Lettera 1 (Seconda Serie)

Il ciclostilato La Tenda, di cui questo gruppo è l’ideale continuazione, prende l’avvio nella primavera del 1969, al termine di un decennio di straordinaria fecondità spirituale, culturale, politica. È l’epoca del Concilio Vaticano II e del Sessantotto, nonché di un’ampia fioritura culturale in ogni campo.

In questo contesto, la pubblicazione nasce per iniziativa di un prete romano, don Nicolino Barra, e di alcuni suoi amici. Si forma così un gruppo redazionale, al servizio del dialogo nella chiesa locale di Roma, che nel corso di diciotto anni, fino al 1986, invia ai suoi lettori 151 numeri.

Nel 2000, in seguito alla scomparsa di don Nicolino, alcuni dei redattori, insieme con suoi amici e collaboratori, sorpresi dalla grande forza e attualità del lavoro svolto in quegli anni, hanno deciso di riprendere quello che fu l’impegno principale de La Tenda quello di osservare ed insegnare ad osservare e a riflettere, al fine di elaborare una teologia che parta dai fatti, e di riattivare i canali esistenti della comunicazione e del dialogo nella chiesa locale e nella società.

Ora, dopo aver pubblicato:

l’Antologia “La Tenda”- Roma come Chiesa locale,

e, dedicati a don Nicolino Barra,

Nicolino Barra, prete e operaio a Roma, e

Vita di una comunità locale – Esperienze di evangelizzazione,

(tutti ottenibili presso questo indirizzo: gruppolatenda@gmail.com)

il gruppo “La Tenda” ha inteso continuare i suoi incontri e la sua attività:

1) per provvedere alla diffusione di queste pubblicazioni con incontri presso alcune parrocchie di Roma,

2) per creare un sito internet in cui riportare tutti i numeri del ciclostilato “La Tenda” che ora sono infatti tutti presenti su www.latenda.info insieme, per ora, al testo del secondo dei libretti su Don Nicolino, quello dedicato alla vita della comunità locale della parrocchia di S. Vincenzo a Ostia Lido

3) per approfondire alcuni temi sui quali Nicolino aveva gettato una luce nuova: in particolare i problemi che pongono oggi l’evangelizzazione, e i rapporti tra fede e sacro.

 

Dopo aver riflettuto per molti incontri sul tema dell’evangelizzazione, ora il gruppo sta affrontando il problema dei “poveri”, di tutti coloro cioè che sono vittime delle varie forme di oppressione e della povertà intesa nel suo significato sociale ma anche spirituale e personale.

Gli esiti di questi incontri, i contributi di esperienza e di riflessione forniti da ogni membro del gruppo saranno riportati sul nostro sito.

Per proporli all’attenzione degli amici lettori, non con l’intento di insegnare qualcosa, ma come tentativo di ampliare il colloquio con tutti coloro che condividono i nostri interessi, abbiamo pensato poi di riprendere la pubblicazione della lettera de La Tenda, che per ora avrà una cadenza mensile. Questa sarà inviata a un indirizzario e-mail creato sulla base di amicizie, conoscenze e possibile affinità di idee, oltre che a quel che resta del vecchio indirizzario postale del ciclostilato.

La Tenda vi invita quindi al dialogo sia con vostri interventi scritti che partecipando alle sue riunioni. A tal fine, comunicateci il vostro indirizzo postale o e-mail e vi terremo informati. Se vi abbiamo importunato scusateci e fateci sapere di non essere interessati a ricevere i nostri contributi.

A completamento del nostro programma di lavoro, aggiungiamo che abbiamo in mente di organizzare incontri con teologi, storici del cristianesimo e altri esperti che possano aiutarci a focalizzare meglio gli argomenti che via via affronteremo.

La prossima lettera sarà dedicata ad una prima riflessione sul tema dell’evangelizzazione.

Ed ora alcune considerazioni sul significato del nostro incontrarci.

Il senso del nostro lavoro

Nel numero 26 della Tenda (dic. 1971), l’editoriale sottolineava la “provvisorietà del nostro compito”: noi non intendevamo sostituirci alle comunità eucaristiche, alle quali peraltro ciascuno di noi partecipava e partecipa tuttora in vario modo.

Il nostro invito al dialogo nella chiesa locale di Roma aveva lo scopo di contribuire ad attivare, all’interno della diocesi e delle parrocchie, una più autentica prassi di dialogo e di condivisione, che spesso ci appariva ostacolata o addirittura impedita da strutture e gestioni pastorali poco evangeliche.

Questa provvisorietà ha poi finito per durare oltre i diciotto anni della pubblicazione del nostro ciclostilato, e si può dire che duri tuttora, a 38 anni dalla formazione del gruppo.

