava loro colui che le aveva pronunziate originariamente. Per cui la ricerca storica e teologica del senso della condanna si fà poi sulla base dei testi ecclesiastici e di ciò che hanno inteso, e non sui testi dell’eretico. Tutte cose che non valgono più?

E’ ben per questo che noi, alcuni pochi e disinformati laici di Roma, ci sentiamo assai vicini a voi, e vi riconosciamo offesi, pur non potendo introdurci nel merito delle vostre idee.

Per quanto riguarda l’incontro avuto da Schillebeeckx a Roma con un gruppo di teologi dell’ufficio centrale preposto alla verifica della fede, abbiamo un altro rilievo da esporvi. Che il Papa abbia un personale addetto a leggere (e un altro addetto a scrivere) passi. Ma che, al momento dei conti, deleghi ad altri l’esame ed il giudizio, ci pare meno passabile. (Notiamo che proprio in questi giorni il Papa sta procedendo di persona con il Sinodo olandese. Qui la procedura ci pare corretta. Vescovi e Vescovi. A certi rappresentanti di base della chiesa olandese, entrati in Sinodo con i loro Vescovi avremmo visto corrispondentemente uniti membri di base della chiesa locale romana). E chi sarebbero poi costoro, delegati ad esaminare un teologo? Altri teologi. Sapere la storia di quel concorso di bellezza nel quale il giudizio sulle concorrenti veniva dato da tutte le altre insieme? Se, come crediamo, una teologia è logia, cioè discorso su cose di Dio, e quindi su cose sostanzialmente al di sopra di ogni espressione esaustiva, e che anzi ne permette infinite, saranno le altre, anche tutte le altre insieme, in grado di giudicarla? Alt, non siamo per il relativismo, c’è chi giudica. Ma non è un teologo, è il pastore, il sorvegliante, il Vescovo. Sicchè Schillebeeckx si è presentato a Roma ed è stato interrogato da un gruppo di educati teologi. E gli è stato permesso di tenere (ma fuori dell’uscio, oh, procedure fraterne!) un collega di riserva per consultarsi. Ecco, solo un teologo, in fondo rispettoso per i teologi, poteva tollerare una simile procedura.

Noi che, come si dice a Roma, non sappiamo nè leggere nè scrivere, mai avremmo accettato di parlare altro che con un prete, e in seconda istanza, con un Vescovo, e in terza col Papa. Se poi il Vescovo avesse pensato di non poterci comprendere, avremmo cercato di spiegarci il più chiaramente possibile, e se ciò non fosse riuscito, avremmo senz’altro permesso a lui di tenersi accanto un teologo (anche vicino, non fuori della porta).

Ma lui, non noi. Un teologo, un glottologo, uno psichiatra, nel parlare con i cristiani il Vescovo può sentir bisogno di quel che vuole, non saremo noi a dire che non ne abbia talvolta estremo bisogno. Ma noi, in sede di giudizio, avremmo parlato solo col Vescovo.

Del resto è troppo comodo affermare da un lato di essere infallibili è poi lasciare sempre la firma ad un altro. Così anche Galileo non è stato condannato dalla Chiesa. Con i prestanomi non ci si salva nella storia. Se ci si salva nella teologia, vuol dire che questa scienza è meno nobile di quel che pretende. E poi, certo che si è infallibili, se non si prendono mai decisioni.

Terminiamo qui. Ragionamenti formali, anche se su forme che nel procedimento della crescita della verità nella fede hanno un che di sostanziale. I ragionamenti sulla sostanza vera e propria delle cose in questione ci sono stati impediti. Nè ora, che siete in parte condannati, ne sappiamo più di prima.

Se mai leggerete queste righe, abbiatevi in ritardo l’abbraccio di pace che in nessuna eucaristia di Roma è stato possibile scambiarci. E se i teologi hanno più o meno le stesse esigenze degli altri mortali, vi ricordiamo ancora che in alcune delle nostre case c’è possibilità di ospitarvi.

Insomma qualche bella serata si può sempre combinare.

La cucina romana non è pesante, almeno come altre cose di questa città. (E pensiamo che anche qualche parroco disposto a concelebrare una messa domenicale con voi e a lasciarvi per una volta la parola si troverà).

Fraternamente

BILANCIO 1979

Anche nel 1979 abbiamo portato avanti il nostro lavoro con impegno e con la speranza di alimentare la crescita della fragile pianticella del dialogo nella Chiesa locale e nella città.

Abbiamo chiara la consapevolezza delle enormi difficoltà che esistono oggi, in tutti i campi, a sviluppare una comprensione reciproca tra le persone ed a costruire serie ipotesi di lavoro per progettare il domani. In certi momenti avvertiamo una situazione dolorosa di solitudine, ma nonostante tutto continuiamo a tener duro ed a sperare.

Il ciclostilato prosegue ad uscire, malgrado i nostri impegni quotidiani ed il vivere in una città dispersiva come Roma ci impediscano una periodicità più serrata. Come nel 1978, anche quest’anno sono usciti sette numeri.

Nel 1980 pensiamo di pubblicarne altrettanti.

Ringraziamo tutti coloro che ci hanno inviato quote di sostegno per le spese del ciclostilato e ricordiamo che, anche per l’avvenire, ci si può servire del conto corrente postale n. 43230002 intestato a Solinas.

Di seguito riportiamo il bilancio delle entrate e delle uscite:

SPESE:

carta, matrici, inchiostro, altro ma-

teriale offset L. 212.100

spedizione in abbonamento postale 141.050

francobolli per estero, arretrati ecc. 14.300

cancelleria 11.200

TOTALE SPESE L. 378.650

ENTRATE:

invio spontaneo di quote di sostegno

da parte dei lettori L. 425.700

rimanenza 1978 il 10.432

TOTALE ENTRATE L. 436.132

Differenza attiva L. 57.482

Continuiamo a contare sulla collaborazione di tutti, in particolare su un maggiore scambio epistolare, e salutiamo tutti fraternamente.

gli amici di “La Tenda”