In un recente nostro incontro ci siamo allora chiesti: qual’è il nostro giudizio sull’attuale condizione della nostra chiesa locale ?

In sintesi, la risposta che ci siamo dati, sia pure con sfumature diverse, non è positiva. Forse addirittura la situazione è peggiorata, se solo consideriamo che nel 1974 i cristiani di Roma s’interrogarono in uno storico convegno sulle attese di carità e di giustizia nella nostra città, mentre nel 2005 la stessa diocesi si premura di insegnare ai laici la condotta da tenere nell’esercizio della loro responsabilità di cittadini.

Con questo non intendiamo dire che questa situazione sia destinata a durare in eterno, ma è certo che essa non si modificherà in tempi brevi.

Ha quindi senso continuare il nostro lavoro di gruppo, così come peraltro continua ad aver senso la nostra partecipazione ai servizi delle nostre comunità eucaristiche, in cui c’è, per grazia di Dio, spazio sufficiente per fare buone cose (alcuni di noi curano incontri con i fidanzati, altri sono catechisti, altri sono impegnati in varie forme di volontariato).

Ma con la chiara consapevolezza che si tratta ancora di “convergenze parallele” , che ognuno dei due percorsi ha caratteristiche proprie e una propria funzione.

E ciò perché, nonostante la lettera e lo spirito del Concilio Vaticano II, non siamo ancora pervenuti a sviluppare armoniosamente, nelle convinzioni condivise e nelle strutture, quella sintesi vitale e feconda che risulterebbe dall’incontro, all’interno della diocesi, dei diversi doni dello Spirito: da un lato il servizio pastorale dei vescovi e dei preti, dall’altro la multiforme ricchezza di grazia che si esprime nella vita di ogni cristiano, e direi anche di ogni uomo di “buona volontà”.

Dobbiamo quindi prendere atto che per ora, e prevedibilmente per un lungo lasso di tempo, i nostri incontri e i nostri tentativi di allargare il dialogo ad altre persone e gruppi hanno una valida ragione d’essere.

Nei convegni diocesani, negli incontri parrocchiali di formazione e di catechesi prevale una forma di comunicazione che chiameremmo “pedagogica”. Ci sono verità da insegnare, linee pastorali da applicare, certamente con l’intento di fare dei fedeli dei “cristiani adulti”, ma entro determinati confini già segnati, con gravi limiti circa lo sviluppo della capacità di discernimento evangelico e di individuazione dei “segni dei tempi”.

Nel nostro gruppo, e così in tanti altri che esistono nella nostra città, si dialoga senza pregiudiziali, con seria attenzione all’insegnamento della Chiesa, ma anche con piena apertura ai contributi di cristiani “scomodi”, e alle opinioni di non credenti. Specie nelle questioni attinenti all’etica, convinti come siamo che si tratti di una scienza umana e quindi dotata di piena autonomia, riteniamo che le regole di comportamento debbano essere frutto di una ricerca che coinvolga ogni uomo, quale che sia la sua appartenenza culturale, religiosa ecc.

Infatti, l’animazione cristiana delle realtà terrene non consiste, a nostro avviso, nel calare all’interno delle discipline umane principi e soluzioni dettati dal nostro credo, o da qualche dottrina teologica, ma nel comunicare, nel proporre quanto la fede nella lieta novella di Gesù ci rivela sull’uomo e sulle sue più profonde aspirazioni.

E d’altra parte, proprio perché siamo intimamente persuasi che lo Spirito “soffia dove vuole”, il nostro dialogare con non credenti o credenti di diversa confessione non può che essere uno scambio.

Detto questo, per quanto dipende da noi faremo il possibile perché al “doppio binario” subentri il binario unico, perché le nostre comunità eucaristiche diventino finalmente luoghi di libero dialogo.

Ma perché si pervenga a questo, è importante che da parte del clero vengano almeno cenni di condivisione del problema.

Sappiamo che non è cosa facile per coloro la cui condizione dipende fortemente dall’istituzione. Ma non a caso il Signore ha detto che i “figli della luce” devono farsi ingegnosi come i “figli delle tenebre”.

Siamo peraltro persuasi che i guasti provocati da una gestione della pastorale meramente “pedagogica” saranno tali a lungo andare da rendere inevitabile una seria riflessione critica e un netto cambiamento di rotta nella vita della nostra Chiesa locale di Roma.

A tutti coloro che riceveranno questa lettera, o che si imbatteranno nel nostro sito, rinnoviamo l’invito a prendere parte, insieme con noi, a questo tentativo di ricerca evangelica.

Il gruppo “La Tenda

c/o Lorenzo D’Amico

Via Monte Sant’Angelo, 34

00133 Roma

gruppolatenda@gmail.com

www.latenda.info